L’oggetto della tutela nel reato di appropriazione indebita: i files informatici quali “nuovo” bene mobile

L’oggetto della tutela nel reato di appropriazione indebita: i files informatici quali “nuovo” bene mobile

La realtà odierna è caratterizzata da nuove esigenze di tutela giuridica sia delle persone quanto dei beni. Ciò si riscontra in vari ambiti del diritto ed in particolare nel diritto penale.

L’esigenza di assicurare una tutela giuridica piena ed efficace  è fortemente sentita nell’era del web e delle nuove tecnologie. E’ in questo settore che la tutela penale, a causa delle sue caratteristiche e di una più rigorosa applicazione del principio di legalità, non riesce a “catturare”, compiutamente, le potenziali forme di aggressione al bene giuridico protetto della norma.

Una criticità che si riscontra in una recente pronuncia del giudice di legittimità: il giudice di legittimità si è trovato a pronunciarsi sulla possibilità che i files informatici possano costituire bene – oggetto giuridico di tutela nel delitto di appropriazione indebita. In poche parole se i files informatici possono essere oggetto di condotta integrante il reato summenzionato.

La seconda Sezione della Corte di Cassazione ha ripercorso, dapprima, le tappe storiche evolutive della questione, che infatti non è nuova alla medesima giurisdizione di legittimità. La Corte ha, infatti, ricordato come non si è mai giunti ad una conclusione univoca sul punto.

In passato la dottrina e la giurisprudenza hanno escluso che i files informatici possedessero quelle caratteristiche tali da poter individuare in essi beni mobili. Tale orientamento contrario si fondava su due principali argomentazioni: i files non possono costituire oggetto del reato di appropriazione indebita in quanto non possono essere considerati beni mobili difettando gli stessi della materialità e tangibilità; la seconda sostiene che i bene immaterali, categoria in cui rientrano i files informatici, non vi può essere la possibilità di materiale apprensione dei medesimi.

A tutto ciò si aggiunge che nel diritto penale la nozione di bene mobile non è positivizzata come lo è invece nel diritto civile, unico riferimento lo si rintraccia nel 624 c.p e si tratta comunque di una nozione che è soggetto a un’interpretazione ristretta.

Nella sentenza (Cass. Pen. n.11959 del 2020) la seconda sezione penale ritiene invece superato tale concetto: “la capacità di questi beni, nonostante la loro immateriabilità, di essere oggetto di trasferimento, utilizzazione, deteriomento, vendita etc conferma il presupposto logico che anche il dato informatico di formare oggetto di condotte di sottrazione e appropriazione.

Resta da superare un’ulteriore obiezione che vede, nell’inclusione del file informatico  nel novero dei beni mobili, un pericolo al principio di legalità. Anche questa obiezione deve ritenersi superata.

La Suprema Corte ricorda come  sull’uso di espressioni lessicali nell’illecito penale è stato oggetto di una pronuncia della Corte Costituzionale che ha invece statuito: “la presenza di espressioni sommarie, di espressioni sommarie, di vocaboli polisensiovvero di clausole generali o concetti elastici non comporta un vulnus al parametro costituzionale richiamato (principio di legalità e determinatezza in particolare) …laddove la descrizione complessiva del fatto incriminato consenta comunque al giudice di stabilire il significato di tale elemento” (da ultimo: Corte Costituzionale n. 25/2019 ).

Sulla base di tali argomentazioni la Cassazione giunge cosi alla conclusione che il file informatico possa essere ritenuto bene mobile, ai sensi della legge penale, pertanto anch’essi possono formare oggetto della condotta di appropriazione indebita.


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