L’arbitrato, la mediazione, la negoziazione assistita e le altre ADR durante il Covid-19

L’arbitrato, la mediazione, la negoziazione assistita e le altre ADR durante il Covid-19

1. L’incidenza della pandemia sulle procedure di risoluzione alternative della controversia

L’avvento della pandemia ha portato con sé numerose difficoltà: il diritto alla salute dei cittadini ha assunto il primato, come diritto della persona, su libertà personale e libera iniziativa economica. Infatti, con il dichiarare «zona rossa» l’intero territorio nazionale, numerosi sono stati i divieti imposti a tutti i cittadini, alcuni tra i quali, ad esempio, la sospensione delle attività commerciali, il divieto di trasferirsi o spostarsi, con mezzi di trasporto pubblici o privati, in un comune diverso rispetto a quello di residenza, l’obbligo di limitare gli spostamenti, permanendo all’interno della propria abitazione al fine di contenere il contagio.

Il Covid-19 ha certamente travolto anche l’attività giudiziaria, determinando una sorta di “tempo sospeso” dei giudizi civili pendenti. Il legislatore d’urgenza è intervenuto, in un contesto privo di reali certezze, offrendo una risposta al mondo del diritto, dapprima con il D.L. 17/03/2020, n. 18, conv. In L. 24/04/2020, n. 27, segnatamente con l’art. 83, il quale al secondo comma stabilisce che, dal 09/03/2020 al 15/04/2020,  è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali. Successivamente, l’art. 36, comma 1, D.L. n. 23/2020, ha prorogato la sospensione fino all’11/05/2020.

Nel primo periodo di pandemia, il legislatore ha, tuttavia, trascurato il tema delle ADR (Alternative Dispute Resolutions) e si è dedicato alla sola giurisdizione statale. Procedure arbitrali, negoziazione assistita ed altre ADR hanno, tuttavia, subito, come ogni altra attività, le stesse limitazioni e restrizioni imposte in generale per contenere e ridurre il contagio.

L’estrema limitazione dell’ordinaria operatività e il conseguente obbligo di svolgere ogni attività da remoto ha indubbiamente condizionato lo svolgimento di tutte le procedure. Il ricorso alla mera scrittura ovvero alle piattaforme Zoom, Skype, Webex o altre innumerevoli in commercio, per quanto siano risultate utili in questo periodo di reale distanziamento sociale, non possono considerarsi equivalenti ad un incontro in presenza.

Prescindendo dai problemi di connessione e dalle altre difficoltà tecniche, se lo sviluppo tecnologico consente di superare qualsiasi problema (come una pandemia), dall’altro lato trascura il fattore emotivo, la minor empatia che si instaura tra i partecipanti e la possibilità di equivoci e fraintendimenti durante un collegamento telematico.

Accanto a ciò, si pongono, ovviamente, anche problemi pratici: la raccolta dei documenti è divenuta senz’altro ardua; le parti e i loro avvocati non sono stati posti nelle condizioni di comparire alle udienze arbitrali o di mediazione; conferire mandati e procure, accettare incarichi, modificare clausole volte alla composizione della lite si è improvvisamente complicato, in misura maggiore prima ancora che venissero emesse esplicite decisioni di carattere legislativo.

Decisioni pervenute, finalmente, con l’art. 83 del decreto «Cura Italia» , con il quale, al comma 20, è stata prevista la sospensione, nella prima fase dell’emergenza processuale, dal 9 marzo all’11 maggio 2020, dei termini della mediazione di cui al D.Lgs. 4 marzo 2010 n. 28, della negoziazione assistita e degli altri procedimenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie che costituiscono “condizione di procedibilità della domanda giudiziale”.

Successivamente con la L. 24 aprile 2020, n. 27, entrata in vigore il 30 aprile 2020, di conversione  del Cura Italia, è stato inoltre inserito il comma 20-bis, che detta una specifica disciplina del procedimento di mediazione, ed è stato integrato il comma 21, prevedendo espressamente l’applicazione anche agli arbitrati rituali delle norme contenute nell’art. 83, se compatibili.

Infine, con la l. 25 giugno 2020, n. 70, entrata in vigore il 30 giugno 2020, di conversione del « Decreto intercettazioni» (D.L. 30 aprile 2020, n. 28), è stato aggiunta al comma 20-bis una dettagliata regolamentazione della trasmissione con modalità telematiche dell’accordo di mediazione, nonché  una nuova ipotesi di mediazione, da qualificarsi come obbligatoria.

Anche i tre D.P.C.M. di Ottobre hanno investito le ADR, in quanto hanno ad oggetto, più generalmente, le norme di condotta da seguire per lo svolgimento delle riunioni, disincentivando lo svolgimento delle mediazioni in presenza, nel caso in cui la sede dell’Organismo impedisca di garantire il distanziamento, soprattutto per numeri elevati di partecipanti.

Di conseguenza, la mediazione si potrebbe svolgere in presenza, se l’Organismo di mediazione attuasse i protocolli di prevenzione del contagio da Covid-19 e se le parti rispettassero scrupolosamente i protocolli (perché il servizio di mediazione non è sospeso); ma comunque sarebbe preferibile svolgere la mediazione in teleconferenza, soprattutto se le parti e l’Organismo possono temere il rischio di contagio da Covid-19.

L’intento del legislatore d’emergenza è stato chiaramente quello di aumentare le possibilità per le parti di fare ricorso alle tecnologie telematiche al fine di assicurare il c.d. distanziamento sociale, evitando o limitando al massimo possibile, le occasioni di incontro personale, per contrastare e prevenire la diffusione epidemiologica e, nel contempo, consentire comunque lo svolgimento delle attività necessarie per l’amministrazione della giustizia.

2. Il futuro delle ADR

Il problema che sorge dal rendere virtuale le ADR è il seguente: queste procedure possono effettivamente rendere il medesimo risultato anche “a distanza”, su stanze virtuali, come sollecita a fare la normativa emergenziale? La formazione del mediatore è normalmente basata sull’acquisto di abilità (c.d. soft skills) che, per il loro proficuo utilizzo, presuppongono la compresenza degli utenti? Si parla di lettura del linguaggio del corpo, contatto fisico, empatia. Possono essere sufficienti, o meglio efficaci, queste tecniche anche nel corso di una mediazione a distanza ovvero sono necessarie altre competenze?

Gli ostacoli che si presentano si potrebbero rivelare come veri e propri punti di forza per un mediatore abile e preparato: la distanza fisica tra le parti in mediazione, ad esempio, può risultare emotivamente meno gravosa per l’una o per entrambe le parti, predisponendole ad un ascolto più sereno ed ad una partecipazione più consapevole.

Tuttavia, una partecipazione per videoconferenza può ridurre l’attenzione delle parti: numerose possono essere le distrazioni presenti all’interno, ad esempio, di una abitazione (luogo certamente diverso rispetto ad una stanza appositamente preposta per lo svolgimento della procedura). Il mediatore dovrà, quindi, coinvolgere sia le parti che i loro rispettivi avvocati attraverso un atteggiamento propositivo e un linguaggio semplice e lineare (viste già le possibili complessità dettate dal collegamento internet), nonché ipotizzare anche sessioni separate, al fine di un colloquio più ristretto, assicurandosi di aver chiuso una sessione prima ancora di avviarne un’altra con parti diverse.

Un ulteriore aspetto positivo che il distanziamento sociale porta con sé è quello di evitare spostamenti per raggiungere la sede dell’organismo di mediazione, con notevole risparmio di tempo ed una, conseguente, maggiore libertà nella fissazione delle sessioni, che non deve più soggiacere, ad esempio, alla disponibilità “fisica” di una stanza.

Ciò che si richiede, dunque, a chi si vedrà protagonista di una procedura di risoluzione alternativa delle controversie è una certa flessibilità e disponibilità a sperimentarsi con la tecnologia  che il Covid-19 ci ha costretto ad implementare.

Ci si deve interrogare proprio sul rapporto (e sulla conseguente compatibilità) delle ADR con lo sviluppo tecnologico che, da anni, ha travolto e continua a travolgere il processo italiano.

L’intento deve essere quello di verificare se, effettivamente, il ricorso agli strumenti telematici, alle pratiche da remoto, alle mediazioni in videoconferenza, possa traslare da mera “eccezione”, dettata da una crisi globale, a regola vigente tutti i giorni nel mondo giuridico, con l’auspicio che il legislatore possa dare maggior peso allo strumento delle ADR, in quanto nonostante la pochezza della formulazione delle disposizioni dettate dal legislatore ordinario ed emergenziale, le ADR, come evidenziato sia in dottrina, sia in sede istituzionale, possono costituire un prezioso ed assai utile strumento per risolvere ed affrontare non soltanto le “vecchie” ed “ordinarie” controversie, che già pendevano al momento dell’esplodere dell’emergenza sanitaria, ma anche quelle “nuove” e “straordinarie” da questa scaturite.

In conclusione, può legittimamente attendersi (o sperarsi) che persino gli avvocati più scettici nei riguardi delle ADR valutino con attenzione la possibilità di farvi ricorso, non soltanto per le iniziative processuali ancora da avviare, ma anche in relazione ai processi già pendenti.


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