L’inammissibilità processuale del ricorso in Cassazione per mancata specificità del motivo

L’inammissibilità processuale del ricorso in Cassazione per mancata specificità del motivo

Con la recente pronuncia n. 5001 del 2018, la Suprema Corte si è occupata di chiarire la portata del requisito di ammissibilità del ricorso in Cassazione di cui al numero 4 dell’articolo 366 c.p.c., il cui contenuto deve essere posto in relazione all’articolo 360 bis c.p.c.

L’articolo 366 c.p.c., infatti, precisa che “il ricorso deve contenere, a pena di inammissibilità…i motivi per i quali si chiede la Cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, secondo quanto previsto dall’articolo 366 bis [rectius, 360 bis, a seguito della novella n. 69 del 2009]”.

L’articolo 360 bis, il cui contenuto riproduce quello dell’abrogato 366 bis, sanziona con l’inammissibilità il ricorso quando “il provvedimento impugnato ha deciso questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa”.

Ciò posto, è centrale il richiamo alla Sentenza a Sezioni Unite n. 7155 del 2017, con la quale il Supremo Consesso, nella sua più autorevole composizione, ha chiarito in quali casi ricorre l’inammissibilità cd. “meritale” prevista dall’articolo 360 bis, che si basa, non su vizi di carattere processuale e formale, ma sulla manifesta infondatezza del ricorso.

Con tale pronuncia, infatti, si è precisato che in capo al ricorrente grava un onere argomentativo relativo al modo di formulazione del motivo, in virtù del quale, a fronte di un orientamento di legittimità consolidato, spetta allo stesso ricorrente addurre argomentazioni giuridiche tali da convincere il Giudice ad quem della necessità di dare corso ad un cambiamento giurisprudenziale.

Dall’infondatezza di tali argomentazioni – da valutarsi al momento della decisione, e non della presentazione, del ricorso, con salvezza, quindi, dei mutamenti interpretativi intervenuti medio tempore – discende l’inammissibilità del ricorso stesso per espressa previsione dell’articolo 360 bis c.p.c..

Considerato il legame tra i due articoli in commento, il contenuto della sentenza citata non può che riflettersi sulla portata del requisito di cui al numero 4 dell’articolo 366 c.p.c., con il quale sono indicati i confini per il rispetto del presupposto di specificità del motivo, confini richiesti per l’ammissibilità – in questo caso “processuale” – del ricorso.

Invero, scrive la Corte che “non può ritenersi idoneo al raggiungimento del suo scopo e, dunque, specifico, un motivo che non contenga gli elementi di cui il detto art. 360 bis n.1 àncora l’ammissibilità del ricorso sul piano meritale. Da qui l’insorgere di un onere processuale, di carattere contenutistico, che attiene al modo, alla tecnica con cui il motivo deve essere formulato.

Ne deriva, perciò, che nel caso in cui si denunci una “violazione o falsa applicazione di norme del diritto”, sarà imprescindibile, per il difensore ricorrente, un serrato e approfondito confronto con gli orientamenti di legittimità vigenti.

Pena l’inammissibilità del ricorso per mancata specificità del motivo – da valutarsi al momento di proposizione del ricorso stesso, in quanto attinente ai requisiti formali dello stesso -, poichè sarebbero formulate critiche intellegibili e non si consentirebbe di comprendere in cosa risieda il preteso errore di diritto del giudice a quo.

Alla base di tale decisione, l’esigenza di rafforzare il principio dello stare decisis ed esaltare la funzione nomofilattica della Corte, presupposto indispensabile per garantire una corretta applicazione del principio di uguaglianza di cui all’articolo 3 della nostra Carta Fondamentale anche all’interno delle aule di Giustizia.


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Gianlorenzo Franceschini

Gianlorenzo Franceschini nasce nel 1990 e si laurea in Giurisprudenza nel 2015, con il voto di 110/110, scrivendo una tesi in Economia dell'impresa e dell'innovazione dal titolo "Barriere all’Innovazione. Il loro impatto sulla performance dell’impresa e le strategie di intervento". Perfeziona, in seguito, anche la pratica forense in uno studio legale, occupandosi prevalentemente di diritto civile e di diritto di famiglia, ed il tirocinio formativo di cui all'articolo 73 D.L. 69/13 presso la Procura della Repubblica di Pesaro. Nell'ottobre del 2018 consegue l'abilitazione all'esercizio della professione forense.

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