Locazione ad uso commerciale: Covid-19 e la tutela legale per il conduttore

Locazione ad uso commerciale: Covid-19 e la tutela legale per il conduttore

Sommario: Introduzione – 1. Soluzioni poste a favore dei conduttori – 1.1) Prosecuzione della locazione: sospensione del canone (art. 1256 comma 2 c.c.) – 1.2) Prosecuzione della locazione: rinegoziazione delle condizioni economiche del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467 comma 2 c.c.) – 1.3) Risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione di una delle parti (art. 1467 comma 1 c.c.) – 1.4) L’impossibilita’ sopravvenuta per causa non imputabile al debitore (art. 1256 comma 1 c.c.): Brevi riflessioni – 2. Conclusioni

 

 

Introduzione

Con il DPCM dell’11 marzo 2020, il Governo per contrastare l’emergenza Coronavirus ha previsto misure drasticamente restrittive, imponendo, la chiusura di tutte le attività commerciali ritenute non essenziali, cagionando così una drastica riduzione di fatturato e liquidità.

Preliminarmente occorre sostenere che se, da un lato, il conduttore non potra’ sospendere il pagamento dei canoni di locazione in maniera unilaterale ed arbitraria, in quanto tale comportamento dara’ luogo ad azioni legali da parte del locatore, dall’altro lato, e’ di fondamentale importanza sottolineare che in materia contrattuale vige il principio di buona fede nell’esecuzione del contratto, secondo cui: “il contratto deve essere eseguito secondo buona fede” (art. 1375 c.c) espressione del dovere di solidarietà fondato sullart. 2 della Costituzione che impone a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio di «agire in modo da preservare gli interessi dell’altra» (Cass. Civ., Sez. I, n. 21250 del 06.08.2008) e costituisce un dovere giuridico autonomo a carico delle parti contrattuali.

1. Soluzioni poste a favore dei conduttori

Analizziamo ora nel merito le soluzioni poste a favore dei conduttori.

In primis, si consideri che nel Decreto n.18 del 17 marzo 2020 (c.d. “cura Italia), in particolare all’art. 65 del suddetto Decreto emanato dal Governo è stato inserito un credito di imposta del 60% che è stato riconosciuto a tutti i conduttori che abbiano dovuto sospendere le proprie attività per via delle restrizioni imposte per contrastare la diffusione del Coronavirus.

Il suddetto beneficio emanato dal Governo rappresenta una indicazione decisamente chiara dell’intenzione del legislatore di escludere la legittimità di eventuali “autosospensioni” o “autoriduzioni” dei canoni di locazione, costituendo così’ un ulteriore criterio interpretativo utilizzabile in un eventuale giudizio di merito.

Interessante e’ l’art. 91 di cui al D.L. 18/2020 dove in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall’attuazione delle misure di contenimento e di anticipazione del prezzo in materia di contratti pubblici) dove all’articolo 3 del decreto – legge 23 febbraio 2020, n. 6,convertito con modificazioni dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, dopo il comma 6, e’ inserito il seguente: “6-bis. Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto e’ sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilita’ del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti.“.

Nello specifico le possibilità a beneficio del conduttore che versi in situazioni di difficoltà a causa della chiusura della propria attività commerciale sono le seguenti: 1) prosecuzione della locazione: sospensione del canone di locazione (art. 1256 comma 2 c.c.); 2) prosecuzione della locazione: rinegoziazione delle condizioni economiche del contratto per sopravvenuta eccessiva onerosita’ (art. 1467 comma 2 c.c.); 3) risoluzione del contratto per eccessiva onerosita’ sopravvenuta della prestazione di una delle parti (art. 1467 comma 1 c.c.)/recesso anticipato dal contratto di locazione (art. 27 ultimo comma Legge 27 luglio 1978 n. 392); 4) impossibilita’ sopravvenuta (art. 1256 comma 1 c.c.).

1.1) Prosecuzione della locazione: sospensione del canone (art. 1256 comma 2 c.c.)

L’art. 1256 Codice Civile rubricato “Impossibilita’ definitiva e impossibilita’ temporanea” stabilisce al suo primo comma che: “L’obbligazione si estingue quando per una causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile”; ed al secondo comma: “Se l’impossibilita’ e’ solo temporanea, il debitore finche’ essa perdura, non e’ responsabile nel ritardo nell’adempimento. Tuttavia l’obbligazione si estingue se l’impossibilita’ perdura fino a quando, in relazione al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto, il debitore non puo’ essere ritenuto obbligato ad eseguire la prestazione ovvero il creditore non ha piu’ interesse a conseguirla”.

Il comma 2 dell’art. 1256 c.c. tratta l’impossibilita’ temporanea della prestazione dovuta dal debitore, che nel contratto di locazione consiste nel pagamento del canone, dovuta per una causa non imputabile al debitore. Quest’ultimo e’ esonerato da ogni responsabilita’ sino a quando cessera’ l’impedimento. A riguardo la Cassazione ha stabilito che:L’impossibilita’ sopravvenuta della prestazione ai sensi degli artt. 1256 c.c. e 1463 c.c. puo’ dipendere anche da una causa non imputabile ad debitore e puo’ essere fatta valere da ciascuna delle parti, ogni qualvolta il sinallagma risulta alterato per effetto dell’evento sopravvenuto. Se inoltre l’impossibilita’ e’ temporanea non si fa luogo alla risoluzione del contratto, ma e’ giustificata la sospensione della prestazione in via di autotutela” (Cass., 24 aprile 2009, n. 9816).

Nel caso in cui il conduttore, nonostante l’emergenza sanitaria, abbia comunque interesse alla prosecuzione del contratto di locazione in essere, giova l’art. 1256 c.c. 2° co, secondo cui: “se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore finché essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento”. Con la suddetta disposizione, il conduttore, al sopraggiungere di una causa di “forza maggiore” che rende temporaneamente impossibile l’esecuzione del contratto di locazione, consistente nell’impossibilità di svolgere l’attivita’ commerciale ed il conseguente obbligo al pagamento dei canoni, sarebbe giustificato a ritardare nell’adempimento di propri obblighi contrattuali. Ossia, fintanto che perduri l’emergenza sanitaria, il ritardo nel pagamento dei canoni non dovrebbe configurare responsabilità in capo al conduttore, che però al momento della cessazione dello stato emergenziale e a seguito della ripresa della propria attivita’ commerciale dovrà pagare quanto non versato, senza però essere tenuto a versare alcun interesse sui pagamenti a suo tempo non corrisposti.

1.2) Prosecuzione della locazione: rinegoziazione delle condizioni economiche del contratto per eccessiva onerosita’ sopravvenuta (art. 1467 comma 2 c.c.)

Alternativamente alla soluzione di cui sopra, il conduttore puo’ chiedere la riduzione del canone per tutto il periodo in cui resteranno in vigore le limitazioni imposte dal governo per contrastare l’emergenza Covid-19. Molto probabilmente una volta cessata l’emergenza sanitaria, la capacita’ reddituale dell’imprenditore sara’ comunque notevolmente ridotta, pertanto si consiglia un ulteriore valido rimedio consistente nella pattuizione con il locatore ad una definitiva riduzione del canone di locazione mediante la stipula di un nuovo contratto.

La suddetta istanza trova fondamento nel codice civile dove l’art. 1467 Codice Civile rubricato contratto con prestazioni corrispettive all’ultimo comma prevede che qualora si verifichino eventi che rendano eccessivamente oneroso il contratto sottoscritto e sproporzionatamente gravoso l’adempimento in capo ad uno dei contraenti, le parti possano evitare la risoluzione del contratto modificandone le condizioni; sul punto il locatore potrà essere invitato a rinegoziare, temporaneamente o definitivamente il contratto di locazione, fino al perdurare della crisi economica. In ipotesi di accettazione il contratto novativo dovra’ essere registrato, anche al fine di una riduzione delle imposte a carico del locatore.

1.3) Risoluzione del contratto per eccessiva onerosita’ sopravvenuta della prestazione di una delle parti (art. 1467 comma 1 c.c.)

Ferma e fatta salva la possibilita’ per alcune attivita’ di usufruire di un credito di imposta pari al 60% del canone di locazione del mese di marzo (art. 65 di cui al D.L. 18/2020), sopra citata, l’art. 1467 Codice Civile rubricato Eccessiva onerosità sopravvenuta prevede che qualora un evento straordinario e imprevedibile fuori dal controllo delle parti (cosiddetto causa di forza maggiore) dia luogo ad un’eccessiva onerosità di una delle due prestazione, il relativo obbligato ha facoltà di chiedere la risoluzione del contratto.

La chiusura delle attivita’ commerciali qualificate dal DPCM dell’11 marzo 2020 come non essenziali conseguente alla diffusione del Covid-19 rende la prestazione contrattuale a carico del conduttore più “onerosa”, con la conseguenza che parrebbe applicabile la disciplina prevista dall’art 1467 c.c. secondo cui: “nei contratti a esecuzione continuata o periodica, ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto, con gli effetti stabiliti dall’articolo 1458”.

Con specifico riguardo ai contratti di locazione di immobili adibiti ad attivita’ commerciale la suddetta disposizione e’ trasposta anche nelle disposizioni di cui all’ultimo comma dell’art. 27 di cui alla Legge 27 luglio 1978 n. 392 (cosiddetta legge sull’equo canone) che fornire al conduttore il recesso per gravi motivi. La citata norma prevede in ordine alle locazioni di immobili per uso diverso da quello abitativo, che il sopravvenire di gravi motivi legittimerebbe esclusivamente l’esercizio del diritto di recesso: indipendentemente dalle previsioni contrattuali, il conduttore, qualora ricorrano gravi motivi, può recedere in qualsiasi momento dal contratto, con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con lettera raccomandata”.

I gravi motivi che legittimano il recesso, da specificare nella comunicazione, devono avere carattere oggettivo, ossia devono essere: 1) estranei alla volontà del conduttore; 2) imprevedibili al momento della sottoscrizione del contratto di locazione; 3) sopravvenuti; 4) devono rendere estremamente gravosa la prosecuzione del rapporto locatizio.

1.4) L’impossibilita’ sopravvenuta per causa non imputabile al debitore (art. 1256 comma 1 c.c.): Brevi riflessioni

Ai sensi dell’articolo 1218 del codice civile rubricato Responsabilità del debitore: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. Inoltre, l’art. 1256 c.c. stabilisce che l’obbligazione si estingue quando, per causa non imputabile al debitore, la prestazione diventa impossibile.

Affinché l’obbligazione si estingua ed il debitore venga totalmente liberato è necessario che: si tratti di una reale impossibilità oggettiva; tale impossibilità deve essere sopravvenuta, ma sorta prima della mora; l’impossibilità sopravvenuta deve essere inevitabile, quindi non derivante da colpa del debitore. In altri termini, l’impossibilità, per poter rilevare ai fini dell’esclusione della responsabilità del debitore deve essere oggettiva, imprevedibile, assoluta e insuperabile.

Ai fini dell’estinzione dell’obbligazione posta in capo al debitore, l’impossibilita’ ad eseguire la prestazione dovuta deve essere definitiva e totale, ossia occorre provare che la prestazione dovuta non possa eseguirsi né ora, né in un successivo momento (impossibilità definitiva) e che non puo’ eseguirsi neanche solo in parte (impossibilità totale).

L’impossibilita’ ad eseguire la prestazione puo’ essere definitiva o temporanea. La differenza tra le due fattispecie risiede nel piano temporale, nonché nelle conseguenze che da esse derivano. Quando una prestazione diventa definitivamente impossibile allora l’obbligazione si estingue. In caso di impossibilità temporanea, invece, l’obbligazione non si estingue; finché l’impossibilità temporanea perdura, il debitore non è responsabile del ritardo nell’adempimento. Qualora l’impossibilità temporanea venga meno ed il creditore abbia ancora interesse a conseguirla, il debitore potrà adempiere, senza alcuna responsabilità a suo carico per il ritardo. L’obbligazione si estingue solo se l’impossibilità temporanea perdura fino a quando – in relazione al titolo o all’oggetto – il debitore non possa più essere ritenuto obbligato ad eseguirla, ovvero il creditore non abbia più interesse a conseguirla.

L’impossibilita’ sopravvenuta della prestazione ai sensi deglia rt. 1256 c.c. e 1463 c.c. puo’ dipendere anche da una causa non imputabile al debitore e puo’ essere fatta valere da ciascuna delle parti, ogni qualvolta il sinallagma risulta alterato per effetto dell’evento sopravvenuto. Se inoltre l’impossibilita’ e’ temporanea non si fa’ luogo alla risoluzione del contratto, ma e’ giustificata la sospensione della prestazione in via di autotutela” (Cass. 24 aprile 2009, n. 9816).

L’impossibilità sopravvenuta è una causa di estinzione dell’obbligazione diversa dall’adempimento. Essa si verifica in un momento successivo alla sottoscrizione del contratto e deriva da una causa avente natura esterna, di carattere imprevedibile e non prevenibile secondo la diligenza media.

Quest’ultima rappresenta una ipotesi di forza maggiore che ricorre quando determinati provvedimenti legislativi o amministrativi, emanati dopo la conclusione del contratto per interessi generali (come appunto la tutela della salute pubblica), rendano oggettivamente impossibile l’esecuzione della prestazione, in modo temporaneo o definitivo, indipendentemente dalla volontà dei soggetti obbligati. L’impossibilità sopravvenuta può essere definitiva o temporanea, ovvero totale o parziale, con conseguenze che, variano a seconda dei casi.

Secondo la giurisprudenza consolidata, gli ordini o i divieti emanati dalle autorità sono suscettibili di determinare l’impossibilità della prestazione qualora: 1) gli stessi siano del tutto estranei alla volontà dell’obbligato (Cass. n. 21973/2007); 2) non siano ragionevolmente prevedibili, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione (Cass. n. 2059/2000); 3) il debitore abbia sperimentato tutte le ragionevoli possibilità per adempiere regolarmente (Cass., n. 14915/2018; Cass. n. 11914/2016).

La liberazione del debitore per sopravvenuta impossibilità della prestazione, dunque, può verificarsi – ai sensi dell’art. 1256 c.c.– solo se ed in quanto concorrano l’elemento obiettivo della impossibilità di eseguire la prestazione medesima, nonche’ l’elemento soggettivo consistente nell’assenza di colpa da parte del debitore riguardo alla determinazione dell’evento che ha reso impossibile la prestazione.

Sul punto, interessante e’ una pronuncia della Corte di Cassazione n. 6594 del 2012, la quale chiarisce che “l’impossibilità sopravvenuta che libera dall’obbligazione (se definitiva) o che esonera da responsabilità per il ritardo (se temporanea), deve essere obiettiva, assoluta e riferibile al contratto e alla prestazione ivi contemplata, e deve consistere non in una mera difficoltà, ma in un impedimento, del pari obiettivo e assoluto, tale da non poter essere rimosso, a nulla rilevando comportamenti di soggetti terzi rispetto al rapporto. Di conseguenza, coordinando fra loro le suddette componenti oggettive e soggettive che regolano la responsabilità per inadempimento, l’impossibilità sopravvenuta della prestazione produce gli effetti estintivi o dilatori anzi detti se deriva da una causa avente natura esterna e carattere imprevedibile e imprevedibile secondo la diligenza media”.

Dunque, ai fini dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 1256 c.c. è necessario che l’impossibilità di eseguire la prestazione abbia i caratteri della imprevedibilità, obiettività e assolutezza.

Secondo i principi generali (artt. 1218 e 1256 c.c.), per esonerarsi dalle conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni contrattualmente assunte, il debitore deve provare che l’inadempimento è stato determinato da una causa a lui non imputabile; quest’ultima è costituita non già da ogni fattore a lui estraneo che lo abbia posto nell’impossibilità di adempiere, bensì da eventi non riconducibili a un difetto della diligenza che il debitore è tenuto ad osservare e non rimediabili con la normale diligenza.

Tra le cause dell’impossibilità della prestazione, rientrano gli ordini o i divieti sopravvenuti dell’autorità amministrativa c.d. “factum principis”, consistente nell’ordine dell’autorita’ che rende impossibile l’esecuzione della prestazione.

Sotto il profilo giuridico, i recenti provvedimenti emergenziali possono incidere sulla capacità di eseguire le prestazioni contrattuali, determinando l’impossibilità sopravvenuta di adempiere, ai sensi dell’art. 1256 c.c., in quanto rientrano nella fattispecie del c.d. “factum principis”.

I suddetti provvedimenti legislativi, dettati da interessi generali, rendono impossibile la prestazione, indipendentemente dal comportamento dell’obbligato (Cass. Civ. n. 119 del 11.01.1982). Secondo la giurisprudenza, l’impossibilità nell’adempimento contrattuale non può essere invocata qualora il factum principis sia «ragionevolmente e facilmente prevedibile, secondo la comune diligenza, all’atto dell’assunzione dell’obbligazione» ovvero «rispetto al quale non abbia sperimentato tutte le possibilità che gli si offrivano per vincere o rimuovere la resistenza della pubblica amministrazione» (Cass. Civ., Sez. III, n. 14915 del 08.06.2018).

Occorre, dunque, valutare se la durata delle misure restrittive adottate per limitare la diffusione del coronavirus sia tale da estinguere l’obbligazione, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1256 c.c., fermo restando che il debitore sarà tenuto ad eseguire la prestazione nel momento in cui la causa dell’impossibilità dovesse cessare – indipendentemente da un suo diverso interesse economico – sempre che la stessa sia non divenuta di utilità per la controparte.

Occorre valutare, caso per caso, se l’evento straordinario e imprevedibile costituito dall’emergenza sanitaria e i conseguenti provvedimenti restrittivi determinino un aggravio patrimoniale per il soggetto obbligato tale da alterare sostanzialmente l’originario rapporto contrattuale, incidendo sul valore di una prestazione rispetto all’altra, ovvero facendo diminuire o cessare l’utilità della controprestazione.

Soltanto in presenza di tali condizioni può invocarsi l’esonero da responsabilità contrattuale per causa non imputabile ex art. 1218 c.c.

2. Conclusioni

E’ difficile ipotizzare che in virtù della forzata chiusura della propria attività dovuta alle misure anti Covid-19, e della conseguente situazione di difficoltà economico-finanziaria in cui il conduttore sia venuto a trovarsi, l’obbligazione di pagamento del canone è divenuta impossibile.
Cio’ in forza del principio di responsabilita’ patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. secondo cui il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri. Diventerebbe assai difficile accertare e provare una tale “impossibilità”, in quanto non necessariamente una riduzione o anche la mancanza di entrate provenienti dall’attività soggetta a temporanea chiusura precludono il pagamento del canone.

Bisognerebbe indagare la concreta situazione di reale difficoltà economico-finanziaria del conduttore, indagine che certo non può essere condotta in astratto, ma richiederebbe approfondita analisi del caso concreto.

Sul punto, una situazione di incapacità del conduttore/imprenditore di far fronte alle proprie obbligazioni evoca subito il concetto di insolvenza di cui art. 5 l. fallimentare.

A parere di chi scrive occorre cercare un dialogo con il locatore palesando le oggettive difficoltà del momento e cercando di trovare un accordo amichevole.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Beraldi Stefania

La dott.ssa Stefania Beraldi si e' laureata presso la facolta' di Giurisprudenza dell'Universita' degli Studi di Firenze discutendo la tesi in Diritto Penale dal titolo: "La pena dell'ergastolo sta la tutela dei diritti umani e prevenzione speciale". Ha svolto una proficua pratica forense durante la quale ha acquisito competenze nell’ambito del diritto civile. Nutre particolare interesse per il diritto di famiglia e minorile, risarcimento danni, infortunistica stradale, contratti, recupero crediti, procedure di sovraindebitamento, esecutive e fallimentari.

Articoli inerenti

Agenti immobiliari: diritto alla provvigione e requisiti, concorso con altri mediatori e responsabilità dell’incarico di mediazione

Agenti immobiliari: diritto alla provvigione e requisiti, concorso con altri mediatori e responsabilità dell’incarico di mediazione

Sommario: 1. I requisiti giuridici dell’agente immobiliare – 2. Il diritto alla provvigione del mediatore – 2.1. Il concetto di...

Il CMOR, corrispettivo di morosità: disciplina e funzionamento

Il CMOR, corrispettivo di morosità: disciplina e funzionamento

Il Corrispettivo CMOR è stato introdotto con delibera ARG/elt 191/09 dell’AEEG – Autorità per l’Energia Elettrica, il Gas e il Sistema Idrico (ora...