L’esecuzione dei provvedimenti nel diritto di famiglia

L’esecuzione dei provvedimenti nel diritto di famiglia

Sommario: 1. L’attuazione del diritto di visita e delle altre disposizioni relative all’affidamento dei figli ed il nuovo sistema di misure coercitive indirette introdotto dall’art. 709-ter c.p.c. – 2. La tutela privilegiata degli assegni di mantenimento nel diritto di famiglia – 3. La tutela privilegiata degli assegni di mantenimento nel diritto penale

 

In materia di diritto di famiglia, i provvedimenti si distinguono in quelli relativi ai rapporti tra genitori e figli (nella species: affidamento della prole – condiviso o esclusivo – diritto di visita, disposizioni per assicurare la continuità dei rapporti con il genitore non affidatario e l’equilibrato svolgimento della genitorialità a seguito della cessazione della relazione tra i genitori) e quelli a contenuto patrimoniale (nella species: obbligazioni future a carattere periodico disposte per il mantenimento dei figli o del coniuge).

1. L’attuazione del diritto di visita e delle altre disposizioni relative all’affidamento dei figli ed il nuovo sistema di misure coercitive indirette introdotto dall’art. 709-ter c.p.c.

In merito all’attuazione del diritto di visita ed alle disposizioni relative all’affidamento dei figli, la legge n. 54/2006[1] ha introdotto come prioritario il regime dell’affidamento condiviso, le prescrizioni della cui attuazione coattiva sono quelle che, insieme all’affidamento, vengono disposte per il corretto, pieno ed equilibrato esercizio della genitorialità dopo che la relazione tra i coniugi è cessata. In particolare, la legge del 2006 ha introdotto, con la previsione dell’art. 709-ter c.c., un insieme di misure coercitive indirette per assicurare il rispetto dei provvedimenti di affidamento, istruzione ed educazione dei figli minori[2]. Invero, i comportamenti sanzionati dalla norma sono le gravi inadempienze o gli atti che arrecano un pregiudizio al minore o che ostacolano il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, in quanto violano le previsioni contenute nell’ordinanza presidenziale, nella sentenza di separazione o di divorzio o nel verbale di separazione consensuale. In conseguenza di tali violazioni, il giudice può: 1) ammonire il genitore inadempiente; 2) disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti del minore; 3) disporre il risarcimento dei danni a carico di uno dei genitori nei confronti dell’altro; 4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di € 75 ad un massimo di € 5.000 a favore della Cassa delle ammende[3].

2. La tutela privilegiata degli assegni di mantenimento nel diritto di famiglia

La tutela esecutiva dei crediti in materia di diritto di famiglia può avvenire nelle forme dell’espropriazione forzata, anche se i diritti di credito che richiedono il ricorso all’esecuzione forzata in tale materia mal si attagliano ad essere eseguiti coattivamente nei modi indicati nel libro III del codice di rito[4]; da cui, con la riforma del diritto di famiglia sono stati introdotti strumenti di tutela privilegiata del credito. Per tale ragione, è prevista una particolare disciplina che si applica in costanza di matrimonio, una a cui ricorrere in regime di separazione personale dei coniugi ed una in regime di divorzio.

Tra gli strumenti che operano in costanza di matrimonio, il primo è il sequestro dei beni, ex art. 146, III comma, c.c.

La norma sanziona l’allontanamento dalla residenza familiare di uno dei coniugi, nella misura idonea a garantire l’adempimento degli obblighi economici derivanti dal matrimonio. La riforma del diritto di famiglia ha introdotto un provvedimento a cognizione sommaria con prevalente funzione esecutiva, in grado di far ottenere al coniuge che sopporta gli oneri economici della famiglia una parziale deviazione del flusso di reddito dell’altro coniuge. In particolare, il Legislatore ha stabilito la regola del pari concorso dei coniugi negli obblighi di mantenimento dei figli, in proporzione “alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo”. A ciò si aggiunga che, a garanzia dell’adempimento di tali obblighi, in caso di inadempimento, il Presidente del Tribunale, su istanza di chiunque vi ha interesse può ordinare con decreto che una quota dei redditi dell’obbligato, in proporzione agli stessi, sia versata direttamente all’altro coniuge, o a chi sopporta le spese per il mantenimento, l’istruzione e l’educazione della prole[5].

Gli strumenti di tutela in regime di separazione personale dei coniugi sono due, entrambi previsti dall’art. 156, VI comma, c.c.

Innanzitutto, in caso di inadempienza agli obblighi economici contenuti nella sentenza di separazione o nell’ordinanza presidenziale e su richiesta del coniuge che ne ha diritto, il giudice può ordinare il sequestro dei beni del coniuge obbligato[6]. Tale provvedimento è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale volto ad impedire l’impoverimento del patrimonio del debitore, a fronte del suo obbligo di contribuzione economica.

In secondo luogo, è previsto un meccanismo di deviazione del flusso di reddito del coniuge obbligato resosi inadempiente ai propri obblighi di contribuzione economica; infatti, l’art. 156, VI comma, c.c. prescrive che in caso di inadempienza, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, che una parte di queste venga versata direttamente agli aventi diritto[7].

Questo provvedimento presuppone la sentenza di separazione (o l’ordinanza presidenziale) e la probabilità dell’inadempimento futuro di un’obbligazione pecuniaria a carattere periodico; infatti, dopo aver verificato l’inadempienza, è possibile assicurare, tramite l’ordine rivolto al terzo, l’attuazione coattiva delle mensilità future dell’assegno di mantenimento.

Anche a seguito della sentenza di divorzio tra i coniugi, l’ordinamento prevede alcune modalità per garantire l’adempimento degli obblighi economici.

Innanzitutto, con la riforma del 1987[8], il Legislatore, oltre ad aver revisionato molteplici aspetti sostanziali e processuali del divorzio, ha previsto un’azione esecutiva a carico del terzo debitore del coniuge che si è reso inadempiente ai suoi obblighi di natura economica. In particolare, l’art. 8, III e IV comma, l. div. prevede che il coniuge che ha diritto alla corresponsione periodica dell’assegno, dopo la costituzione in mora a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento del coniuge obbligato inadempiente per un periodo di almeno 30 giorni, può notificare il provvedimento in cui è stabilita la misura dell’assegno ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato, con l’invito a versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al coniuge inadempiente. Pertanto, è sufficiente notificare al terzo la sentenza di divorzio anche non passata in giudicato o l’ordinanza presidenziale in cui è stabilita la misura dell’assegno, con l’invito a provvedere al versamento di quanto dovuto. Se il terzo a cui è stato notificato il provvedimento non ottempera all’intimazione, il coniuge, ovvero il creditore, può procedere in via esecutiva nei suoi confronti, senza la necessità di ottenere un altro titolo esecutivo, in quanto la notifica al terzo del provvedimento in cui è stabilita la misura dell’assegno e l’invito ad effettuare il versamento diretto al coniuge beneficiario dell’assegno equivale alla notifica del titolo esecutivo e del precetto.

In secondo luogo, l’art. 8, VII comma, l. div. prevede una forma di sequestro operante a seguito della pronuncia di divorzio non diversa da quella vigente in regime di separazione. Esattamente, è disposto che “per assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore in ordine all’adempimento degli obblighi di cui agli artt. 5 e 6, su richiesta dell’avente diritto, il giudice può disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato a somministrare l’assegno”.

In tal caso, il giudice, su richiesta dell’avente diritto, al fine di assicurare che siano soddisfatte o conservate le ragioni del creditore in ordine all’adempimento degli obblighi economici, può disporre il sequestro dei beni del coniuge obbligato; le somme spettanti al coniuge obbligato alla corresponsione dell’assegno sono soggette al sequestro ed al pignoramento fino alla concorrenza della metà per il soddisfacimento dell’assegno periodico.

Questa misura presuppone che il credito a tutela del quale è emesso sia accertato con sentenza; infatti, il sequestro può essere autorizzato in presenza di qualsiasi condotta da cui presumere una futura inadempienza, a causa di eventuali comportamenti che potrebbero minare la disponibilità economica dell’obbligato.

3. La tutela privilegiata degli assegni di mantenimento nel diritto penale

Infine, tra gli strumenti volti ad assicurare l’attuazione dei provvedimenti in materia di diritto di famiglia vi è anche una sanzione penale, disciplinata dall’articolo 570 c.p.[9]

La norma prevede una forma di coercizione indiretta ed a carattere preventivo: indiretta, perché incentiva l’adempimento dell’obbligazione, prospettando al soggetto obbligato un danno maggiore di quello che ricaverebbe dall’inadempimento; preventiva perché previene inadempienze future.

In particolare, per gli assegni disposti in sede di separazione (sia giudiziale che consensuale), l’inadempienza, anche di una sola mensilità, dell’obbligo di versare il contributo per il mantenimento dei figli è punita con le pene indicate dal II comma dell’art. 570 c.p.; mentre, l’inadempienza rispetto al contributo di mantenimento dell’altro coniuge integra gli estremi del reato disciplinato dall’art. 570 c.p., solo se ciò ha fatto mancare i mezzi di sussistenza al beneficiario.

Nel divorzio, invece, costituisce reato il semplice inadempimento dell’assegno divorzile disposto per il mantenimento dell’altro coniuge e dei figli.

Infine, per quanto riguarda i provvedimenti disposti in via temporanea ed urgente con l’ordinanza presidenziale nella separazione e nel divorzio, si deve distinguere a seconda che il mantenimento sia stato corrisposto in favore dei figli o del coniuge.

Invero, l’inadempimento degli assegni di mantenimento per i figli rientra nel reato di cui all’art. 570, II comma, n. 2, c.p., che punisce chi fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti; mentre per quanto riguarda l’assegno relativo al mantenimento del coniuge, la disciplina è diversa nella separazione e nel divorzio. Nello specifico, nella separazione, l’inadempienza degli obblighi economici ricade nella previsione dell’art. 570, II comma, n. 2, c.p. perché la norma punisce colui che fa mancare i mezzi di sussistenza al coniuge; nel divorzio, questa possibilità si verifica solo se durante il processo le parti non hanno perso lo status di coniuge a seguito dell’emissione di una sentenza non definitiva di divorzio.

 

 

 

 


[1] Legge 08.02.2006, n. 54, recante titolo “Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli” e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 50 del 01.03.2006.
[2] Che si tratti di misure coercitive indirette è reso evidente dal fatto che sono previste sanzioni come conseguenza dell’inadempimento di un’obbligazione civile, al fine di indurre l’obbligato ad adempiere, prefigurandogli, con la possibile irrogazione della sanzione, una lesione più cospicua del vantaggio che riuscirebbe a trarre protraendo il suo inadempimento.
[3] Alcuni esempi di comportamenti sanzionati sono: aver violato il diritto di visita del genitore non affidatario o di quello co-affidatario, ma non convivente, in caso di affidamento condiviso; aver assunto decisioni rilevanti per i figli all’insaputa dell’altro genitore; aver allontanato i figli dal luogo di residenza stabilito, senza il previo consenso dell’altro genitore o senza l’autorizzazione del giudice; tutti i comportamenti che ostacolano o eludono le disposizioni non patrimoniali relative ai figli, contenute nelle sentenze di separazione o di divorzio, nel verbale di separazione consensuale omologato o nell’ordinanza presidenziale; il rifiuto del genitore non affidatario di consegnare il figlio all’altro perché la violazione di questo obbligo causa un pregiudizio al minore ed ostacola il corretto svolgimento delle modalità di affidamento.
[4] Le ragioni sono principalmente due. Innanzitutto, perché i crediti a cui generalmente si deve dare attuazione sono i cc.dd. assegni di mantenimento in favore della prole o dell’altro coniuge, ovvero obbligazioni future a carattere periodico che sono poco idonee ad essere eseguite nelle forme esecutive tradizionali, giacché gli inadempimenti divengono attuali in coincidenza di ogni singola mensilità non corrisposta, costringendo, in astratto, il creditore ad attivarsi esecutivamente un numero indefinito di volte.
In secondo luogo, perché gli assegni di mantenimento servono a garantire il soddisfacimento dei bisogni primari della vita del creditore (in quanto senza il contributo di mantenimento può è possibile attendere alle più elementari esigenze di un soggetto: alimentari, sanitarie o di alloggio) e, quindi, danno luogo ad obbligazioni insuscettibili di permanere inadempiute per lungo tempo senza che il beneficiario subisca danni irreparabili.
[5] Tale procedimento deve essere promosso con ricorso avanti al Presidente del Tribunale del luogo di residenza del convenuto o, in alternativa, del luogo in cui l’obbligazione è sorta o deve essere eseguita. Il giudice, instaurato il contraddittorio ed assunte le informazioni necessarie, se rileva l’inadempimento agli obblighi di cui all’art. 147 c.c. ordina che una quota dei redditi del coniuge obbligato sia versata all’altro coniuge o ad uno dei soggetti che può essere chiamato a sopportare le spese di mantenimento della prole.
[6] Ciò porta ad escludere che gli si possa attribuire natura cautelare, poiché il sequestro, in tal caso, non svolge la funzione di assicurare la fruttuosità di una futura pronuncia di merito, ma è correlato all’inadempimento di un provvedimento (la sentenza di separazione) emanato e rimasto inadempiuto; infatti, il giudice per concedere tale sequestro non deve valutare né il fumus boni iuris (poiché il diritto è già accertato nella sentenza di separazione), né il periculum in mora (poiché il presupposto fissato dall’art. 156, VI comma, c.c. è l’inadempimento), ma solo una situazione di inadempimento rispetto ad una pronuncia giurisdizionale.
[7] Il procedimento volto ad ottenere l’ordine di pagamento al terzo ex art. 156, VI comma, c.c. si svolge secondo il rito camerale ed appartiene alla competenza del Tribunale ordinario, che decide con decreto. Tale provvedimento, tanto di accoglimento che di rigetto, è reclamabile avanti alla Corte d’appello ex art. 739 c.p.c., ma non ricorribile in Cassazione ex art. 111, VII comma , Cost., non avendo ad oggetto l’accertamento di diritti soggettivi. Inoltre, si applica anche l’art. 742 c.p.c., che consente al Tribunale di revocare e/o modificare in ogni tempo il provvedimento di distrazione del credito del coniuge obbligato.
[8] Legge 06.03.1987, n. 74, recante titolo “Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio”.
[9] Art. 570 c.p. (“Violazione degli obblighi di assistenza familiare”): “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico [45 c. 2, 143 c. 2, 146 c.c.], o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale [147, 316 c.c.] o alla qualità di coniuge [143, 146 c.c.], è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da € 103 a € 1.032 euro. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi: 1) malversa o dilapida i beni del figlio minore [2 c.c.] o del coniuge; 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti [540; 75 c.c.] di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti [540; 75 c.c.] o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma. Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge”.

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Ludovica Ionà

- Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi "Roma Tre", con tesi di laurea in diritto penale, dal titolo "L'art. 41-bis ord. penit.: il c.d. "carcere duro"". - Praticante avvocato abilitato al patrocinio.

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