L’esigenza di un’economia circolare tra vincoli normativi e risorse limitate

L’esigenza di un’economia circolare tra vincoli normativi e risorse limitate

Sommario: 1. Descrizione – 2. La nascita dell’economia circolare – 3. L’economia lineare – 4. I principi dell’economia circolare – 5. La normativa comunitaria – 6. La normativa nazionale – 7. Altri casi virtuosi – 8. Conclusioni: benefici e opportunità dell’economia circolare

 

1. Descrizione

La necessità di contenere il consumo dei fattori produttivi e di tutte le risorse presenti in quantità limitate sul nostro pianeta è diventato un fatto evidente da diversi decenni ed è insito nel concetto stesso di sviluppo sostenibile così come affermato ai diversi livelli.

Secondo la Ellen MacArthur Foundation, l’Economia Circolare è “un termine generico per definire un’economia pensata per potersi rigenerare da sola”. Dunque, con questo termine si indica un modello economico nel quale i residui derivanti dalle attività di produzione e consumo sono reintegrati nel ciclo produttivo secondo una logica di piena rigenerazione delle risorse al fine di ridurre l’impatto umano sull’ambiente.

L’economia circolare rappresenta una straordinaria occasione per compiere l’auspicata rivoluzione nell’ottimizzazione dell’uso di risorse naturali e nella gestione dei rifiuti, rottamando l’utilizzo della discarica e della combustione dei rifiuti a fini energetici, ma non solo. Molte volte si commette l’errore di pensare che l’Economia Circolare nasce negli anni 2000. In realtà già nel periodo precedente alla rivoluzione industriale, nelle prime aziende agricole e in linea generale in tutte le economie contadine l’obiettivo perseguito nei fatti era si riutilizzavano tutti i prodotti per evitare sprechi e dunque perdite economiche.

Anche nel primo dopoguerra le donne riutilizzavano i vestiti per creare prodotti utili alla casa, con l’olio d’oliva già usato e appositamente raccolto o anche con grassi animali si faceva il sapone e con i resti del cibo si nutrivano gli animali ed infine concimava il terreno.

2. La nascita dell’economia circolare

La nascita dell’Economia Circolare come modo di pensare si fa risalire tra gli anni ’60 e gli anni ’70.

Negli ultimi anni, nel mondo, diverse multinazionali stanno avviando piani diretti ad un’economia circolare, mentre molte altre stanno partecipando in maniera attiva al progetto di un’importante fondazione benefica nata nel 2010 con l’obiettivo di rendere il pianeta un posto migliore a livello ambientale, la Ellen MacArthur Foundation, finanziata dalla velista Ellen MacArthur e supportata da colossi mondiali del mondo industriale.

Perché è importante attuare in concreto il sistema di Economia Circolare? Dati alla mano, attualmente, i maggiori Stati mondiali sono in difetto di materie prime, ossia ne consumano di più di quante ne producono. Con il passare degli anni, con l’aumentare della produzione, vi è la concreta possibilità di rimanere senza materie prime e dunque far collassare l’intero sistema ambientale senza via di ritorno.

L’Economia Circolare si applica sia ai materiali biologici sia ai materiali tecnici. Secondo la Ellen MacArthur Foundation per i materiali biologici, ossia quelli in grado di essere reintegrati nella biosfera, dovremmo iniziare a riprogettare i prodotti nelle loro parti e nelle loro confezioni, usando materiali sicuri e compostabili che possano aiutare i cibi e le piante a crescere meglio. Per tutto ciò che non può essere reintegrato nella biosfera (plastica e metalli, ad esempio) dovrebbe avvenire un recupero di un altro tipo, un sistema capace di riciclare metalli, polimeri e leghe, in maniera che continuino a mantenere le loro qualità̀ e che possano essere ancora utili oltre il loro progetto di utilizzo originale.

L’Economia Circolare si applica sia ai materiali biologici sia ai materiali tecnici. Secondo la Ellen MacArthur Foundation per i materiali biologici, ossia quelli in grado di essere reintegrati nella biosfera, dovremmo iniziare a riprogettare i prodotti nelle loro parti e nelle loro confezioni, usando materiali sicuri e compostabili che possano aiutare i cibi e le piante a crescere meglio. Per tutto ciò che non può essere reintegrato nella biosfera (plastica e metalli, ad esempio) dovrebbe avvenire un recupero di un altro tipo, un sistema capace di riciclare metalli, polimeri e leghe, in maniera che continuino a mantenere le loro qualità̀ e che possano essere ancora utili oltre il loro progetto di utilizzo originale.

3. L’economia lineare

Attualmente il sistema di economia in uso è quello lineare.

Con questo sistema si indica semplicemente il processo di acquisto, uso e smaltimento di un prodotto, senza pensare in alcun modo ad un suo possibile riutilizzo (TAKE – MAKE – DISPOSE). È il peggior sistema per livello di impatto ambientale, in quanto si raggiungono i livelli più alti di inquinamento e di produzione di rifiuti, che a loro volta, come abbiamo visto, generano livelli di inquinamento elevati: ma allo stesso tempo è quello più facile da attuare poiché non presuppone particolari tipi di accorgimenti ambientali e/o di riuso del prodotto.

Nell’economia lineare il consumatore cerca sempre nuovi prodotti che siano al passo con la moda e con l’avanzamento tecnologico, grazie anche ai nuovi store online sono alla continua ricerca della versione più economica nei vari mercati internazionali.

4. I principi dell’economia circolare

Tra i diversi principi sui quali è basata l’economia circolare vi è quello di preservare e aumentare il capitale naturale, controllando le risorse presenti in quantità limitata e ponderando l’uso delle risorse rinnovabili. Questo significa che un dato sistema produttivo, nel momento in cui ne ha bisogno, deve decidere quali risorse utilizzare e preferire quei processi e tecnologie che utilizzano risorse rinnovabili bilanciandone il flusso. Effettuando una scelta ponderata su quali risorse utilizzare si possono salvaguardare quelle che presentano una disponibilità inferiore o limitata, portando comunque a termine il processo di produzione di un dato bene.

La circolazione di prodotti può diventare lo strumento per ottimizzare il rendimento delle risorse impiegando componenti e materiali di altissimo valore in ogni momento del ciclo produttivo del prodotto, stesso sia esso biologico e tecnico. Ciò in considerazione del fatto che, dal punto di vista dell’economia circolare, mentre i cicli biologici gestiscono tutti i nutrienti rinnovabili che devono essere reintegrati nella biosfera in modo che con la decomposizione tornino ad essere materia prima per altri cicli successivi, i cicli tecnici gestiscono tutti i materiali non rinnovabili che non possono essere reimmessi nella biosfera e che devono quindi essere progettati per avere una durata tecnica la più lunga possibile, non necessariamente soltanto tramite il riciclo di un bene prodotto e/o di alcune sue parti ma anche tramite la rigenerazione e ristrutturazione del bene stesso.

Si tratta, in altre parole, di mettere a punto un sistema dal quale escludere le esternalità negative che possono scoraggiare l’efficacia del sistema. Tra le diverse esternalità rientrano inquinamento dell’aria e dell’acqua, inquinamento acustico e il rilascio di sostanze tossiche.

La Ellen MacArthur Foundation prevede anche la presenza di sotto principi finalizzati ad una migliore e più facile applicazione dell’economia circolare dal punto di vista pratico. Essi riguardano essenzialmente l’eco progettazione ossia la modifica del modo di progettare i prodotti, individuando fin dall’inizio un loro eventuale impiego a fine vita, quindi ideandoli con caratteristiche che ne permettano lo smontaggio o la ristrutturazione. E’, inoltre, opportuno prevedere un’estensione della vita utile del prodotto cercando di dare una modularità̀, versatilità̀ e adattabilità̀ allo stesso in modo che possa adattarsi più facilmente al cambiamento delle condizioni esterne. Si tratta di utilizzare un approccio ecosistemico di tipo olistico e non di tipo compartimentale, tenendo in considerazione le relazioni di causa- effetto fra le diverse parti che lo compongono.

In quest’ambito assumono importanza notevole altri due assiomi ossia fare affidamento sempre di più sulle energie rinnovabili cercando di abbandonare progressivamente il vecchio modello basato sulle fonti di energia fossile e individuare materie prime da filiere di recupero che ne conservino la qualità̀ attraverso riciclo, riuso, rigenerazione, in modo da sostituirle progressivamente con le materie prime da estrazione.

Il fenomeno dello sharing, “riduzione dello spreco”, mettendo a disposizione degli utenti beni che non vengono utilizzati con frequenza, permette in primis di ridurre la produzione degli stessi e di conseguenza i livelli di inquinamento, ed in secundis di abbattere i costi per l’utilizzo degli stessi.

E’, infine, necessario individuare altre soluzioni oltre al riciclo del bene giunto a fine vita, in quanto lo stesso può essere trasformato e reimmesso nel ciclo produttivo generando maggiore valore rispetto alla loro destinazione iniziale, secondo i processo noti con il nome di “Upcycling”, oppure il “Downcycling” (riciclo a catena aperta) che usa materiali recuperati per generare prodotti di minore valore, oppure il “Regenerating”, “rigenerazione o riparazione estensiva” che porta il prodotto ad essere reimmesso nel mercato (es. Apple).

5. La normativa comunitaria

Con la proposta di Comunicazione “Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifuti” del Settembre 2014 la Commissione Europea, in concomitanza con la necessità di rivedere la legislazione europea sui rifiuti, ha emanato un pacchetto di misure finalizzato a ridurre la produzione di rifiuti ed a promuovere la transizione verso un’economia circolare. Nello specifico, la comunicazione prevedeva il riciclo del 70% dei rifiuti urbani, dell’80% dei rifiuti di imballaggio, entro il 2030, e il divieto del conferimento in discarica dei rifiuti riciclabili a partire dal 2025.

In seguito, la Commissione ha ritenuto opportuno ritirare la proposta, per le osservazioni formulate dalle diverse parti coinvolte dichiarando l’intento di volerla sostituire. Infatti, il 2 Dicembre del 2015 la Commissione presenta il nuovo pacchetto sull’Economia Circolare, composto da 4 Direttive, che è stato approvato il 18 aprile del 2018 dall’Europarlamento con l’obbligo per gli Stati membri di recepirle entro il 5.03.2020. Obiettivo comune a livello di UE è il riciclaggio del 65% dei rifiuti urbani e del 75% dei rifiuti di imballaggio entro il 2030. L’obiettivo vincolante è quello di ridurre il conferimento in discarica ad un massimo del 10% di tutti i rifiuti entro il 2030. Le direttive si propongono inoltre la determinazione di metodi armonizzati per il calcolo dei tassi di riciclaggio in tutta l’UE, di promuovere il riutilizzo e stimolare la simbiosi industriale, trasformando il sottoprodotto di un settore, nella materia prima di un altro settore. Vengono anche previsti degli incentivi economici affinché i produttori facciano giungere prodotti più ecologici sul mercato ed dare infine un sostegno ai sistemi di recupero e riciclaggio.

Le norme sopra richiamate, in primo luogo, fanno riferimento alla vita del bene con l’obiettivo di favorire una migliore progettazione per una maggiore durata e una maggiore facilità nella riparazione. Successivamente, fanno leva sull’informazione che i consumatori devono avere sul processo produttivo del bene e sui livelli di inquinamento che esso crea: infatti, l’Economia Circolare parte dal cittadino, e se le sue scelte sono finalizzate alla scelta di beni e prodotti derivanti da un ciclo produttivo con bassi livelli di inquinamento, sarà più facile applicarla. Naturalmente bisogna anche considerare la variante economica: nessuno di noi andrà a comprare beni che, anche se derivanti da processi di riciclo o riutilizzo, abbiano costi elevati (es. Apple).

6. La normativa nazionale

In Italia con la legge di stabilità del 2016 è stato introdotto il Collegato Ambientale, il quale contiene le disposizioni riprese dalle prime Comunicazione UE del 2014-2015, rivisitate per essere applicate in concreto nel nostro ordinamento, tenendo conto delle nostre criticità. Il Collegato Ambientale incentiva l’utilizzo della green economy e della Circular Economy.

In particolare, l’articolo 32 contiene disposizioni volte a incrementare la raccolta differenziata e il riciclaggio. Gli obiettivi di raccolta differenziata possono essere riferiti al livello di ciascun Comune invece che a livello di ambito territoriale ottimale. Viene posto direttamente a carico dei Comuni che non hanno raggiunto le percentuali di RD un’addizionale del 20% al tributo speciale per il deposito dei rifiuti solidi in discarica (c.d. ”ecotassa”). Il superamento di determinati livelli di raccolta differenziata fa scattare riduzioni del predetto tributo speciale. Viene altresì disciplinato il calcolo annuale del grado di efficienza della RD e la relativa validazione, sulla base di linee guida definite dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. L’articolo 45 stabilisce che le Regioni possono dare incentivi economici al fine di incrementare la raccolta differenziata e ridurre la quantità dei rifiuti non riciclati nei Comuni. Viene altresì prevista l’adozione di programmi regionali di prevenzione dei rifiuti (o, in alternativa, la verifica della coerenza dei programmi regionali già approvati) e la promozione di campagne di sensibilizzazione.

Il 18.10.2019 è stata approvata la legge n. 117/2019 con la quale si è dato il via libera al recepimento delle 4 Direttive Europee e dunque del Piano d’Azione sull’Economia Circolare.

Con questa legge verranno modificati le principali fonti nazionali aventi ad oggetto la tutela dell’ambiente, e nello specifico il D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cd. “Codice ambientale”, recante norme, tra le altre, in materia di acque, imballaggi e rifiuti), D.lgs. 13 gennaio 2003 n. 36 (attuazione direttiva 1999/31/Ce in materia di discariche di rifiuti), il D.lgs. 24 giugno 2003 n. 209 (attuazione direttiva 2000/53/Ce in materia di veicoli fuori uso), il D.lgs. 20 novembre 2008 n. 188 (attuazione direttiva 2006/66/Ce in materia di pile) ed infine il D.lgs. 14 marzo 2014 n. 49 (attuazione direttiva 2012/19/Ue in materia di Raee).

7. Alcuni casi virtuosi

Il motto della Società Apple è quello di “creare senza distruggere” ossia di creare i propri prodotti senza estrarre nuove risorse dalla terra. Infatti, Apple offre il servizio di ritiro dei propri prodotti già usati dai consumatori. Infatti, chiunque ha interesse a cambiare il proprio iPhone, può consegnarlo indietro ad Apple ed acquistarne uno nuovo ad un prezzo scontato. Apple ritira l’usato e, invece di smaltirlo e costruirne uno nuovo, lo sottopone a particolari trattamenti di rigenerazione e lo reimmette nel mercato a prezzi più bassi.

L’azienda di Cupertino ha, inoltre, introdotto la figura di Daisy, ossia del robot addetto allo smontaggio dei pezzi degli iPhone, che è in grado di recuperare velocemente dai vecchi iPhone, quando non è possibile rigenerarli, materiali ed altri impianti di riciclo che non sono in grado di prelevare, come il tungsteno e le terre rare.

Non sempre, però, il materiale ottenuto dal riciclo è di ottima qualità per poter assemblare un nuovo prodotto ed è per questo che Apple è riuscita ad ottenere, dopo anni di sperimentazioni, una particolare lega di alluminio riciclato che è paragonabile a quella ottenuta da alluminio ex novo. Attualmente il 100% dei nuovi MacBook Air e Mac Mini sono fatti di materiale riciclato.

Per ogni periodo economico Apple pubblica sul proprio sito il report dell’impatto ambientale di ciascun proprio prodotto in modo tale da far pubblicità ai propri miglioramenti e innovazioni.

Anche la casa di produzione della pasta Barilla, una delle più importanti aziende al Mondo, già da qualche anno è attenta all’ambiente e presenta imballaggi per i propri prodotti derivati solo da carta e cartone riciclato. Infatti, nel 2013 si è associata con l’azienda Favini, importante azienda italiana per la produzione di carta, ed hanno dato vita al progetto CartaCrusca.

I risultati raggiunti sono stati notevoli in quanto il 20% della cellulosa proveniente da albero viene sostituito dalla crusca e si ha un’emissione di CO2 di circa il 22% in meno rispetto all’emissione dovuta alla produzione dello stesso quantitativo di carta standard Favini a parità̀ di impianto.

Ricordiamo infine il caso Patagonia, marchio di abbigliamento outdoor californiano ma che distribuisce i propri prodotti in tutto il mondo ed anche in Italia che la mission di “Costruire il prodotto migliore, non provocare danni inutili, utilizzare business per ispirare e implementare soluzioni alla crisi ambientale”. L’azienda devolve l’1% delle vendite per cause ambientali, recluta altre imprese a seguirne l’esempio, concede congedi di paternità e periodi sabbatici per il volontariato ambientali e impone condizioni di produzioni identiche sia in California sia in Vietnam. Recentemente ha lanciato un progetto che si chiama Worn Wear che promuove in tutto il mondo la filosofia “riparare è bello”, dismettendo il detto secondo cui  “comprarlo nuovo costa meno”.  Anzi l’azienda in  questione nei propri negozi offre assistenza gratuita per la riparazione evitando così di generare le emissioni di CO², la produzione di scarti e di rifiuti, e il consumo di acqua associati ai cicli produttivi del settore tessile e il suo motto nell’ultimo Black Friday in Usa è stato quello “Don’t buy this jacket!” per sensibilizzare le persone su acquisti sostenibili e meditati.

8. Conclusioni: benefici e opportunità dell’economia circolare

Pur con la consapevolezza di non essere esaustivi, in questa sede si vogliono sintetizzare i principali benefici connessi alla diffusione dell’economia circolare. Tra questi va sicuramente sottolineata la riduzione dei livelli di inquinamento derivanti dalla produzione di nuovi prodotti: riduzione delle emissioni totali annue di gas a effetto serra del 2-4%. A questo bisogna aggiungere la riduzione dello spreco di materie prime, della produzione di rifiuti e delle spese per le imprese. Studi al riguardo dimostrano che le imprese riuscirebbero a risparmiare fino a 604 miliardi di euro, ovvero l’8% del fatturato annuo e che l’Economia Circolare potrebbe far salire il PIL quasi dell’1%. Si avrebbe, inoltre, un maggiore livello di occupazione e posti di lavoro in quanto in Italia la Circular Economy offre lavoro a 502.598 addetti (secondi solo alla Germania) e nel totale degli occupati complessivi il settore ha un peso del 2,1%, maggiore di tutti gli altri Paesi europei.

 

 

 

 

 


Bibliografia essenziale
Barilla Group, 2019, “Buono per Te, Buono per il Pianeta”, report sulla sostenibilità del Gruppo Barilla;
Bompan e I. N. Brambilla, 2016, “Che cosa è l’Economia Circolare”, Edizioni Ambiente;
European Environment Agency, 2017, “Circular by Design”, Products in the circular economy;
Lacy, B. Lamonica, J. Rutqvist, 2016, “Circular Economy: Dallo spreco al valore”, Egea;
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, 2017, “Verso un modello di economia circolare per l’Italia”, Documento di inquadramento e di posizionamento strategico;
Ronchi e M. L. Nepi, 2016, “L’Italia del riciclo 2016”, fondazione per lo sviluppo sostenibile;
Comunicazione “Verso un’economia circolare: programma per un’Europa a zero rifuti“ settembre 2014
Legge 221/2015 – Disposizioni in materia ambientale per promuovere misure di green economy e per il contenimento dell’uso eccessivo di risorse naturali.
Ministero dell’Ambiente, proposta di Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, 2017.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Valerio Di Stefano

Dottore in Giurisprudenza, laureato presso l'Università degli Studi Roma Tre con tesi in diritto amministrativo. Dottorando di ricerca in energia e ambiente, collabora con la cattedra di diritto amministrativo presso l'Università degli Studi Roma Tre e con la cattedra di diritto ambientale all'Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

Articoli inerenti