Le Tasse dello Stato si prescrivono in cinque anni

Le Tasse dello Stato si prescrivono in cinque anni

In quanto tempo si prescrivono le tasse dello Stato? E’ evidente che la domanda è giuridica, ma allo stesso tempo ha un forte impatto sulle scelte di politica economica. Lo Stato cioè deve prima di tutto rispondere ad una domanda: cosa è meglio una società formata di uomini in grado di guardare al futuro senza timori, in grado di provvedere a se stessi, in grado di costruire liberamente un futuro migliore per tutti, o una pletora di indebitati costretti a vita a pagare quanto ritenuto dovuto ed incapaci di sostenere la propria esistenza con il residuo del proprio reddito? E’ evidente che la seconda categoria di individui sarà costituita da soggetti inerti che graveranno sullo Stato in modo passivo. E’ evidente allo stesso modo che la nostra civiltà si fonda su ben diversi principi di diritto che garantiscono l’uguaglianza, la libertà e la crescita di tutti e di ciascuno.

Bene veniamo alla valutazione giuridica. La domanda è: secondo la norma in quanti anni si prescrive un debito relativo alle tasse dello Stato? Intendiamo IRPEF, IVA e quanto altro. Non esiste una norma specifica. Quindi dovrebbero applicarsi le norme del codice civile. Ma quale? L’art. 2946 che prevede la prescrizione decennale o l’art. 2948 che prevede la prescrizione quinquennale ? Su questo dubbio la Cassazione ha dibattuto a lungo fino a far prevalere la tesi della prescrizione decennale, poiché, si sosteneva, l’importo delle tasse pur pagandosi a scadenze annuali o più brevi sono di importo incerto e dipendono dal reddito e quindi non sono riconducibili alla fattispecie regolata dall’art. 2946.

Ma in realtà esistono norme specifiche che possono indirizzare verso una diversa durata della prescrizione.

Le norme inerenti la decadenza della procedura di accertamento ( quattro anni dal 31 dicembre dell’anno in cui è stata presentata la dichiarazione dei redditi), le norme che prevedono la prescrizione quinquennale dell’atto irrogativo e degli interessi e delle sanzioni ( art.20 del decreto legislativo 18 dicembre 1997 n. 472), l’art. 26 DPR 602/72 ( ll concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione) ed una diversa valutazione del dettato dell’art. 2948 cc poiché comunque sono somme che sappiamo di dover pagare ogni anno se produciamo reddito, conducono a rivedere ed a superare questa posizione della Cassazione.

Come affermato da Cass. sez. unite 25790/2009 e ribadito da numerose pronunce successive “il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 cod. civ., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario”; nel caso di specie, ove la definitività della sanzione non discende da provvedimento giurisdizionale irrevocabile, è da ritenersi applicabile il termine di prescrizione quinquennale di cui al cit. art. 20.” (Cassazione 12715/2016)

Per comprendere al meglio il nuovo (che proprio nuovo non è) orientamento della Cassazione in merito alla prescrizione quinquennale delle tasse dello Stato, bisogna fare riferimento alla sentenza della Corte Costituzionale n.352 del 2004 e sentenza Corte Costituzionale n. 280 del 2005.

Ecco il commento delle sentenze della Corte Costituzionale citate e presente nella bellissima sentenza a sezioni unite della Cassazione n.23397/2016 “benchè, come si è detto, la Corte costituzionale abbia considerato spesso iniqua per il contribuente l’applicazione di un termine così lungo di prescrizione (dieci anni)  e abbia anche affermato l’irragionevolezza del trasferimento sul contribuente di termini decadenziali o prescrizionali fissati per attività interne dell’Amministrazione (vedi Corte cost. ord. n. 352 del 2004 e sent. n. 280 del 2005, già citate)” ed ancora “Al riguardo va ricordato che la stessa Corte costituzionale, nella sentenza n. 280 del 2005, ha ribadito il proprio costante indirizzo secondo cui è conforme a Costituzione, e va dall’interprete ricercata, soltanto una ricostruzione del sistema tributario che “non lasci il contribuente esposto, senza limiti temporali, all’azione esecutiva del fisco” ed ha osservato che l’esigenza, pur costituzionalmente inderogabile, di rinvenire termini decadenziali nella materia non può essere soddisfatta facendo riferimento a termini fissati per attività interne all’Amministrazione (nello stesso senso: Corte cost. ordinanza n. 352 del 2004, ivi richiamata).”” Nel caso esaminato, da tale principio il Giudice delle leggi ha tratto la conclusione della illegittimità costituzionale del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, come modificato dal D.Lgs. n. 193 del 2001, – nella parte relativa alla mancata previsione di un termine, fissato a pena di decadenza, entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, – “non essendo consentito, dall’art. 24 Cost., lasciare il contribuente assoggettato all’azione esecutiva del fisco per un tempo indeterminato e comunque, se corrispondente a quello ordinario di prescrizione, certamente eccessivo e irragionevole” ed essendo irragionevole che questo avvenga in ipotesi in cui l’Amministrazione (lato sensu intesa) è chiamata a compiere una semplice operazione di verifica formale” ed infine “”è di applicazione generale il principio secondo il quale la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito ma non determina anche l’effetto della c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c.. Tale principio, pertanto, si applica con riguardo a tutti gli atti – comunque denominati – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonchè di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali nonchè delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Con la conseguenza che, qualora per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

In realtà la Cassazione a sezione unite n. del 2016 lascia comunque aperta la valutazione del decorso applicabile per la prescrizione fiscale, ma indica dei capisaldi di diritto costituzionale, di principio e di diritto fondamentale e di diritto positivo. Il resto, progressivamente,viene compiuto dalle sentenze successive della Cassazione dal 2016 ad oggi.

Le sentenze sono molte. Ne citiamo solo alcune.

Cassazione n. 30362 /2018 : “IL termine per riscuotere i crediti erariali a seguito della notifica della cartella esattoriale e di qualsiasi altro atto accertativo di natura amministrativa non può che ritenersi quinquennale alla stregua di quanto già previsto per i tributi locali con la conseguenza che qualora l’agente di riscossione non ottemperi ad interrompere il decorso dello stesso con la notifica di atti idonei in tal senso, il successivo provvedimento inviato al contribuente non potrà che ritenersi radicalmente nullo”

Cassazione n. 5577/2019 : “se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni previsto dall’art.20 decreto legislativo 472/97, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario”

Dunque l’indirizzo attuale è che la prescrizione dei tributi dovuto allo Stato, anche quelli richiesti in via accertativa ,è di cinque anni e non di dieci: una scelta di civiltà in conformità ai principi di diritto, alla Costituzione ed alle norme di diritto positivo.

Nel diritto, però, vige un principio sopra ogni altro: la giustizia appartiene a chi ha volontà di chiederla e di credere in lei.

 


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Avvocato, giornalista pubblicista, si occupa di diritto civile, difesa dei diritti fondamentali, diritto di famiglia, diritto internazionale, diritto tributario. Ha fondato un centro studi dedicato ai rapporti con l'Europa ex Urss. E' stato il primo avvocato italiano che ha ottenuto riconoscimenti di sentenze italiane in Bielorussia.

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