L’esercizio consensuale della potestà amministrativa

L’esercizio consensuale della potestà amministrativa

Le Pubbliche amministrazioni, nel perseguire il fine pubblico loro affidato dal legislatore, di regola, operano mediante procedimenti amministrativi, ovvero attraverso una sequela di atti ed operazioni, che collegati funzionalmente tra di loro, portano all’ adozione del provvedimento finale. Il provvedimento amministrativo, nello specifico, rappresenta una manifestazione di volontà, attraverso la quale l’Autorità pubblica, nell’ esercizio della sua potestà d’imperio, unilateralmente, costituisce, modifica o estingue una situazione giuridica, al preciso scopo di realizzare un particolare interesse pubblico[1]. Orbene, sul punto, risulta, dunque, evidente che la Pubblica amministrazione, normalmente, agisca attraverso l’uso di atti autoritativi suscettibili di incidere sulla sfera giuridica soggettiva dei privati nonché di essere portati ad esecuzione finanche contro la volontà di questi ultimi. Da tale circostanza, ne discende l’ovvia conseguenza che difficilmente vi potrà essere una perfetta adesione al provvedimento amministrativo da parte del suo privato destinatario.

Appare, dunque, all’ uopo, opportuno, evidenziare che il legislatore italiano, negli ultimi anni, ha avvertito sempre di più l’esigenza di cambiare rotta rispetto al passato, sorpassando definitivamente l’impostazione tradizionale volta a considerare il provvedimento amministrativo come l’unica modalità possibile attraverso cui possa concretamente estrinsecarsi l’agere amministrativo.

In sostanza, col passare del tempo, nella legislazione italiana la Pubblica amministrazione ha smesso di assumere le proprie decisioni in via esclusivamente unilaterale aprendosi verso un’impostazione sicuramente più negoziata e condivisa attraverso la quale ai privati viene riconosciuto il più ampio diritto di prendere parte all’ attività amministrativa stessa[2].

Gli interventi di modifica della l. 241/90, invero, tendono tutti verso un unico obiettivo: avvicinare il cittadino alla Pubblica amministrazione, rendendolo partecipe della funzione amministrativa fin dalla fase in cui essa sia ancora in corso di svolgimento.

La ratio legis risulta piuttosto di semplice intuizione: un accordo preventivo sulle scelte amministrative tende a ridurre drasticamente, ex post, il ricorso allo strumento giurisdizionale.

Da qui l’esigenza sempre più avvertita di rendere possibile la conclusione di accordi fra privati e Pubblica amministrazione attraverso i quali il soggetto pubblico si spoglia del suo potere autoritativo, unilaterale e solitario per esercitare la sua potestà attraverso la ricerca del consenso e della cooperazione del privato interessato. L’ obiettivo dunque è uno: dare vita ad un nuovo modello basato su di una dimensione paritaria dell’agire amministrativo grazie al quale giungere alla contemperazione dei diversi ed opposti interessi in gioco (pubblici e privati).

L’articolo 11, della legge 241/1990, meglio conosciuta come Legge sul procedimento amministrativo, dispone che: “In accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell’articolo 10, l’Amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo”. Dalla lettura di tale disposizione, dunque, risulta evidente, ictu oculi, che  la voluntas legis, sia proprio quella di introdurre nell’ordinamento giuridico un istituto volto a permettere all’ Amministrazione procedente la conclusione di accordi con il soggetto privato interessato, che possono tanto integrare  quanto addirittura sostituire il provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo.

Invero, tali accordi, intesi quali strumenti di trasparenza, semplificazione nonché di flessibilità amministrativa, hanno come fine ultimo quello di assicurare il consenso attorno all’ agere publicum allo scopo di garantire, da una parte, la massima efficacia dell’agire dell’Amministrazione, dall’ altra, il minore sacrificio possibile degli interessi dei privati coinvolti.

Orbene, con riguardo agli Accordi stipulati tra Pubblica Amministrazione e privati cittadini, l’art.11 l. n. 241/90 distingue due ipotesi: – accordi integrativi; – accordi sostitutivi.

Gli accordi integrativi  e gli accordi sostitutivi

Con riguardo all’ accordo integrativo del provvedimento amministrativo si fa esplicito riferimento a quella tipologia di accordo stipulato tra Pubblica amministrazione procedente ed il privato cittadino che viene concluso nella fase preliminare all’ adozione del provvedimento stesso.

Esso, dunque, si colloca nella fase precede al provvedimento con cui si pone definitivamente fine al procedimento amministrativo.

La ratio di tale tipologia di accordo, invero, è quella di permettere alle due parti stipulanti di predeterminare il contenuto del provvedimento amministrativo all’ interno del quale, tale accordo endoprocedimentale, sarà destinato a confluire[3].

Pertanto, nonostante l’avvenuto accordo tra le parti, il procedimento amministrativo si concluderà sempre attraverso l’adozione del classico provvedimento amministrativo che, tuttavia, assumerà un carattere diverso da quello suo “tipico”. Il provvedimento, infatti, in tale circostanza, non rappresenterà più il mero risultato di una decisione unilaterale ad opera della Pubblica amministrazione, bensì sarà da intendersi quale frutto del precedente confronto dialettico intercorso tra l’Amministrazione ed il privato interessato.

Da tale circostanza ne discende l’ovvia conseguenza che gli accordi integrativi siano impugnabili solo congiuntamente al provvedimento amministrativo cui essi accedono.

Il discrimen tra l’accordo sostitutivo e l’accordo integrativo del provvedimento amministrativo si rinviene nel fatto che l’accordo sostitutivo, a differenza di quello integrativo, viene concluso, così come si evince dalla stessa parola, nella totale sostituzione del provvedimento conclusivo.

In sostanza, laddove si pervenga alla conclusione dell’ accordo de quo, il provvedimento conclusivo non viene più adottato[4].

Inoltre, appare opportuno evidenziare che attraverso le modifiche apportate dalla l. n. 15/2005 all’art. 11 della 241/90 si è provveduto a generalizzare l’uso degli accordi sostitutivi, con ciò volendosi intendere che si può addivenire alla loro stipulazione ogni qualvolta si ritenga opportuno, e non più, come in passato, unicamente ed esclusivamente nei casi previsti dalla legge.

Il regime giuridico degli accordi integrativi e sostitutivi

Il comma 2 dell’articolo 11 della l. n. 241/90,  prevede due elementi costitutivi dei succitati accordi: la forma scritta e la motivazione ai sensi dell’articolo 3, pena la nullità, salvi casi previsti dalla legge.

Il legislatore, peraltro, richiede che tali tipologie di accordi debbano essere preceduti da una determinazione preliminare  da parte dell’organo che sarebbe competente al fine dell’adozione del provvedimento amministrativo conclusivo del procedimento. Invero, tale organo, ex lege,  non solo è chiamato ad esternare le ragioni di opportunità che l’abbiano indotto a preferire l’accordo al provvedimento amministrativo, ma è, altresì, chiamato ad indicare i motivi per i quali abbia ritenuto opportuno rifiutare l’ipotesi di accordo prospettatagli dal privato, e ciò a netta garanzia del buon andamento e dell’imparzialità dell’agere publicum  (art. 97 Cost.).

Appare, inoltre, opportuno evidenziare che gli accordi de quibus  trovino disciplina nei generali principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti e che si possa giungere alla loro conclusione solo ove  da essa non possa derivare alcun pregiudizio per i diritti di soggetti terzi[5].

Con riguardo alle questioni relative alla formazione, conclusione ed esecuzione di detti accordi,  nonché alle controversie in materia di indennizzo appare, peraltro, opportuno  rilevare che esse siano devolute alla giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo.

La Pubblica Amministrazione, inoltre, è legittimata a recedere dall’ accordo concluso con il privato qualora sopraggiunga un motivo di interesse pubblico, salva la corresponsione di un indennizzo come conseguenza all’ eventuale pregiudizio conseguentemente subito da parte del privato stesso. Orbene, dal combinato disposto del comma 2 con il comma 4 risulta rilevabile, ictu ocoli, che in capo alla Pubblica amministrazione si ponga l’obbligo di ottemperare all’ accordo, almeno fino a che rimangano le condizioni originarie, salva, cioè, la sopravvenienza di un pubblico interesse che sia, di per sé, idoneo a determinare il mutamento dell’assetto previamente raggiunto attraverso la conclusione dell’accordo stesso.

La voluntas legis  è, dunque, quella di evidenziare che sebbene si ci trovi dinanzi a degli accordi all’ uopo stipulati,  e dunque in presenza di una potestà non autoritativa della Pubblica amministrazione, resta, tuttavia, fermo, per quest’ultima, il vincolo del perseguimento del pubblico interesse.

 

 


[1] M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, 2015, Il Mulino Editore, Bologna
[2] D. Sorace, Diritto delle amministrazioni pubbliche, 2012, Il Mulino Editore, Bologna
[3] E. Ferri, Manuale completo – Istruttore Direttivo e funzionario, 2018, Nld Editore, Molfetta
[4] AA.VV., Segretario Comunale, 2019, Simone Editore, Napoli
[5] M. Clarich, Manuale di diritto amministrativo, 2015, Il Mulino Editore, Bologna

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Angela Malafronte

Angela Malafronte è nata a Vico Equense nel 1990 e vive in Provincia di Napoli. Laureata in Giurisprudenza alla Federico II di Napoli, in Cooperazione Giudiziaria: “Gli strumenti di cooperazione giudiziaria e la lotta al terrorismo nell’ambito dell’Unione Europea”. Dopo aver terminato il periodo di Tirocinio forense presso uno studio legale penale, si è dedicata allo studio di Concorsi Nazionali presso la Pubblica Amministrazione e in modo particolare al Concorso a cattedra per la classe A-046 (Scienze Giuridiche ed Economiche). Nello specifico, con riferimento al ramo scolastico ha, peraltro, conseguito il Corso annuale di perfezionamento e aggiornamento professionale in “Metodologie didattiche per Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA)” e pur essendo docente presso un istituto paritario continua a dedicarsi allo studio di concorsi presso gli enti locali, grazie ai quali ha avuto modo di approfondire lo studio del Diritto Amministrativo e del Testo Unico degli enti locali allargando ancora di più i propri orizzonti. Autrice di "Anticorruzione e trasparenza nella pubblica amministrazione. Il Segretario dell'ente locale quale Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza", pubblicata con Diritto Futuro Editore, Montesilvano 2020, ISBN 978-88-31212-14-4 , attualmente, collabora nell’area redazionale di alcune delle più importanti Riviste giuridiche online con contributi attinenti alle materie di Diritto processuale penale e di Diritto amministrativo.

Latest posts by Angela Malafronte (see all)

Articoli inerenti

L’A.N.A.C.

L’A.N.A.C.

L’ ANAC L’Autorità nazionale Anticorruzione (ANAC) è una autorità indipendente italiana il cui compito è quello di tutelare l’integrità della...

Posted / anac