L’accollo di debiti futuri

L’accollo di debiti futuri

Si definisce “accollo” il contratto tra il debitore (accollato) ed il terzo (accollante), con il quale quest’ultimo assume il debito del primo.

L’accollo realizza così una successione sul lato passivo del rapporto obbligatorio, determinando la sostituzione del debitore.

Esso differisce dalla delegazione in virtù dell’assenza di delega da parte del debitore originario, mentre si distingue dall’espromissione, la quale è invece un contratto tra terzo e creditore.

Secondo parte della dottrina la causa dell’accollo si identifica con quella del negozio ad esso sottostante: in caso di accollo oneroso, in particolare, la causa sarebbe quella tipica della vendita; qualora sia compiuto con spirito di liberalità, per contro, la causa sarebbe quella della donazione.

Di diverso avviso è un’altra interpretazione, secondo la quale l’accollo avrebbe una doppia causa: una relativa al rapporto di valuta, intercorrente tra creditore e debitore, e l’altra concernente il rapporto di provvista, riguardante invece il debitore ed il terzo accollante.

La legge disciplina espressamente l’accollo esterno, ovvero quello avente efficacia reale, mentre quello interno, ad effetti meramente obbligatori, è ritenuto praticabile in ossequio al principio di autonomia contrattuale di cui all’art. 1322 c.c.

L’istituto dell’accollo esterno è previsto dall’art. 1273 c.c., secondo il quale il creditore può aderire alla convenzione tra debitore ed accollante, rendendo irrevocabile la stipulazione in suo favore.

L’accollo è esterno, dunque, quando l’accordo tra debitore e terzo accollante è sottoposto all’attenzione del creditore, il quale vi aderisce, rendendo la stipulazione efficacia anche in suo favore.

L’adesione del creditore, tuttavia, non determina la liberazione del debitore originario, salvo che il creditore abbia dichiarato espressamente di liberarlo ovvero la sua liberazione fosse condizione espressa della stipulazione; in caso contrario, il debitore originario ed il terzo accollante rispondono in solido nei confronti del creditore.

L’opinione dominante ritiene che l’accollo esterno sia un contratto a favore di terzo, in quanto il creditore acquista il diritto senza necessità di accettazione e ha in ogni caso la facoltà di rinunciarvi.

Tale impostazione non appare tuttavia del tutto condivisibile, in quanto diversa è la sequenza  temporale con la quale le fattispecie in parola comportano la nascita del diritto: l’accollo, infatti, a differenza del contratto a favore di terzo, il quale determina la costituzione del diritto direttamente in capo al terzo, produce effetti immediati tra i contraenti e solo successivamente nei confronti del terzo creditore, qualora questi aderisca alla stipulazione in suo favore.

Da ciò deriva che, diversamente dal contratto a favore di terzo, l’accollo esterno realizza una sostituzione del debitore, ovvero una successione nella titolarità passiva del medesimo rapporto obbligatorio.

Sulla base di tali considerazioni, altra dottrina interpreta l’accollo come un negozio plurilaterale, il quale si perfezionerebbe solo al momento dell’adesione del creditore, che assurgerebbe pertanto ad elemento costitutivo dell’accordo.

Secondo altra interpretazione, ancora, l’accollo esterno sarebbe una fattispecie complessa, frutto del collegamento tra due differenti negozi: l’uno tra tra il terzo ed il debitore originario, avente carattere bilaterale, con il quale il primo assume il debito del secondo, e l’altro tra creditore e terzo accollante, avente natura unilaterale, con cui il creditore aderisce alla stipulazione.

La disputa in ordina alla natura giuridica dell’accollo esterno ha notevoli riflessi pratici, andando ad incidere sul momento in cui l’accollo deve ritenersi perfezionato. Ciò, in particolare, assume rilevanza in caso di insolvenza del nuovo debitore, in quanto, come previsto dall’art. 1274 c.c., se il delegato era insolvente al tempo in cui assunse il debito nei confronti del creditore, il debitore originario non è liberato, e la medesima disposizione si applica all’accollo liberatorio.

L’accollo esterno, infatti, può distinguersi in cumulativo o liberatorio: il primo si verifica quando per effetto dell’accordo non avviene la liberazione del debitore originario, mentre il secondo presuppone tale liberazione.

In caso di accollo cumulativo, tuttavia, si discute se il creditore abbia l’onere di chiedere  prima la prestazione all’accollante, ovvero se possa rivolgersi indifferentemente nei confronti di entrambi.

Nell’ambito dell’accollo liberatorio, inoltre, parte della dottrina distingue tra accollo novativo, nel quale l’obbligazione originaria si estingue per novazione, e accollo privativo, il quale realizza invece una mera successione nella titolarità passiva dello stesso rapporto obbligatorio.

La sostituzione del debitore, infatti, quando accompagnata da un’esplicita volontà in tal senso delle parti, può determinare l’estinzione per novazione soggettiva dell’obbligazione originaria, essendo la persona del soggetto obbligato un elemento essenziale del rapporto obbligatorio.

A differenza dell’accollo esterno, il quale assume efficacia reale, quello interno produce invece effetti meramente obbligatori tra le parti contraenti, mentre non ha alcuna efficacia nei confronti del creditore accollatario.

L’accollo è interno, in particolare, quando le parti non abbiano reso partecipe all’accordo il creditore, ovvero quando costui abbia rifiutato la stipulazione disposta in suo favore, trasformando così l’accollo da esterno ad interno.

Secondo alcuni l’accollo interno non è in realtà una figura autonoma, ma solo una fattispecie preliminare dell’accollo esterno, derivandone la possibilità per il creditore di aderire all’accordo senza che sia necessaria un’espressa previsione in tal senso, salva in ogni caso la possibilità per le parti di vietare tale adesione, in modo tale che l’accollo rimanga interno.

Per converso, l’opinione dominante ritiene invece che l’accollo interno abbia una valenza giuridica autonoma rispetto a quello esterno, con la conseguenza che l’adesione del creditore all’accordo può essere consentita solo nel caso in cui sia stata espressamente prevista dalle parti. Secondo tale concezione, infatti, è accollo esterno solo quello in cui le parti si accordano per l’assunzione del debito prevedendo espressamente la possibilità per il creditore di aderirvi.

L’accollo può trovare la propria fonte nella legge, e dunque risultare fondato su di una specifica norma, ovvero assume carattere volontario, derivando dalla libera determinazione delle parti.

Quali tipici esempi di accollo ex lege, si pensi per esempio a quanto previsto dall’art. 2031 c.c. in materia di gestione di affari altrui, ovvero dall’art. 2112 c.c., in tema di trasferimento di azienda.

Come previsto dall’art. 1273 c.c., il terzo accollante può opporre al creditore tutte le eccezioni fondate sul contratto in base al quale è avvenuta l’assunzione, ovvero quelle relativa al rapporto di provvista.

Posto che l’accollo realizza una successione sul lato passivo del medesimo rapporto obbligatorio, secondo alcuni autori deve ritenersi che il terzo accollante possa opporre al creditore anche le eccezioni fondate sul rapporto di valuta, ovvero quello intercorrente tra il creditore ed il debitore originario, esclusa in ogni caso l’eccezione di compensazione.

Al contrario, non possono invece essere opposte eccezioni personali, ovvero concernenti il rapporto tra terzo accollante e creditore, nonché quelle riguardanti fatti successivi all’accollo.

Detto questo, ci si interroga in ordine all’ammissibilità di un accollo avente ad oggetto un debito futuro.

Sulla questione si sono contrapposti due diversi orientamenti: secondo una prima impostazione, l’accollo presupporrebbe l’esistenza del debito in considerazione della sua natura di modifica soggettiva del rapporto obbligatorio, posto che non si può modificare ciò che non esiste.

D’altra parte, lo stesso art. 1273 c.c. definisce l’accollo come l’accordo con il quale le parti convengono che una assuma il debito dell’altra, ed è impossibile assumere ciò che ancora non esiste.

Sulla base di un’interpretazione sistematica, infine, non si vede la ragione per la quale, se ritenuto ammissibile l’accollo di debito futuro, il legislatore non abbia provveduto a disciplinare espressamente la figura, vista la corrispondente fattispecie della vendita di bene futuro, specificatamente regolamentata dall’art. 1472 c.c.

Di contrario avviso è invece l’orientamento prevalente, per il quale deve ritenersi certamente ammissibile anche l’accollo di debiti futuri.

Tale concezione fa leva sull’autonomia contrattuale delle parti così come ad esse riconosciuta dall’art. 1322 c.c., dal quale deriverebbe la necessità che ogni limitazione alla suddetta libertà sia espressamente prevista dalla legge.

D’altronde, l’ammissibilità della figura sembra derivare dalle norme in materia di oggetto del contratto, le quali prevedono espressamente che possa costituire oggetto del negozio anche un bene futuro, salvo che lo stesso possa ritenersi quantomeno determinabile.

Affinché possa essere stipulato un accollo di debito futuro, dunque, è sufficiente che al momento della conclusione del relativo accordo sussista in capo al debitore originario un rapporto suscettibile di generare future obbligazioni, in modo tale che l’oggetto dell’accollo sia appunto determinabile.

Del resto, si osserva, la legge disciplina esclusivamente l’accollo esterno, e dunque nessun ostacolo legislativo sussisterebbe in ordine all’ammissibilità di un accollo di un debito futuro avente carattere interno.

In conclusione, in assenza di uno specifico divieto legislativo, si pensi a quanto previsto dall’art. 771 c.c. in materia di donazione, o comunque di preclusioni derivanti dalla particolare modalità di perfezionamento dell’accordo, come quelle inerenti ai contratti reali, deve ritenersi che possa costituire oggetto del contratto un bene futuro, con la conseguenza che anche l’accollo può quindi riguardare un debito che, non ancora esistente al momento della stipulazione del relativo accordo, può comunque venire in essere successivamente.


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L'avvocato Cuccatto è titolare di uno studio legale in provincia di Torino con pluriennale esperienza nel campo del diritto civile, penale ed amministrativo. L'avvocato è inoltre collaboratore esterno di un importante studio legale di Napoli, specializzato nel diritto civile. Quale cultore della materie giuridiche, l'avvocato è autore di numerose pubblicazioni in ogni campo del diritto, anche processuale. Forte conoscitore della disciplina consumeristica e dei diritti del consumatore, l'avvocato fornisce la propria rappresentanza legale anche a favore di un'associazione a tutela dei consumatori. Quale esperto di mediazione e conciliazione, l'avvocato è infine un mediatore professionista civile e commerciale.

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