L’evoluzione dell’e-commerce a seguito dell’emergenza Covid-19

L’evoluzione dell’e-commerce a seguito dell’emergenza Covid-19

Se ne sente parlare continuamente e se per molti rappresenta ancora un meccanismo inusuale, per la maggior parte della popolazione è già diventato un’abitudine.

Si tratta dell’“E-Commerce”, la forma di commercio che attualmente ha il più alto tasso di crescita e che consiste nell’acquisto o nella vendita di prodotti mediante l’utilizzo di un’infrastruttura di rete.

L’e-commerce nacque nei primi anni 70’ del secolo scorso con l’EDI (Electronic Data Interchange), il primo servizio elettronico attraverso il quale le imprese di grandi dimensioni potevano trasferire documenti mediante l’utilizzo di reti di telecomunicazione private.

Tale sistema permetteva, in sostanza, lo scambio diretto da un computer all’altro di messaggi, informazioni e documenti, così agevolando le relazioni commerciali e allo stesso tempo migliorando l’efficienza dell’impresa, riducendo al minimo l’intervento dell’uomo.

Il progresso tecnologico e l’avvento di Internet, nel corso degli anni, hanno trasformato il commercio elettronico da semplice scambio di dati tra imprese in una vera e propria attività commerciale in cui i siti web funzionano come negozi virtuali, annullando completamente la distanza tra l’azienda produttrice ed il consumatore finale.

Così, ad essere rivoluzionato è stato anche il concetto di fare impresa.

Grazie alle sue caratteristiche, la rete ha facilitato la nascita e lo sviluppo di nuove idee imprenditoriali in ragione, soprattutto, dei molteplici vantaggi esistenti rispetto alla classica forma di commercio.

L’e-commerce ha, difatti, determinato l’abbattimento non solo dei tradizionali limiti temporali, se si considera che gli operatori economici possono raccogliere ordini di acquisto tutti i giorni, ventiquattro ore su ventiquattro, senza dover tenere in considerazione orari di chiusura o giorni festivi, ma altresì dei costi di esercizio di impresa grazie alla maggiore meccanizzazione dei processi produttivi e distributivi.

I benefici che derivano dalla vendita di prodotti online non riguardano solo l’imprenditore ma altresì il consumatore, il quale gode di un duplice risparmio: di tempo e di denaro, attesa l’estrema facilità nel reperire e comparare le offerte presenti sul mercato senza necessità di alcuno spostamento fisico.

Infine, tra i principali effetti dell’e-commerce va rinvenuto soprattutto il superamento delle barriere geografiche e l’ultraterritorialità delle operazioni economiche, con la conseguenza di considerare il fenomeno in questione come una delle principali fonti della globalizzazione.

Orbene, da un punto di vista normativo, si sottolinea la complessità della materia, la quale coinvolge diverse discipline, dalla pubblicità alla protezione dei dati personali, dalle disposizioni sui segni distintivi alla tutela del consumatore.

La Comunità Europea ha emanato varie direttive, tra le quali va senz’altro citata la 2000/31/CE che offrendo un primo livello di armonizzazione in materia di commercio elettronico ne ha fissato i principi generali.

Tale direttiva è stata attuata in Italia con il decreto legislativo 9 aprile 2003 n. 70, il quale stabilisce come principio cardine quello per cui chi intende svolgere attività di commercio elettronico, o più genericamente intenda prestare servizi nella società dell’informazione, ha libero accesso a tale settore senza necessità di un’autorizzazione preventiva, fatti salvi i casi relativi a settori speciali regolati diversamente.

Altre norme in materia sono state poste dal D. Lgs. 1 marzo 1998, n. 114 (decreto Bersani), recante la riforma della disciplina del commercio, dal D. Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, che ha introdotto il codice del consumo attinente alla protezione dei consumatori nelle vendite a distanza, o, ancora, dal D. lgs 59/2010, che ha recepito la direttiva 123/2006/CE del Parlamento Europeo, con la quale l’Unione Europea ha fissato quale suo obiettivo primario la rimozione dei limiti allo sviluppo del settore dei servizi tra Stati membri, raggiungibile mediante la semplificazione normativa e amministrativa della regolamentazione e, in particolare, delle procedure e delle formalità relative all’accesso e allo svolgimento delle attività di servizio.

Ciò premesso, oggi più che mai il tema dell’e-commerce è oggetto di discussione in ragione dell’incremento, a dir poco vertiginoso, degli acquisti on-line effettuati negli ultimi mesi nel nostro paese.

Le severe limitazioni agli spostamenti e le chiusure di molti negozi e attività, disposte dal Governo al fine di contenere il contagio da covid-19, hanno portato gran parte della popolazione ad approcciarsi, forse per la prima volta, all’utilizzo di un nuovo metodo di acquisto di beni e servizi: attraverso, cioè, i numerosi siti presenti sul web, primo fra tutti “Amazon”, ma anche mediante specifiche applicazioni scaricabili su smartphone.

L’e-commerce è arrivata, difatti, ad assumere oggi vesti alquanto inedite ed innovative: si parla, così, sia di “m-commerce” (o mobile commerce), il commercio che avviene, come anticipato, mediante l’oramai immancabile smartphone, essendo quest’ultimo nell’era attuale il principale strumento di collegamento con la rete, sia di “F-commerce” (o social commerce), che indica la propagazione del fenomeno nei social network, Facebook in primis, terreni fertili per l’interazione sociale, luoghi virtuali ove gli utenti hanno la possibilità di condividere informazioni e opinioni su prodotti, servizi, brand e imprese.

Ebbene dunque, se da un lato tutto ciò può rappresentare un’occasione per rendere più moderno il nostro paese e, quindi, metterlo in pari con il progresso tecnologico mondiale, dall’altra parte bisogna anche capire se il nostro ordinamento giuridico sia pronto a tale “rivoluzione”.

Nonostante le lacune siano ben visibili, non si può dire che manchino interventi normativi volti a cercare, almeno in parte, di eliminarle.

L’Unione Europea sta, difatti, portando avanti una politica di promozione del commercio elettronico, emanando una serie di direttive e regolamenti disciplinanti le varie attività commerciali on-line: la direttiva sulla vendita di contenuti digitali, quella sul diritto d’autore e il regolamento sul geoblocking.

Da ultimo, è stato approvato un nuovo regolamento (2019/1150), efficace a partire dal 12 luglio 2020, che favorisce equità e trasparenza per gli utenti commerciali dei servizi di intermediazione on-line, ovvero di tutte quelle piattaforme che consentono l’offerta di beni e servizi attraverso uno spazio virtuale in cui intraprendere la transazione.

Infine, la pratica degli acquisti online pone un ulteriore problema meritevole di attenzione: l’incremento del pericolo per il consumatore, come noto parte debole nel rapporto contrattuale, di imbattersi in pratiche commerciali ingannevoli, o, più banalmente, di trovarsi, specialmente in questo difficile periodo, costretto a pagare prezzi raddoppiati o triplicati per dispositivi medici e beni di prima necessità che, pochi giorni prima, erano facilmente reperibili a basso costo.

Dalla seconda metà di febbraio, infatti, l’AGCM ha riposto particolare attenzione nelle pratiche commerciali online associate al Coronavirus ed ha avuto modo di intervenire più volte nei confronti di marketplace e portali di e-commerce.

In particolare, l’intervento dell’Autorità si è reso necessario a seguito delle numerose segnalazioni pervenutele da parte di consumatori e associazioni i quali lamentavano, da un lato, la presenza di claim (cioè frasi ad effetto che accompagnano il bene o il servizio in una campagna pubblicitaria per comunicare, in poche parole, la promessa del beneficio futuro al cliente) relativi all’asserita efficacia di alcuni prodotti (igienizzanti per le mani e mascherine monouso) in termini di protezione e/o di contrasto nei confronti del Coronavirus e, dall’altro, l’ingiustificato e consistente aumento dei prezzi dei medesimi.

A seguito di ciò, l’AGCM ha provveduto a disporre in via cautelare l’oscuramento di alcuni siti web e la sospensione di attività di promozione pubblicitaria e commercializzazione di alcuni prodotti, motivata, come scrive in un comunicato del 27/03/2020, “dall’esigenza di interrompere la diffusione di una pratica estremamente grave, tale da rendere urgente e indifferibile l’intervento dell’Autorità”.


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