L’art. 709-ter c.p.c.: la responsabilità genitoriale ai tempi della crisi familiare

L’art. 709-ter c.p.c.: la responsabilità genitoriale ai tempi della crisi familiare

L’art. 709 ter c.p.c. introduce una disciplina normativa finalizzata a risolvere le eventuali controversie tra i genitori in merito all’esercizio della responsabilità genitoriale o delle modalità di affidamento della prole minorenne, per garantire alla stessa un sano e sereno sviluppo;

La disposizione, introdotta ex novo dalla legge n. 54/2006, prevede, al secondo comma, che “In caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.”.

Il primo strumento, la richiesta di ammonimento, ha la funzione di richiamare il genitore inadempiente al rispetto dei doveri che la legge gli assegna, in ragione delle situazioni giuridiche soggettive, sia di natura materiale che esistenziale, che trovano respiro nella compagine familiare.

Dunque, opera come vero e proprio deterrente, oltre che come stimolo all’adempimento.

Difatti, l’eventuale seconda ammonizione legittima il giudice a modificare il regime dell’affido ed a ricorrere al supporto dei Servizi Sociali per indagare la capacità e l’idoneità genitoriale dell’ammonito e, nei casi più gravi, anche a provvedimenti restrittivi o ablativi della potestà genitoriale.

Il verificarsi di gravi violazioni dei doveri genitoriali, quali l’inadempimento anche solo parziale dell’obbligo di mantenimento e/o la discontinuità nella frequentazione dei figli da parte di uno dei genitori, configura una vera e propria responsabilità nei confronti dei figli stessi, essendo il diritto di visita del genitore non collocatario un “munus”, ovvero uno strumento per l’esercizio/dovere di educare istruire e mantenere i figli (Cass. Civ. Sez. I 8/2/2000  n. 1365)

La condotta del genitore non affidatario, che sistematicamente trascuri di adempiere i propri doveri, impostando frequentazioni non adeguate rispetto al regime di visita previsto, comporta la produzione di un danno ingiusto nei confronti della prole minorenne, consistente nella lesione della propria serenità personale e del diritto a perseguire un corretto sviluppo della propria personalità.

Danni talvolta scaturenti dal confronto del minore con altri coetanei, inseriti in un quadro di relazioni familiari stabilmente costituite o comunque in grado di rapportarsi continuativamente con la figura paterna e/o materna.

Inoltre, il diritto dovere di visita del genitore non collocatario è anche espressione del dovere di solidarietà che lega i componenti del nucleo familiare, seppur disciolto, derivandone come conseguenza che l’ingiustificato inadempimento costituisce un illecito che può dar luogo ad una responsabilità nei confronti del coniuge affidatario, allorquando si determini un concreto pregiudizio nei confronti dell’altro genitore.

Ne deriva che il danno risarcibile deve essere inquadrato nella categoria del danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. per la violazione di valori fondamentali quali il rispetto della persona umana e il dovere di solidarietà familiare (crf. Trib. Modena I sez. civ. sent. n. 1425/2012, Trib. Catania I sez. civ. sent. n. 23/11/2012), seppur molto discusso resta il dibattito sulla natura meramente risarcitoria o essenzialmente punitiva delle sanzioni che vengono emesse dall’autorità giudiziaria.

Infine, la sanzione amministrativa pecuniaria da corrispondersi in favore della Cassa delle ammende, prevista nella misura minima di euro 75 fino ad un massimo di euro 5.000, può essere comminata congiuntamente all’ammonimento ed anche d’ufficio dal giudice, che rilevi i presupposti del pregiudizio e della gravità della violazione.

Ha una funzione deterrente, che, però, incide specificamente sul profilo patrimoniale dell’inadempiente.  E’ una misura coercitiva a carattere patrimoniale assimilabile all’analogo istituto francese dell’astreinte, seppure la stessa sia corrisposta in favore dello Stato e non della controparte (l’altro genitore o il minore).

In ogni caso, essa rientra senza dubbio nella categoria delle misure di esecuzione indiretta, che sarà compito del giudice quantificare e modulare sulla base dei parametri forniti dalla norma ed in ragione dell’entità dell’inadempimento.


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