Le situazioni soggettive soggettive del diritto amministrativo (in breve)

Le situazioni soggettive soggettive del diritto amministrativo (in breve)

Il giudice al quale vi si può rivolgere avverso un atto che si ritiene illegittimo della Pubblica Amministrazione è duplice: il giudice ordinario (giurisdizione ordinaria) laddove l’atto leda un diritto soggettivo; il giudice amministrativo (giurisdizione amministrativa) laddove l’atto leda un interesse legittimo.

La distinzione fra queste due figure giuridiche è caratteristica del diritto italiano la cui disciplina è ancorata al 1800.

Il diritto soggettivo è quella situazione giuridica di vantaggio per il privato che l’ordinamento tutela e disciplina in modo diretto ed immediato, come, ad esempio, l’art. 13 Cost. (“Libertà personale”). L’interesse legittimo è quella situazione giuridica che l’ordinamento tutela e disciplina in modo indiretto avverso l’interesse pubblico che è tutelato, invece, in modo diretto, difatti la valutazione della P.A. non tutela in primis l’interesse del privato (il cd. «bene della vita») bensì quello pubblico. Ad esempio, la richiesta d’un privato (la cd. «istanza») è subordinata all’interesse pubblico, pertanto egli non vanta un diritto soggettivo nei confronti della P.A. L’interesse legittimo del privato è subordinato alla intermediazione provvedimentale (il cd. «provvedimento») della P.A. poiché è necessario l’intervento del potere della Pubblica Amministrazione affinché la suddetta situazione giuridica possa essere soddisfatta.

La P.A. si ritrova ad avere, secondo la dottrina, un potere speciale: alcuni studiosi ritengono che l’interesse legittimo favorisca il potere discrezionale della P.A.

Vi sono anche dei diritti “speciali”. Si pensi all’espropriazione per pubblica utilità. A livello definitorio l’espropriazione è la privazione di un diritto soggettivo del privato motivata da sopravvenute ragioni di interesse pubblico, mediante un atto della P.A. Inizialmente, il privato ha un diritto soggettivo, il quale – a seguito del potere esercitato dalla Pubblica Amministrazione a favore dell’interesse pubblico – viene «degradato» a mero interesse legittimo, denominato in codesto caso diritto affievolito. Tale termine è fortemente criticato, come già accennato poc’anzi. Difatti, la dottrina critica aspramente la netta distinzione di queste due figure giuridiche, incardinata nella Cost. (v. art. 113 Cost.) quantunque a livello pragmatico vi sia la tendenza dottrinale verso il giudice ordinario poiché l’interesse legittimo, tra l’altro, viene considerato una figura giuridica a favore della P.A., ritenuta essere privilegiata.

Un’altra categoria di interessi è l’interesse diffuso. Gli interessi diffusi, a differenza del diritto soggettivo, non è un interesse proprio bensì collettivo spettante a tutti i cittadini, come, ad esempio, il diritto che l’acqua non sia inquinata o che vi sia un ambiente sano. La tutela degli interessi diffusi è affidata ai cittadini raggruppati in associazioni. Si pensi al ricorso giurisdizionale avverso una concessione edilizia che deturpa l’ambiente: tale ricorso può essere presentato sia dal singolo cittadino, sia da un’associazione per la tutela dell’ambiente.

Occorre evidenziare che qualora vi sia un ricorso giurisdizionale, il giudice non può sostituirsi alla P.A. ovverosia il potere giudiziario non può sostituirsi al potere esecutivo (il cd. «principio della separazione dei poteri») pertanto il giudice si pronuncia solo in merito alla legittimità o l’illegittimità dell’azione esercitata dalla Pubblica Amministrazione (annullando o meno l’azione provvedimentale), la quale dovrà pronunciarsi nuovamente in merito all’istanza del privato mediante l’adozione di un nuovo provvedimento. Tale iter si basa sul principio del giusto procedimento.

L’interesse legittimo non è sinonimo di certezza sull’ottenimento di un risultato, bensì solo di tutela avverso un’azione illegittima della P.A., difatti ne è sempre derivato che non potesse essere oggetto di risarcimento del danno poiché non vi era lesione di un bene della vita riconosciuto dall’ordinamento («diritto soggettivo», v. art. 2 Cost.). Con la sentenza 500/1999, tuttavia, la Corte di Cassazione ha stabilito a determinate condizioni la risarcibilità dell’interesse legittimo secondo l’art. 2043 c.c. (“Risarcimento per fatto illecito”) previo accertamento del cd. «danno ingiusto».

Al fine di comprendere meglio la distinzione fra questi due istituti giuridici, occorre distinguere la «carenza di potere» e il «cattivo uso del potere». Secondo la giurisprudenza, laddove si contesti l’esistenza del potere della P.A. (viziato per «incompetenza assoluta» o carenza di potere) si è di fronte alla tutela di un diritto soggettivo spettante alla giurisdizione del giudice ordinario. Laddove, invece, si contesti l’uso illegittimo del potere della P.A. (viziato per incompetenza relativa o eccesso di potere) si è di fronte alla tutela di un interesse legittimo spettante alla giurisdizione del giudice amministrativo (cattivo uso del potere).


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