Le SS.UU. intervengono sul diritto alla riservatezza

Le SS.UU. intervengono sul diritto alla riservatezza

Le SS.UU., con sentenza n° 19681/2019, sono recentemente intervenute a dirimere un acceso contrasto giurisprudenziale avente ad oggetto la delicata materia del diritto all’oblio, che, a fronte della valorizzazione dei diritti fondamentali della persona, tanto a livello nazionale quanto sovranazionale, impegna significativamente l’attuale dibattito politico e giudiziario.

In particolare, gli Ermellini hanno statuito un importante principio di diritto con cui sono state tracciate le linee essenziali cui deve attenersi l’operatore coinvolto nel bilanciamento tra il diritto storiografico, quale peculiare attività giornalistica, e il diritto alla riservatezza.

Ciò premesso, la vicenda fattuale da cui tutto scaturisce vede protagonista un uomo che, circa, 27 anni fa commetteva un efferato omicidio, cui seguiva una condanna penale che lo vedeva scontare una pena detentiva carceraria di 12 anni.

Espiata la stessa, seppur con evidenti difficoltà, tale soggetto era riuscito ad acquisire un lavoro e ad integrarsi nuovamente in società, a suo dire, mettendo alle spalle tutto quanto fosse accaduto in passato.

A distanza di 27 anni dall’accadimento, tuttavia, una testata giornalistica locale decideva di pubblicare una serie di articoli in cui ripercorreva i delitti più efferati che negli ultimi 15 anni si erano verificati nel territorio di competenza; ciò al fine di ammonire la collettività affinchè ciò non avesse a ripetersi per l’avvenire.

Gli articoli giornalistici, tuttavia, non limitandosi a ripercorrere i fatti delittuosi in maniera sommaria, specificavano, in modo chiaro e preciso, le generalità dei loro autori.

Tra questi il soggetto, ivi, ricorrente.

Questi, a tal proposito, citava in giudizio il giornale, affinchè fosse risarcito del danno “patrimoniale e non” che era scaturito alla propria persona a seguito alla pubblicazione.

A pena ormai espiata, infatti, in dispregio totale del diritto alla riservatezza, che a parere del ricorrente avrebbe dovuto prevalere sul diritto di cronaca e critica, la pubblicazione de quo causava la perdita del lavoro e una rinnovata emarginazione sociale del soggetto suindicato.

Le Sezioni Unite, intervenute a risolvere il dibattito sorto in I e II grado, tracciano, anzitutto una linea di demarcazione, tenendo a precisare, seppur in un obiter, che la vicenda in esame facesse riferimento al bilanciamento tra, da un lato, il diritto alla riservatezza e, dall’altro, il diritto giornalistico alla “storiografia”, cosa ben diversa, per natura, dal diritto di cronaca e critica giornalistica.

Ragione, per la quale, il principio di diritto enucleato va confinato, in termini applicativi, a tale aspetto, senza alcun margine operativo di interpretazione estensiva alle ipotesi in cui a contrapporsi alla riservatezza sia il diritto di cronaca e critica.

E’, infatti, necessario, assumo gli ermellini, che ogni pronuncia giudiziaria trovi il proprio limite nel collegamento con la vicenda concreta trattata, essendo necessario rifuggire da principi di carattere generale ed astratti sul diritto.

Una pronuncia che, ancora una volta, coglie l’occasione di evidenziare l’importanza di un’analisi concreta della vicenda attenzionata ai fini di una giustizia di carattere sostanziale e mai formale.

Ciò premesso, ecco, in sintesi il principio di diritto statuito dalla Suprema Corte:

“Nei rapporti tra il diritto alla riservatezza, nella specie diritto all’oblio, e il diritto alla rievocazione storica di fatti e vicende passate (storiografia), il giudice, fermo restando la libertà di scelte editoriali in ordine alla rievocazione dell’accaduto, deve valutare se sussiste l’interesse pubblico, concreto e attuale, alla menzione degli elementi identificativi delle persone protagoniste dei fatti medesimi. Tale menzione sarà lecita in caso di personaggi che destano, nel presente, interesse nella collettività, per ragioni dì notorietà o ruolo pubblico investito. In caso contrario, prevale il diritto alla riservatezza, se la rievocazione ferisce la dignità e l’onore dei soggetti protagonisti delle vicende rievocate”.


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