Legittima la preclusione al rito abbreviato per gli ergastolani

Legittima la preclusione al rito abbreviato per gli ergastolani

La Corte Costituzionale, con comunicato stampa del 18 novembre 2020, ha reso nota la declaratoria di infondatezza delle questioni di legittimità sollevate dai Tribunali di La Spezia, Napoli e Piacenza in merito alla preclusione di accesso al giudizio abbreviato per i delitti puniti con la pena dell’ergastolo, sancita dall’art. 438, comma 1-bis, c.p.p., introdotto dall’art. 1, comma 1, lett. a), della L. 12 aprile 2019, n. 33. Nello specifico, la Corte ha ritenuto la disposizione non contrastante con i principi di uguaglianza e ragionevolezza, art. 3 Cost., con il diritto di difesa presidiato dall’art. 24 della Cost., con la presunzione di innocenza di cui all’art. 27, 2 comma, Cost. e con il principio di ragionevole durata del processo, ex art. 111, comma 2, Cost.

Il dibattito dottrinale e giurisprudenziale in ordine alla compatibilità della novella legislativa del 2019 con il quadro dei valori costituzionali, si è sviluppato intorno a due principali linee interpretative: la prima fondata sulla esaltazione della ratio legis sottesa alla estromissione dei delitti puniti con la pena dell’ergastolo dal novero dei reati ammessi al giudizio abbreviato; la seconda, avallata dalle ordinanze di rimessione alla Corte Costituzionale, incentrata sui limiti della ragionevolezza, proporzionalità e parità di trattamento imposti all’esercizio del potere legislativo.

Il primo orientamento, in ossequio al principio di legalità sancito dall’art. 25, comma 2, della Costituzione ed al suo corollario di riserva di legge assoluta in materia penale, ha esaltato la voluntas legis e gli obiettivi di politica criminale perseguiti con l’intervento riformatore del 2019. Il carattere premiale del giudizio abbreviato, comportante in caso di condanna dei notevoli sconti di pena pari alla metà per le contravvenzioni e ad un terzo per i delitti (art. 442, comma 2, c.p.p.), è incompatibile con i delitti più gravi puniti con la pena dell’ergastolo in quanto espressione di  maggior allarme sociale e, dunque, di più pregnanti esigenze repressive e di prevenzione sia generale che speciale. Pertanto, la limitazione della discrezionalità del giudice propria del rito abbreviato per i delitti più gravi previsti dall’ordinamento si inserisce nell’esercizio legittimo e ragionevole del potere legislativo, attento alla verifica empirica dei fenomeni criminali, alle istanze sociali ad ai principi costituzionali. Tale conclusione si erge prevalentemente sul principio di separazione dei poteri che rimette al Parlamento, in qualità di rappresentante del popolo, la funzione di indirizzo e direzione ed al giudice il ruolo di applicare le norme di legge, così come cristallizzate nel testo normativo.

Il secondo orientamento, sostenuto dai Tribunali di La Spezia, Napoli e Piacenza, ha in senso opposto valorizzato i limiti imposti all’esercizio del potere legislativo dalla Carta Costituzionale. In primis, l’art. 3 della Costituzione obbliga il legislatore al rispetto del principio di eguaglianza nella duplice accezione di disciplinare in modo eguale situazioni identiche e trattare diversamente situazioni tra loro distinte. In questo secondo significato si colloca la problematica generata dalla L. n. 33/2019 che, estromettendo dall’ammissione al giudizio abbreviato un novero di delitti piuttosto eterogenei tra loro benché tutti puniti con la pena dell’ergastolo, ha favorito una trattazione eguale di fatti tra loro diversi. Alla luce di queste argomentazioni, i giudici a quibus hanno sottolineato l’irragionevolezza della riforma legislativa poiché le scelte di politica criminale, generalizzando l’applicazione della disciplina a tutti i reati puniti con la pena dell’ergastolo senza differenziazione alcuna, hanno superato i limiti costituzionalmente imposti all’esercizio del potere legislativo di proporzionalità del mezzo rispetto allo scopo, di precisione, di chiarezza e coerenza. La medesima Corte Costituzionale, a sua volta, si è pronunciata molteplici volte sulla illegittimità degli automatismi sanzionatori che non consentano al giudice di calibrare la pena sulle peculiarità del caso concreto.

Alle argomentazioni da ultimo sinteticamente ricostruite si correla la sostenuta illegittimità dell’art. 438, comma 1-bis c.p.p., per contrasto con l’art. 27, comma 2, della Costituzione, ovvero con la presunzione di non colpevolezza. La preclusione di accesso al rito abbreviato discende, difatti, dalla mera appartenenza del delitto a quelli astrattamente puniti con la pena dell’ergastolo, secondo una valutazione ex ante compiuta dal legislatore e non ancora commisurata dal giudice ex post sulla base di tutte le circostanze del caso di specie ai sensi dell’art. 133 c.p. Tuttavia, il rigore della preclusione è temperato dal comma 6-ter dell’art. 438 c.p.p. che consente al giudice, in seguito al dibattimento, di ritenere ammissibile per il fatto accertato il giudizio abbreviato e, dunque, sul piano delle concretezze di operare la riduzione della pena ai sensi dell’art. 442, 2 comma, c.p.p. (come modificato nel 2019), superando il problema dell’astrattezza. Inoltre, la questione della qualificazione giuridica si porrebbe per tutte le disposizioni processuali disciplinanti i reati ammessi o non ammessi ai riti speciali.

Conclusivamente, le ordinanze hanno rilevato un contrasto dell’art. 438 c.p.p. con l’art. 111, comma 2, della Costituzione per un allungamento irragionevole dei tempi processuali a fronte dell’obbligato passaggio al dibattimento ed alla trattazione in pubblica udienza (anziché in rito camerale più rispettoso, tra l’altro, della riservatezza). Inoltre, la menomazione delle scelte sul rito incide sull’ampiezza del diritto di difesa, tutelato dall’art. 24 della Cost. come diritto inviolabile del cittadino.

L’ordinanza di rimessione del Tribunale di La Spezia ha, poi, prospettato un ulteriore aspetto di criticità della riforma discendente dal regime transitorio stabilito dalla L. n. 33/2019, secondo cui le disposizioni si applicano ai fatti commessi successivamente alla data di entrata in vigore della nuova legge. Nel caso di specie, omicidio doloso aggravato dai futili motivi, sottoposto al vaglio del giudice di primo grado, difatti, la novella del 2019 si è collocata tra la condotta posta in essere dal reo e l’evento morte. Ciò ha posto l’ulteriore questione esegetica sulla applicabilità o meno della preclusione di cui all’art. 428, comma 1-bis, c.p.p. al delitto di omicidio aggravato e sulla natura sostanziale o processuale della nuova norma introdotta.

Secondo un primo orientamento, la norma che preclude l’accesso al rito abbreviato è di evidente natura processuale poiché statuisce soltanto sul tipo di giudizio da incardinare (ordinario anziché speciale). Per tale motivo, alla disposizione processuale si applica il principio del tempus regit actum secondo cui va applicata la legge vigente al tempo in cui è stata adottata la decisione sull’ammissione al rito. Conseguentemente, essendo già entrata in vigore la riforma del 2019 nel momento della consumazione del delitto (avvenuta con l’evento morte differito nel tempo) e della decisione sul rito, dovrà essere applicata al caso di specie la preclusione al giudizio abbreviato di cui all’art. 438 c.p.p.

L’indirizzo interpretativo opposto, sostiene la natura sostanziale della preclusione di accesso al rito abbreviato valorizzando gli effetti che tale sbarramento produce sulla pena in armonia con la giurisprudenza europea [Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’Uomo, 17 settembre 2009, n. 10249/03]. La portata sostanziale della norma si coglie in relazione alla incidenza sulla pena poiché il giudizio abbreviato comporta una notevole attenuazione del trattamento sanzionatorio, non praticabile nel caso di esclusione del medesimo operato dell’art. 438 c.p.p. Pertanto, la disposizione sul rito non può essere avulsa dall’applicazione del principio di legalità, nei suoi corollari del divieto di irretroattività sfavorevole e del principio di retroattività favorevole (artt. 7 Cedu, 25, comma 2, Cost. e art. 2 c.p.), in quanto non può sfuggire alla prevedibilità del reo un divario così eccessivo sulla misura della sanzione penale. La conseguenza pratica dell’indirizzo esegetico in questione consiste nell’applicazione al caso di specie della legge più favorevole al reo e, dunque, della legge vigente al tempo della condotta del reo che ammetteva il delitto al giudizio abbreviato.

La Corte Costituzionale ha ritenuto infondate le questioni di legittimità sollevate dai giudici a quibus e ragionevole, in quanto conforme ai parametri costituzionali, l’intervento legislativo del 2019 che ha introdotto la preclusione di accesso al giudizio abbreviato dei delitti puniti con la pena dell’ergastolo. Il legislatore è tributario ex art. 25, comma 2, della Cost. di discrezionalità in merito alle scelte di politica criminale e, in tale contesto, si colloca la novella del 2019. Per i delitti più gravi previsti dall’ordinamento giuridico, puniti con la pena dell’ergastolo, risulta ragionevole l’esclusione dei medesimi dagli sconti di pena premiali disposti dal rito speciale. Pertanto “La disciplina censurata è espressione della discrezionalità legislativa in materia processuale, e non si pone in contrasto con i principi di uguaglianza e di ragionevolezza (articolo 3 della Costituzione), con il diritto di difesa (articolo 24 della Costituzione), con la presunzione di non colpevolezza (articolo 27, secondo comma, della Costituzione), né con i principi del giusto processo, in particolare con quello della ragionevole durata (articolo 111, secondo comma, della Costituzione)”. 


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Sara Cimini

E' laureata in giurisprudenza alla luce di un percorso di studio che ha favorito il sorgere della passione e dedizione per il diritto amministrativo, le tematiche ambientali, il diritto pubblico ed il diritto penale. L'approfondimento delle materie è avvenuto attraverso la specializzazione nelle professioni legali (SSPL), la pratica forense svolta presso uno studio legale specializzato in diritto civile, condominio, diritto penale e amministrativo. Inoltre, ha svolto il tirocinio ex art. 73 d.l. n. 69/2013 presso il T.A.R. Lazio-Roma, Sez. III Principale. Durante la formazione ha acquisito competenze principalmente sugli appalti pubblici, servizi e trasporti pubblici, A.S.N., test di accesso alla facoltà di medicina e scuole di specializzazione nonché sulla organizzazione degli uffici pubblici e giudiziari.

Articoli inerenti