L’omicidio, elemento soggettivo e preterintenzione: l’ultimo orientamento giurisprudenziale

L’omicidio, elemento soggettivo e preterintenzione: l’ultimo orientamento giurisprudenziale

Secondo l’art. 575 del c.p. “ chiunque cagiona la morte di un uomo è punito con la reclusione non inferiore ad anni ventuno”.

Il delitto di omicidio, evidentemente, consiste nella condotta, attiva od omissiva, con cui l’agente cagiona la morte di altra persona.

Naturalmente, affinché il soggetto sia punibile è necessario che l’evento dannoso da cui dipende l’esistenza del reato sia conseguenza della sua azione od omissione. Pertanto, ai fini della sussistenza del rapporto di causalità, è sufficiente che l’agente abbia posto in essere una condizione qualsiasi dell’evento, sì che quest’ultimo risulti essere conseguenza di quella condotta e non di circostanze aventi una efficienza causale tale da cagionarlo di per sè stesse.

Il nostro ordinamento, a ben guardare, contempla il delitto di omicidio in diverse norme, in quanto commina pene diverse a seconda dell’elemento psicologico del reato, ossia della volontà o meno dell’agente di causare l’evento.

L’art. 575 del c.p., succitato, punisce l’omicidio quando questo venga commesso volontariamente, cioè con dolo.

Indubbiamente, tale ipotesi si configura ogni qualvolta l’agente si sia rappresentato la morte come conseguenza diretta della sua azione od omissione, e quindi l’abbia voluta in ogni caso ( dolo diretto).

Tuttavia, l’elemento del dolo sussiste anche quando l’autore del reato si sia rappresentato l’evento morte come indifferente rispetto ad un altro ( dolo alternativo), ovvero quando l’agente si sia rappresentato la morte come conseguenza probabile o possibile della propria condotta e , ciononostante, abbia agito ugualmente accettando il rischio ( dolo eventuale).

Si tratterà, quindi, di omicidio volontario ogni qual volta l’agente abbia agito con dolo, cioè con previsione e volontà, indipendentemente dal tipo di dolo identificabile nella sua condotta.

Il delitto di omicidio, però, può essere commesso anche senza il dolo; infatti l’art. 589 c.p. prevede che “ chiunque cagiona per colpa la morte di una persona è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni”. L’art. 589 c.p., dunque, punisce l’omicidio quando questo è commesso non volontariamente ma per un fatto compiuto senza intenzionalità. Pertanto, in tal caso, la colpa è l’elemento caratterizzante del reato: si parla di delitto colposo ogni volta che l’evento, nel nostro caso la morte, non è voluto ma si è verificato a causa di negligenza, imprudenza o imperizia, ovvero per l’inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline.

In ogni caso, l’elemento psicologico della colpa sussiste innanzitutto quando manca sia la volontà che la previsione di cagionare la morte, ma anche quando manca la volontà ma non la previsione, cioè quando l’agente prevede che si possa verificare l’evento ma confida nel fatto che non accadrà.

Riassumendo, quindi, l’omicidio colposo e l’omicidio doloso si differenziano per l’elemento soggettivo.

Nondimeno si può verificare anche il caso, preso in considerazione dal codice, in cui, benchè l’agente non abbia agito con l’intento di uccidere, l’elemento psicologico del reato non è ascrivibile alla sola colpa: è il cosiddetto omicidio preterintenzionale previsto dall’art. 584 del codice penale, che punisce con la pena da dieci a diciotto anni chiunque, con atti diretti a commettere il reato di percosse o quello di lesioni, cagiona la morte di un uomo senza averlo voluto.

In sostanza, l’omicidio preterintenzionale si perfeziona con l’avverarsi dell’evento letale non voluto, la cui condotta è caratterizzata dagli atti diretti intenzionalmente a percuotere o a ledere, mentre la morte rappresenta un quid pluris, involontario, rispetto al fine effettivamente perseguito dall’agente.

Sull’elemento psicologico dell’omicidio preterintenzionale si sono succeduti nel tempo diversi orientamenti giurisprudenziali . Secondo una prima impostazione si tratterebbe di un dolo misto a responsabilità oggettiva: il primo sarebbe ravvisabile nel delitto di base, costituito dalle percosse o dalle lesioni, la seconda, invece, sarebbe attribuita all’agente per l’evento letale non voluto, sulla base di un mero nesso di causalità che collega tale evento ulteriore al delitto originario.

Per una diversa impostazione, invece, l’elemento soggettivo richiesto per la configurazione del reato andrebbe individuato nel dolo per il reato di percosse o lesioni, misto alla colpa per l’evento ulteriore non voluto dall’agente, il quale intende cagionare alla vittima l’evento minore, ma ottiene, per via del comportamento colposo, la morte. Ciò costituirebbe il criterio distintivo tra omicidio volontario e quello preterintenzionale , in cui, infatti, la volontà dell’agente esclude ogni previsione dell’evento morte.

Giurisprudenza contraria, viceversa, punta l’accento soltanto sull’aspetto doloso della volontà di cagionare l’evento minore. Secondo tale orientamento, l’omicidio preterintenzionale deve ritenersi caratterizzato, quanto all’elemento psicologico, non dalla coesistenza di dolo e colpa, ma dalla sola presenza del dolo, costituito dalla coscienza e dalla volontà di attentare all’incolumità del soggetto passivo mediante percosse o lesioni, nella quale resta assorbita la prevedibilità dell’evento grave costituito dalla morte.

L’omicidio preterintenzionale ex art. 584 c.p., comunque, non va confuso con il reato previsto dall’art. 586 c.p., che contempla il caso di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto. In particolare, l’art. 586 c.p. stabilisce che “ quando da un fatto preveduto come delitto doloso deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte o la lesione di una persona, si applicano le disposizioni dell’art. 83 , ma le pene stabilite negli art. 589 e 590 sono aumentate”.

Quale , quindi, la differenza?

Come previsto dalla giurisprudenza i due tipi di delitto si differenziano tra di loro in ordine alla fattispecie dolosa, poichè nel reato ex art. 586 c.p. l’attività del colpevole è diretta a realizzare un delitto doloso diverso dalle percosse o dalle lesioni personali, mentre nel reato ex. art 584 c.p. l’attività è diretta a realizzare un evento che, ove non si verificasse la morte, costituirebbe il reato di percosse o lesioni (Cass. V Sez.., sent. n. 21002/2015).


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