L’ordinamento penitenziario minorile alla luce del d.Lgs 121/2018

L’ordinamento penitenziario minorile alla luce del d.Lgs 121/2018

Dopo oltre quarant’anni dall’entrata in vigore della legge 375/1975 che all’articolo 79 specificava che  “Le norme della presente legge si applicano anche nei confronti dei minori degli anni diciotto sottoposti a misure penali, fino a quando non sarà provveduto con apposita legge”, è intervenuta una organica riforma ad opera del decreto legislativo 2 ottobre 2018 n. 121, in attuazione della delega di cui all’art. 1 co. 81, 83, 85 lett. p) della legge 23 giugno 2017 concernente l’applicazione delle pene nei confronti dei condannati minorenni, introducendo rilevanti novità circa le misure alternative alla detenzione.

In particolare, la riforma del codice di procedura penale, intervenuta nel 2014 per consentire l’adeguamento agli “standard europei di vivibilità carceraria”, ha evidenziato la necessità di creare un regime differenziato ed adeguato a soggetti che presentano caratteristiche molto diverse tra loro e per questo si è reso necessario intervenire per attuare strumenti normativi validi per questi specifici soggetti.  La riforma aveva sancito la possibilità – per i soggetti sino ai 25 anni – di essere assoggettati allo stesso regime previsto per i minorenni negli istituti a loro riservati, superata tale soglia, si sarebbero dunque obbligatoriamente trasferiti in istituti per adulti.

Il decreto di cui sopra, è articolato in 4 capi per un totale di 26 articoli, si occupa dei cd. giovani adulti (soggetti infraventicinquenni), nonché dei condannati minorenni. Trattasi di una normativa che considera le esigenze di tali soggetti e tende a favorirne la responsabilizzazione e la preparazione alla vita libera nonché a prevenire la commissione di ulteriori reati (Art.1). Obiettivo dell’esecuzione della pena, diviene quello di “favorire percorsi di giustizia riparativa e di mediazione con le vittime di reato. Tende altresì a favorire la responsabilizzazione, l’educazione e il pieno sviluppo psico-fisico del minorenne, la preparazione alla vita libera, l’inclusione sociale e a prevenire la commissione di ulteriori reati, anche mediante il ricorso ai percorsi di istruzione, di formazione professionale, di educazione alla cittadinanza attiva e responsabile, e ad attività di utilità sociale, culturali, sportive e di tempo libero” (art. 1 comma 2 ).

Si specifica che, in tal caso, la misura detentiva costituisce l’extrema ratio, ciò significa che verrà applicata nei casi di sussistenza delle condizioni di cui all’art. 273 c.p.p., ossia dei gravi indizi di colpevolezza e che il fatto non sia stato compiuto in presenza di una causa di giustificazione o di non punibilità, ovvero nel caso di commissione di ulteriori reati ai sensi dell’art 274, ed ancora in caso di pericolo di fuga o inquinamento probatorio. Vengono introdotte le cd. misure penali di comunità, trattasi dell’affidamento in prova al servizio sociale (Art.4),  dell’affidamento in prova con detenzione domiciliare (Art.5),  della detenzione domiciliare (Art.6) e della semilibertà (Art.7). L’adozione della misura, la sostituzione e la revoca,  così come previsto dall’art. 8 può essere proponibile da parte pubblico ministero o dall’ufficio di servizio sociale per i minorenni nel caso di soggetto minorenne, ovvero richiedibile dal soggetto maggiorenne o dal suo difensore. Il magistrato di sorveglianza può  in via provvisoria sospendere l’esecuzione della misura in caso di grave pregiudizio al percorso di reinserimento sociale ovvero la sospensione nel caso in cui la misura può essere sospesa o revocata.

Di significativa importanza la presenza dell’individualizzazione del trattamento ai sensi dell’art.14, di camere di pernottamento che non accolgano un numero superiore a quattro persone (art.16), la garanzia di permanenza all’aria aperta per almeno 4 ore al giorno (Art.17), ed ancora, l’opportunità di frequentare corsi di istruzione e formazione all’esterno dell’istituto (Art.18), la garanzia di almeno otto colloqui mensili, con le persone con cui sussiste un significativo legame affettivo ovvero, per i detenuti privi di riferimenti affettivi,  con volontari autorizzati ad operare negli istituti penali per minorenni (art. 19).

La scelta della sanzione punitiva è improntata alla gradualità e alla minore afflittività sulla libertà personale del condannato,  compiendo un’attività di osservazione circa la personalità dello stesso e considerando sempre le condizioni di salute, l’età e il grado di maturità. Di grande importanza è il cd. “Principio di territorialità” (Art.22) il quale preserva i legami del condannato sul territorio, difatti, salvo la presenza di specifici motivi ostativi, dovuti anche a collegamenti con ambienti criminali, la pena dovrà essere eseguita in istituti prossimi alla residenza o alla abituale dimora del detenuto e delle famiglie.


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