L’impossibilità del ricorso all’avvalimento per il progettista ex art 53, comma 3, d.lgs 163 del 2006

L’impossibilità del ricorso all’avvalimento per il progettista ex art 53, comma 3, d.lgs 163 del 2006

L’Adunanza plenaria, con la sentenza n. 13 del 09.07.2020, si è pronunciata in merito alla possibilità per il  progettista di ricorrere all’istituto dell’avvalimento.

Più precisamente, tale decisione si è occupata di due importanti questioni: l’analisi della natura giuridica del progettista e  la  riflessione circa la possibilità dello stesso di  stipulare un contratto di avvalimento, per sopperire alla mancanza dei propri requisiti, rispetto a quelli previsti dal bando di gara.

Innanzitutto,  è opportuno soffermarsi sulla nozione di avvalimento, quale istituto di derivazione comunitaria. A tal proposito, la Corte di Giustizia, con la sentenza 14.04.1994, nella causa C- 382/92, ha ammesso che una società capogruppo comprovasse il possesso delle capacità richieste per l’iscrizione in un elenco ufficiale di imprenditori abilitati, ricorrendo ai requisiti posseduti dalle consociate. Unico limite imposto alla capogruppo era quello di dimostrare di avere i mezzi utili per l’esecuzione del contratto. E’ dunque evidente come la ratio dell’avvalimento sia nello sviluppo della concorrenza  e nel favorimento dell’ingresso delle medie e piccole imprese nel mercato.

Tali principi sono stati inglobati negli artt. 47 e 48 della direttiva n. 2004/18/CE nonché, a livello nazionale, negli artt. 49 e 50 del d. lgs n. 163 del 2006.In particolare, l’art 49 comma 6 prevedeva il c.d. “avvalimento  multiplo o plurimo”, ossia quello da parte di un soggetto all’interno di un ‘unica categoria di lavorazione, ma solo in ipotesi eccezionali e su previsione del bando di gara. Era invece vietato l’avvalimento frazionato,  cioè il cumulo, tra concorrente e impresa ausiliaria, dei singoli requisiti economico-finanziari e tecnico-organizzativi.

L’Anac, peraltro, nella determinazione n. 2 del 2012, ha evidenziato che l’avvalimento quale “Affidamento sulla capacità di altri soggetti” – nozione di derivazione europea- permetta la partecipazione a una gara, facendo affidamento sulle capacità di altri soggetti  e prescindendo dagli eventuali legami con essi.

Attualmente, invece, è l’art 89 del d.lgs n. 50 del 2016 ad occuparsi di questo istituto. In particolare, il comma 6 disciplina il c.d. “avvalimento plurimo”; al contrario, l’ordinamento vieta il c.d. “avvalimento a cascata” che si verifica quando l’impresa ausiliaria si avvale di altre imprese ausiliarie.

Tanto premesso,  è necessario individuare quale sia la natura giuridica del progettista al fine di verificare se egli possa o meno utilizzare il contratto di avvalimento .

L’adunanza plenaria si è dapprima chiesta se il progettista possa qualificarsi come ” operatore economico” , cioè come soggetto legittimato stipulare un contratto di avvalimento.

A tal proposito, l’art. 49, comma 2, d.lgs. n. 163 del 2006, permetteva tale possibilità al “concorrente”, cioè all’ operatore economico che richiedeva di partecipare alla gara,  dichiarando e allegando il possesso dei requisiti  del soggetto avvalso che, insieme ai propri, rispecchiavano quelli richiesti dal bando.

Assume il Consiglio di Stato, nella decisione de quo, che  “concorrente” sta ad indicare colui  il quale effettua l’offerta. Quest’ultimo, ai sensi  dell’art. 3, commi 19 e 22 del d. lgs n. 163 del 2006, coincide con l’ imprenditore, il fornitore e il prestatore di servizi.

Va da sè, dunque, che la nozione di concorrente sia connessa a quella di imprenditore singolo ex art. 2082 c.c. o collettivo ex art. 2247 c.c.. In sintesi, a quella dei soggetti che operano professionalmente sul mercato, con un’organizzazione di impresa, al fine di conseguire utili. Tali figure si contrappongono  a quella del consumatore , il quale non ha finalità e organizzazione imprenditoriale.

E invero il progettista, secondo i giudici di Palazzo Spada, parrebbe qualificarsi piuttosto come prestatore d’opera ai sensi dell’art 2229 c.c..

Le peculiarità di tale soggetto sono: l’ autonomia rispetto al committente; la proporzionalità della propria retribuzione, tenuto conto della qualità e della quantità della prestazione svolta; la natura della prestazione offerta, che è di mezzi e non di risultato.  Il professionista, inoltre, non partecipa agli utili del committente, quando questi rivesta la qualità di imprenditore, anche se è comunque tenuto alla corresponsione della retribuzione. Difatti,  il rischio del lavoro del professionista è  a carico del committente.

A tal proposito, l’Adunanza Plenaria mette in risalto come il comma 3 bis dell’art 53 del d.lgs n.163 del  2006 abbia previsto, per la stazione appaltante, la corresponsione diretta al progettista della quota del compenso corrispondente agli oneri di progettazione.

Ciò posto, è possibile  concludere che il progettista non rientra nei soggetti legittimati all’ avvalimento, non essendo un operatore economico.

Nel caso di specie, il progettista indicato dall’impresa, il quale aveva formulato l’offerta e che aveva ottenuto l’aggiudicazione è piuttosto un prestatore d’opera professionale  che ” non entra a far parte della struttura societaria che si avvale della sua opera, e men che meno rientra nella struttura societaria quando questa formula l’offerta. Rimangono due soggetti separati e distinti, che svolgono funzioni differenti con conseguente diversa distribuzione delle responsabilità”.

L’Adunanza Plenaria ha altresì aggiunto che tale situazione si riscontra anche nel c.d. “appalto integrato”, cioè quando non vi è una doppia gara, una per la progettazione e un’altra per l’esecuzione dei lavori, poiché il contratto viene sottoscritto unicamente da chi si è aggiudicato la gara unitariamente considerata. Conseguentemente, chi vince la gara è chiamato sia a progettare sia a realizzare l’opera.

Occorre peraltro  precisare che il d.lgs n. 50 del 2016 aveva vietato tale forma di appalto;  tuttavia, il revirement determinato dal decreto c.d. “Sblocca Cantieri ”  ha permesso gli appalti integrati fino al 31.12.2020.

Orbene, assodato che il progettista non possa essere considerato un operatore economico, egli non può ricorrere all’ avvalimento: in tale rapporto contrattuale,infatti, l’impresa ausiliaria  è  estranea all’ aggiudicazione e al contratto di appalto o di servizi, nonostante la responsabilità solidale. Il contratto contiene  la promessa dell’obbligazione (o fatto) del terzo (art. 1381 c. c.) e l’esecuzione del contratto è la dichiarazione dell’ausiliario di impegno verso la stazione appaltante.

La  dichiarazione è la condicio sine qua non,  per la stazione appaltante, di pretendere il coinvolgimento dell’ausiliaria nell’esecuzione del contratto: l’Adunanza Plenaria afferma che “la dichiarazione dell’ausiliaria costituisce il punto di contatto giuridico tra la fase negoziale e il subprocedimento dell’avvalimento che si apre nella fase dell’offerta di gara”.

Tanto premesso, nel caso di specie, il Collegio ha ritenuto di non permettere l’avvalimento dato che  il progettista, quale prestatore d’opera professionale, deve possedere, ab origine, tutti i requisiti richiesti per eseguire la prestazione professionale e dunque, per definizione, non può sopperire a proprie lacune utilizzando i requisiti posseduti da altro professionista, singolo o associato, come, invece , si era verificato  nel caso oggetto di disamina.

I giudici osservano che tra committente e progettista si instaura un rapporto fiduciario, il quale rende impossibile pensare  che il professionista non abbia i  requisiti richiesti. Ciò è ancora più significativo nei procedimenti ad evidenza pubblica, in cui è fondamentale l’affidabilità dell’appaltatore, in vista dell’esecuzione del contratto.

Infine, l’Adunanza Plenaria mette in risalto che nel caso di specie non era possibile ricorrere all’ avvalimento, altrimenti si sarebbe incorsi nel  c.d. ” avvalimento a cascata”, già escluso nel d.lgs n. 163 del 2006 e oggi vietato nel d.lgs n. 50 del 2016.

In merito all'”avvalimento a cascata”, la dottrina ha sottolineato che  tale forma contrattuale comporterebbe  una stortura nel mercato, poichè permetterebbe  all’ausiliaria di  svolgere un’attività di mera cessione sistematica delle proprie qualificazioni, senza partecipare direttamente alla gara, coinvolgendo imprese inidonee e mettendo a rischio l’esecuzione del contratto.


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