Limiti alla responsabilità del chirurgo plastico

Limiti alla responsabilità del chirurgo plastico

La responsabilità del chirurgo plastico è oggi un tema che interessa molte persone, poiché è aumentato il numero di coloro che ricorrono a questo genere di professionista per finalità spesso esclusivamente estetiche e, dunque, per rimuovere un difetto e raggiungere un determinato risultato.

Con l’aumento della domanda di interventi di chirurgia estetica è incrementato anche il numero delle richieste di risarcimento danni per operazioni mal riuscite.

A tal proposito, merita di essere segnalata la sentenza n. 8243 del 24/07/2017, con cui il Tribunale di Milano ha affrontato più questioni relative alla responsabilità medica, ponendo in particolare dei limiti alla responsabilità del chirurgo plastico.

Nel caso di specie una donna, intenzionata a migliorare l’aspetto del proprio seno, si sottoponeva ad un intervento di mastoplastica additiva che, a suo avviso, aveva determinato diverse complicanze nonché disagi in ambito sessuale e psicologico. L’attrice deduceva, inoltre, di non essere stata esaurientemente edotta dal medico sulla tipologia dell’intervento cui era stata sottoposta oltre che sulle possibili conseguenze (anche negative) dello stesso.

Pertanto, agiva in giudizio nei confronti del del chirurgo e della struttura sanitaria presso cui era stata operata domandandone la condanna al risarcimento dei danni derivanti dalla mancanza di consenso informato oltre che dalle complicanze provocate.

Il Giudice, con particolare riferimento alla chirurgia estetica, osserva che “a prescindere dalla qualificazione dell’obbligazione in esame come di mezzi o di risultato (cfr. sul punto Cass. 10014/1994 che propende per la qualificazione come obbligazione di risultato e Cass. 12253/1997 che qualifica l’obbligazione del chirurgo estetico come obbligazione di mezzi), è indubbio che chi si rivolge ad un chirurgo plastico lo fa per finalità spesso esclusivamente estetiche e, dunque, per rimuovere un difetto, e per raggiungere un determinato risultato, e non per curare una malattia. Ne consegue che il risultato rappresentato dal miglioramento estetico dell’aspetto del paziente non è solo un motivo, ma entra a far parte del nucleo causale del contratto, e ne determina la natura”.

Nell’esaminare il caso concreto, il Tribunale giunge a condividere le risultanze cui è pervenuta la CTU, che esclude la responsabilità del medico sulla circostanza che l’intervento sia stato eseguito a regola d’arte e sulla mancanza agli atti di documentazione oggettiva comprovante il nesso di causalità tra la condotta del chirurgo e la sintomatologia lamentata dalla paziente.

La responsabilità del medico viene esclusa anche in ordine alla dedotta lesione del diritto al consenso informato, dal momento che l’attrice non ha assolto all’onere sulla stessa gravante e il convenuto, d’altro canto, ha provato l’adempimento dell’obbligazione di compiutamente informare la paziente dei rischi e delle complicazioni legate all’intervento eseguito.

Il Giudice ha avuto così modo di precisare che “grava sul paziente l’onere di dimostrare: i) la sussistenza del nesso causale tra la lesione del suo diritto alla autodeterminazione e la lesione della salute derivante da una prevedibile conseguenza di un intervento chirurgico correttamente eseguito ma non correttamente assentito dal paziente (dovendo il paziente provare, anche mediante presunzioni, che ove adeguatamente informato avrebbe rifiutato l’intervento); ii) la sussistenza del danno derivante dalla mancata informazione, danno declinabile sia in termini di lesione del diritto alla salute (per le conseguenze invalidanti derivate dall’intervento) sia in termini di lesione del diritto all’autodeterminazione ( purché ne sia derivato un pregiudizio non patrimoniale di apprezzabile entità)”.

Per tutte queste ragioni, la domanda di parte attrice non è stata accolta.


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Avv. Francesca Bianchini

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