L’illegittimità degli atti di gara non è sufficiente a giustificarne l’annullamento d’ufficio

L’illegittimità degli atti di gara non è sufficiente a giustificarne l’annullamento d’ufficio

TAR Lazio, Roma, Sez. II, 9 aprile 2021, n. 4190

La sentenza TAR Lazio, Roma, Sez. II, 9 aprile 2021, n. 4190, avente ad oggetto l’annullamento d’ufficio di un provvedimento di aggiudicazione per “l’affidamento dei servizi di supporto, sviluppo e gestione del sistema informativo dell’istruzione”, ad opera della stazione appaltante di una procedura ristretta di gara europea, su segnalazioni circa incongruenze nelle operazioni di gara, ribadisce che, tra i presupposti legittimanti la rimozione in autotutela ex art. 21-nonies l. n. 241/1990, vi siano, oltre all’incompetenza dell’organo che procede all’annullamento (che, di regola, deve essere lo stesso di quello che abbia adottato il provvedimento di primo grado), alla violazione del termine ragionevole entro cui esercitare il potere di secondo grado e alla sussistenza dei vizi di legittimità dell’atto da rimuovere, anche la presenza di un interesse pubblico al ritiro del provvedimento e di una comparazione degli interessi pubblici e privati comunque coinvolti. Tali elementi, in quanto presupposti, devono essere specificamente dedotti all’interno del provvedimento di riesame.

Infatti, nel caso di specie, “l’amministrazione aggiudicatrice ha ritenuto l’interesse pubblico all’annullamento coincidente con i vizi, sia pur gravi, di illegittimità riscontrati nel corso della procedura di gara – durante la valutazione dell’offerte tecniche dei concorrenti – che, in quanto tali, giustificherebbero di per sé l’adozione della misura adottata (annullamento in autotutela), la medesima amministrazione procedente ha – di fatto – assorbito la mera operazione di riscontro del presupposto della sussistenza dell’interesse all’auto-annullamento nella stessa fase diretta ad accertare il (diverso) elemento fondante dell’illegittimità dell’atto da annullare. Ed è in questo salto logico – ossia nella aprioristica coincidenza tra illegittimità ed interesse all’annullamento dell’atto illegittimo – che si annida il vizio di illegittimità dello stesso provvedimento di autotutela […]”.

Tuttavia, il provvedimento di autotutela “non reca alcuna specifica valutazione dell’interesse pubblico del MIUR rispetto all’annullamento dell’aggiudicazione e/o della gara […]”.

La giurisprudenza ha già più volte evidenziato che l’illegittimità, pur costituendo il necessario presupposto dell’annullamento d’ufficio, non può da sola giustificare la decisione di rimuovere il provvedimento invalido, essendo necessaria anche la sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale da curare con l’atto di annullamento (ex multis, cfr. TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 18 marzo 2019, n. 236).

L’interesse pubblico, dunque, non si concretizza nel mero ripristino della legalità violata, ma in un interesse diretto, concreto, specifico ed attuale alla rimozione dell’atto di primo grado, da porre a confronto con l’esigenza di legittimità.

Tale interesse deve risultare dalla motivazione del provvedimento di riesame, che dovrà essere tanto più specifica quanto più lungo è il lasso temporale trascorso tra l’emanazione dell’atto originario e quello dell’annullamento (che comunque deve essere “ragionevole” e, nel caso dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, non superiore ai diciotto mesi).

Tuttavia, sono emerse delle ipotesi in cui l’interesse pubblico all’annullamento è in re ipsa e, quindi, non deve risultare necessariamente da una motivazione specifica (si pensi al caso in cui il provvedimento originario sia la risultante di un’attività vincolata della PA, sia nell’an che nei modi di esercizio). In questi casi, l’interesse pubblico e la relativa modalità di soddisfacimento sono predeterminati dalla legge ed un eventuale vizio del provvedimento darebbe vita ad effetti contrastanti con la disciplina giuridica dettata dalla norma (cfr. TAR Veneto, Venezia, sez. I, n. 22/2019).

Circa la consistenza dell’interesse pubblico, in dottrina si sono avvicendate due differenti impostazioni: la prima – che riprende la tradizionale tesi dei poteri impliciti, secondo cui il potere di riesame discende dalla norma attributiva del potere di primo grado – ritiene che debba esserci una piena coincidenza tra l’interesse pubblico del provvedimento di primo grado e quello del provvedimento di secondo grado, circoscrivendo, così, l’ampiezza del potere di riesame della PA; la seconda, invece, – che riprende la tradizionale tesi che valorizza il carattere pubblico del soggetto agente, cui è immanente il potere di riesame – ritiene che l’interesse pubblico perseguito dal provvedimento di secondo grado possa essere diverso da quello originario, ma pur sempre affidato alle cure della PA interessata, che, così, risulta avere un margine più ampio nell’esercizio del potere di autotutela.

Tuttavia, si discute ancora, sia in dottrina che in giurisprudenza, circa l’ampiezza dell’interesse pubblico alla caducazione dell’atto: in passato, quando ancora il sindacato sulla discrezionalità della PA era blando, era sufficiente che la rimozione non confliggesse con l’interesse pubblico; oggi, invece, si ritiene che debba trattarsi di un interesse pubblico che “esiga” la rimozione di quel provvedimento.

Considerata la ratio dell’esercizio del potere di intervento della PA, rinvenibile nella necessità di adeguare l’attività provvedimentale alla effettiva cura dell’interesse pubblico, anche alla luce di eventuali sopravvenienze fattuali e giuridiche, l’interesse pubblico attuale e concreto posto a fondamento del provvedimento di annullamento deve essere comparato, tramite il cd. giudizio di prevalenza, con gli affidamenti privati e con gli altri interessi pubblici alla conservazione dello stesso, al fine di non turbare posizioni giuridiche consolidate ed ormai definitive.

Ne consegue che l’interesse pubblico al ripristino della legalità violata può recedere di fronte ad altri interessi pubblici e privati, se ciò sia necessario per addivenire alla soluzione più opportuna per il caso concreto.

Nel caso di specie, dunque, ai fini di un legittimo annullamento d’ufficio degli atti di gara, la PA avrebbe dovuto compiere un duplice ordine di valutazioni, ossia non solo quella relativa alla sussistenza del vizio di legittimità – accertato -, ma anche quella relativa all’opportunità dell’eliminazione del provvedimento, procedendo alla “preventiva valutazione dell’interesse del Ministero rispetto all’annullamento di una gara che, oltre ad essere di particolare rilevanza per il Paese, era stata condotta proprio nell’interesse e per conto del Ministero”.


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