Medicina all’estero: è possibile chiedere il trasferimento presso un Ateneo Italiano

Medicina all’estero: è possibile chiedere il trasferimento presso un Ateneo Italiano

T.A.R. Lazio – Roma, sez. III-bis, 02-09-2015, n. 4032 

a cura di Paolo Ferone

L’ordinamento interno non prevede, almeno allo stato attuale, disposizioni tali da precludere agli studenti comunitari il trasferimento ad anni successivi al primo presso Atenei italiani, seppur a “numero chiuso”, senza necessità di espletare un test preselettivo, neppur quando nelle università di provenienza sia previsto un test iniziale di accesso.

A poco meno di una settimana dai temutissimi test d’ingresso alle facoltà a numero chiuso (medicina e chirurgia, odontoiatria e professioni sanitarie) gli aspiranti professionisti del settore sanitario pensano già ad una “strada” diversa nel caso in cui le prove non dovessero portare al risultato sperato. Una delle vie maggiormente battute è quella di iscriversi presso un ateneo straniero, il quale non preveda un test d’ammissione. Molti sono i quesiti che i giovani studenti si pongono nel merito, ma sicuramente tra quelli più gettonati troviamo:

Dovrò completare l’intero corso di studi all’estero?

Durante i miei studi potrò chiedere il trasferimento presso un’università italiana?

Una risposta decisa a queste domande proviene proprio dai Giudici Amministrativi, i quali a seguito di accesi dibattiti sul tema, hanno tracciato una linea che sembra ormai consolidata e definitiva. Sul punto per chiarire meglio la questione, citiamo una Sentenza del T.A.R. Lazio, Sez. III-bis, Pres. Giuseppe Caruso, Consigliere Maria Cristina Quiligotti, Est. Emanuela Loria, n. 4032 del 2 Settembre 2015.

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Nel caso in esame i Giudici del T.A.R., si sono trovati a dirimere una questione avente ad oggetto la richiesta, avanzata da alcuni studenti iscritti presso un Ateneo estero, di vedersi accogliere l’istanza di trasferimento al II°-III°-IV° anno presso un Ateneo italiano. L’Ateneo resistente (“Magna Grecia” di Catanzaro) chiedeva il rigetto nel merito della questione sostenendo che la possibilità di partecipare alla procedura di trasferimento è possibile solo agli studenti iscritti al corso di laurea in medicina e chirurgia presso gli Atenei dei Paesi Esteri con i quali sia stata stipulata apposita convenzione. Orbene, il Collegio, accogliendo il ricorso, ha stabilito quanto segue:

  • il principio regolante l’iscrizione presso Università italiane è unicamente quello del riconoscimento dei crediti formativi (sul punto per interrompere i continui contrasti giurisprudenziali è intervenuta l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, decisione n. 1 del 28 gennaio 2015).
  • l’unico vero limite è quello dei “posti disponibili per il trasferimento, da stabilirsi in via preventiva per ogni anno accademico e per ciascun anno di corso dalle singole Università sulla base del dato concernente la concreta potenzialità formativa di ciascuna, alla stregua del numero dei posti rimasti per ciascun anno scoperti rispetto al numero massimo di strumenti immatricolabili (…) per ciascuno di quegli anni ad esse assegnato”.
  • allo stato dei fatti è lo stesso ordinamento interno a non prevedere, “almeno allo stato attuale, disposizioni tali da precludere agli studenti comunitari il trasferimento ad anni successivi al primo presso Atenei italiani, seppur a “numero chiuso”, senza necessità di espletare un test preselettivo”. Il potere del cervello quantico

Occorre ricordare che la legge 2 agosto 1999, n. 264 recante “Norme in materia di accessi ai corsi universitari” nel disciplinare il cd. accesso mediante numero programmato ad alcuni corsi di laurea ha riguardo solo ed esclusivamente alle iscrizioni al primo anno di corso. Invero, Lo stesso art.4, nel prevedere il contenuto degli esami “di ammissione ai corsi”, peraltro, non può essere interpretato se non con riferimento all’accesso iniziale, in quanto la norma è espressamente rivolta a disciplinare “l’accesso” e non la “frequenza” per gli anni successivi al primo.


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