L’offerta “corruttiva” al consulente tecnico del PM integra il reato di intralcio alla giustizia ex art. 377 c.p.?

L’offerta “corruttiva” al consulente tecnico del PM integra il reato di intralcio alla giustizia ex art. 377 c.p.?

La sentenza Cass. Sez. Un. n° 51824/2014 rappresenta l’epilogo di una complicata vicenda “qualificatoria” della condotta allettatrice del consulente tecnico del PM.

La Suprema Corte ha enunciato il seguente principio di diritto: “l’offerta o la promessa di denaro o altra utilità al consulente tecnico del pubblico ministero finalizzata ad influire sul contenuto della consulenza integra il delitto di intralcio alla giustizia di cui all’art. 377 c.p. in relazione alle ipotesi di cui agli artt. 371-bis o 372 c.p.”.

La diatriba qualificatoria si incentrava sulla riconducibilità della condotta considerata nell’ambito di operatività dell’art. 377 c.p. o, piuttosto, di quello dell’art. 322 c.p. (Istigazione alla corruzione).

A favore della tesi che implicherebbe l’applicazione dell’articolo 322 c.p. depone la circostanza che l’art. 377 c.p. è predicabile solo laddove si induca una persona (anche consulente tecnico) a commettere uno dei reati di cui agli artt. 371-bis, 371-ter (False dichiarazioni al difensore), 372 e 373 c.p.

L’art. 371-bis richiede la narrazione di fatti mentre il consulente tecnico esprime valutazioni; l’art. 372 si occupa della falsa testimonianza, fattispecie che non può riguardare il consulente tecnico del PM alla luce della mancanza del ruolo di testimone; l’art. 373 disciplina il reato di falsa perizia, così potendosi riferire esclusivamente alla figura del perito che è nominato dal giudicante, diversamente dal consulente del PM.

Alla luce delle predette circostanze la prospettiva di concepire il consulente tecnico del pubblico ministero come soggetto attivo dei reati di cui agli articoli 371-bis e 372 c.p. – cui fa riferimento l’art. 377 c.p. – si trova a fronteggiare il consolidato orientamento giurisprudenziale che, ai fini della configurabilità del predetto reato, ritiene necessaria l’assunzione formale della qualità di testimone oltre a doversi misurare con la difficoltà di esprimere, nei confronti di una valutazione tecnico-scientifica, un giudizio in termini di verità o falsità.

La Cassazione ha però sposato la tesi opposta, favorevole alla configurabilità del reato di intralcio alla giustizia invece del reato di istigazione alla corruzione.

Il Collegio affermava che il consulente tecnico del Pm debba considerarsi esposto alle conseguenze penali previste per l’ipotesi di false dichiarazioni ex art. 372 c.p. o, in sede di indagini, ex art. 371-bis c.p.: ciò in virtù del dovere di verità sullo stesso incombente, conseguenza sia della natura pubblicistica del munus di ausiliario della parte pubblica sia dell’assoggettamento di costui, ex art. 501 c.p.p., alle regole sull’esame dei testimoni, tra cui quella diretta al soggetto esaminato di “rispondere secondo verità alle domande che gli sono rivolte”.

Non è di ostacolo l’assenza, al momento di riferimento, della autorizzazione alla citazione a comparire del consulente tecnico: la qualità “testimoniale”, ex artt. 371-bis e 372 c.p., anche se non ancora formalmente assunta, è da ritenersi immanente al soggetto in questione, in quanto prevedibile sviluppo processuale della funzione assegnatagli.

Non v’è dubbio, ad avviso delle Sezioni Unite, che sul c.t. del PM incomba un dovere di verità.

Il consulente tecnico con la sua valutazione e consulenza può comunque rendere dichiarazioni vere o fasulle, rendendosi responsabile di intralcio alla giustizia, con la conseguenza che non vi è spazio per ipotizzare un reato impossibile ex art. 49, co. 2, c.p.

Occorre rilevare altresì che l’art. 377 c.p. è specializzante rispetto l’art. 322 c.p., con la conseguenza che sarebbe il primo a dover trovare applicazione ex art. 15 c.p.; il bene giuridico protetto è l’amministrazione della giustizia che appare maggiormente conforme al caso, anche in considerazione della mitigazione del trattamento sanzionatorio che ne deriva, rispetto alla tutela della P.A., bene giuridico protetto ex art. 322 c.p. la cui applicazione comporterebbe la violazione dell’art. 3 Cost..


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Federica Bolla

Abilitata alla professione di avvocato. Laureata in Giurisprudenza con una tesi in diritto penale progredito “Le nuove fattispecie di corruzione, induzione e concussione alla luce della L. 190/2012. L corruzione tra privati alla luce del D. Lgs. n°38/2017”. Attualmente ha concluso la pratica forense; iscritta all'Albo dei praticanti abilitati al patrocinio sostitutivo del Foro di Novara. Nel periodo universitario ha svolto l'attività di tutor in materie giuridiche, anche per studenti con disabilità e disturbi dell'apprendimento, oltre che attività di assistenza e indirizzamento all'iscrizione del percorso universitario. Ha scritto l'articolo "Ahmed Fdil bruciato vivo: la "giustizia" nel processo penale minorile" per il contest giuridico "Scripta Manent" organizzato dalla pagina giuridica Office Advice; la giuria ha conferito la menzione d'onore all'articolo.

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