La tutela multilivello della libera concorrenza

La tutela multilivello della libera concorrenza

La sanzione di oltre cento milioni di euro che l’Antitrust o Autorità garante della concorrenza e del mercato ha di recente inflitto a “Google”, uno dei c.d. colossi della rete, per abuso di posizione dominante ex art. 102 TFUE é l’occasione perfetta per un’analisi della normativa interna ed eurounitaria a tutela della libera concorrenza.

Nel caso di specie é stato contestato a Google di non aver reso disponibile su Android Auto un’applicazione di  Enel X Italia S.p.A., più precisamente l’app JuicePass, facendo così in modo che gli utenti alla guida di un veicolo elettrico, avendo bisogno di effettuare una ricarica, utilizzino esclusivamente Google Maps.

Di fatto, allora, Google avrebbe sfruttato abusivamente la posizione dominante che ricopre sul mercato della mobilità elettrica, alterando la libera concorrenza.

Orbene, fatta questa premessa, va detto che il corretto funzionamento del mercato ormai sottende una concezione ampia del mercato stesso che non comprende più solo gli operatori economici, ma anche consumatori e utenti finali.

Ciò spiega perché siano legittimati ad impugnare le determinazioni dell’Antitrust coloro che sono attinti direttamente da tali provvedimenti come pure i terzi concorrenti e, giustappunto, i consumatori.

Il D.lgs. 3/2017 corrobora questa tesi, stabilendo che chiunque possa agire in giudizio per il risarcimento del danno aquiliano da lesione del diritto alla libera concorrenza ex art. 2043 c.c.

Questa novella si aggiunge alla l. 287/1990 che ha istituito l’Autorità di cui sopra, tipizzando altresì gli illeciti anticoncorrenziali, ovverosia le intese, l’abuso di posizione dominante e le concentrazioni.

Più in generale, la libera concorrenza é oggetto di una tutela multilivello : civile, penale ed amministrativa.

Per il primo aspetto, l’art. 2596 c.c. consente la stipula fra imprese di intese limitative della concorrenza a livello locale, ragion per cui trattasi di una fattispecie distinta dagli accordi che falsano, impediscono o restringono la concorrenza medesima sul piano nazionale o, a fortiori, nel contesto europeo, pregiudicando altresì in quest’ultimo caso i rapporti commerciali fra gli Stati UE.

L’art. 2598 c.c. enumera i vari atti di concorrenza sleale consistenti nella pedissequa imitazione di prodotti altrui, nell’appropriazione dei segni distintivi di altre imprese, nel gettare su queste discredito commerciale o, da ultimo, in ogni altro atto non conforme ai canoni della correttezza professionale come, ad esempio, il furto di know-how o lo storno dei dipendenti altrui.

Da ultimo, gli artt. 2599 e 2600 c.c. consentono rispettivamente di neutralizzare gli atti di concorrenza sleale con l’azione inibitoria e di agire in giudizio per il risarcimento del danno che richiede il dolo o, quantomeno, la colpa del convenuto in giudizio, ferma restando la pubblicazione della sentenza di condanna come risarcimento in forma specifica.

Sul versante penalistico, l’art. 513-bis c.p. punisce gli atti di illecita concorrenza, se compiuti dall’agente con violenza o minaccia.

A completamento del quadro, si ravvisa la tutela amministrativa affidata, come rammentato, all’Antitrust, titolare in materia di poteri regolatori, conoscitivi e sanzionatori.

Le Autorità amministrative indipendenti sono l’emblema di uno Stato non più imprenditore, ma mero arbitro nella sfera economica e sociale, di conseguenza attraverso le Authorities vengono dettate nei vari settori del mercato le “regole del gioco”, ne viene monitorata l’osservanza e ne viene sanzionata la violazione.

Nel caso della libera concorrenza sono nulle di diritto le intese che la pregiudicano : basti pensare ad  un cartello fra compagnie di assicurazione, avente come logico corollario il pagamento da parte degli assicurati di premi più alti di quelli che sarebbero dovuti in mancanza dell’accordo a monte.

L’intesa é orizzontale quando interviene fra operatori che si trovano al medesimo livello di un ciclo produttivo e, invece, verticale, se le parti operano a livelli differenti.

La declaratoria di nullità, tra l’altro, assurge a presupposto per esperire a valle l’azione risarcitoria di un danno così qualificabile come “ingiusto”.

In secondo luogo, lo si é detto nell’incipit per Google, é vietato non ricoprire sul mercato una posizione dominante, bensì lo sfruttamento abusivo della stessa con effetti distorsivi per le dinamiche fisiologiche del libero mercato.

Allo stesso modo, nel “secondo contratto” tra professionista e consumatore la nullità di protezione di cui agli artt. 33 e 36 del codice del consumo serve ad impedire alla parte forte di approfittare dell’asimmetria informativa, imponendo abusivamente a quella debole clausole che andrebbero ad alterare l’equilibrio contrattuale normativo.

Infine, sono parimenti vietate, sempre nella misura in cui danneggiano la libera concorrenza, le c.d. concentrazioni fra imprese quali acquisizioni, fusioni aziendali et similia.                                                                                                       

Gli artt. 101 ss. TFUE sanzionano le medesime fattispecie anticoncorrenziali, ma con talune differenze.

Difatti, affinché tali disposizioni del diritto eurounitario primario siano suscettibili di applicazione diretta nell’ordinamento interno ad opera degli organi tanto giudiziari quanto amministrativi, é fondamentale che la fattispecie in rilievo sia transnazionale e, dunque, rientri nell’ambito di operatività del diritto europeo.

Ergo, l’intesa e l’abuso di posizione dominante devono arrecare un vulnus agli scambi commerciali fra gli Stati membri dell’Unione europea e, quanto alle concentrazioni pianificate, devono essere coinvolte imprese le cui sedi si trovino in diversi Stati UE.

In conclusione, merita di essere analizzato l’art. 107 TFUE ai sensi del quale sono vietati in linea di principio gli aiuti di Stato alle imprese, posto che pregiudichino gli scambi commerciali fra gli Stati membri e falsino ovvero minaccino di falsare la libera concorrenza.

Sennonché, questo stesso articolo, al secondo paragrafo, deroga al divieto in parola dal quale esulano per l’appunto gli aiuti di carattere sociale a vantaggio dei consumatori, le misure di sostegno volte a favorire la crescita dei territori dell’ex Germania Est o DDR (Repubblica democratica tedesca) e gli aiuti destinati a porre rimedio ai danni causati da calamità naturali o eventi eccezionali.

Il terzo ed ultimo paragrafo stabilisce, invece, che possono essere compatibili con il mercato interno, previa valutazione della Commissione UE, gli aiuti per lo sviluppo economico di regioni con un tenore di vita anormalmente basso, per promuovere progetti di comune interesse europeo o far fronte ad un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro, per favorire la conservazione del patrimonio e agevolare la crescita di certe attività economiche, sempre nel rispetto del comune interesse degli Stati UE.


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Jacopo Bracciale

Dopo aver conseguito la maturità classica con una votazione finale di 100/100, mi sono laureato cum laude in Giurisprudenza presso l'Università degli studi di Teramo con una tesi in Teoria generale del diritto dal titolo "Il problema dei principi generali del diritto nella filosofia giuridica italiana". In seguito, ho svolto con esito positivo presso il Tribunale di Teramo il tirocinio formativo teorico - pratico di 18 mesi ex art. 73 D.L. 69/2013 : per un anno nella Sezione Penale e, nei restanti sei mesi, in quella Civile. Parallelamente ho frequentato e, ancora oggi, frequento il corso di Rocco Galli per la preparazione al concorso in magistratura. Dal mese di novembre del 2020 collaboro con la rivista scientifica Salvis Juribus come autore di articoli di diritto civile, penale ed amministrativo.

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