Motivazione “rafforzata” per il parere negativo della soprintendenza preceduto da differente parere del comune

Motivazione “rafforzata” per il parere negativo della soprintendenza preceduto da differente parere del comune

Il Collegio ha ritenuto che, in tema di istanza di autorizzazione paesaggistica in sanatoria e quindi di governo del territorio e tutela del paesaggio, il parere negativo della Soprintendenza debba essere adeguatamente motivato: così, in mancanza, esso va annullato per eccesso di potere per difetto di presupposto e per irragionevolezza, unitamente al diniego comunale finale.    

Alessandro M. BassoAvvocato e giornalista pubblicista

Cons. Stato Sez. VI 07/10/2016, n. 4147

Il principio si argomenta dalla sentenza del Cons. Stato Sez. VI n. 4147/2016, decisa il 22 settembre e depositata il 07 ottobre 2016.

IL CASO

Un soggetto, proprietario di un immobile posto all’ultimo piano di un condominio ubicato in una zona caratterizzata da molteplici interventi analoghi, realizzava un torrino-scala in ferro e vetro, di circa mq. 4, a copertura della scala di collegamento tra l’appartamento ed il terrazzo sovrastante e chiudeva, mediante un infisso metallico, una piccola area porticata: così, presentava istanza di autorizzazione paesaggistica in sanatoria. La Commissione comunale per il paesaggio emetteva parere favorevole, a differenza del successivo parere della Soprintendenza: così, l’ufficio paesaggio del Comune decretava, infine, il non accoglimento dell’istanza medesima. In appello, peraltro, la Soprintendenza non forniva la documentazione richiesta dalla stessa autorità giudiziaria.

LA DECISIONE

E’ illegittima, e va pertanto riformata, la sentenza di merito relativamente al provvedimento di un Comune con cui, stante il parere negativo della Soprintendenza ed accertata la mancata precisazione delle relative ragioni specifiche e la carenza di motivazione in riferimento alle osservazioni del privato nonché il previo parere positivo della Commissione comunale, venga respinta l’istanza di autorizzazione paesaggistica in sanatoria.

I PRECEDENTI ED I POSSIBILI IMPATTI PRATICO-NORMATIVI

In primis, vanno richiamati gli artt. 2, 3, 9, 24, 41, 42, 97 e 117 Cost., 832 c.c., 116 co. 2 c.p.c., 64 co. 4 c.p.a. nonché 39 l. n. 724/1994.

Bisogna, quindi, focalizzare, sul piano logico-giuridico, sui concetti di illecito, responsabilità, potestà, procedimento, provvedimento ed onere.

Prima facie, si potrebbe pensare ad una sorta di efficacia, ex se e sine conditione, di un parere negativo del Ministero e, precisamente, della Soprintendenza.

Apparentemente, quindi, bisognerebbe stabilire se: a) il privato abbia diritto a formulare istanza ad hoc all’Autorità territoriale ed a ricevere relativa risposta formale; b) l’opera determini, o meno, un aumento della volumetria precedente nonché un impatto visivo recante alterazione dei prospetti dell’edificio.

In realtà, sotto il profilo formale, due le osservazioni da effettuare.

La prima sulla discrezionalità tecnica con cui la Soprintendenza, in subiecta materia, agisce in sede di valutazioni e, comunque, sulla relativa sindacabilità giurisdizionale di legittimità.

La seconda sul rapporto tra provvedimento e motivazione, per cui quest’ultima deve necessariamente precedere il primo (Cons. Stato n. 3882/2011), non essendo infatti (normalmente) consentita l’integrazione postuma della motivazione del provvedimento (Cons. Stato Sez. VI n. 3194/2016).

Sul piano procedurale, la principale osservazione inerisce il comportamento processuale della Soprintendenza: esso si configura in termini di omissione e, quindi, di inadempimento e dal medesimo il magistrato può, dunque, desumere argomenti di prova.

De iure condito, il provvedimento della Soprintendenza deve essere puntualmente motivato.

Rebus sic stantibus, sono irrilevanti la “cronologia” e la “gerarchia” nonché la “efficacia vincolante” del provvedimento se questo risulti generico ovvero insufficientemente motivato: in tal senso, sono indifferenti le dimensioni, modeste o alteranti, dell’intervento così come l’ubicazione dell’edificio in una zona caratterizzata da molteplici interventi analoghi.

Segnatamente, nella fattispecie, il parere “endo-procedimentale” dell’Ente pubblico superiore (finisce per) perde(re) in termini di imperatività, rectius di efficacia.

Appare, quindi, attualmente condivisibile l’orientamento del Consiglio di Stato secondo cui, in ambito di rapporti tra Pubblica Amministrazione e privato, la P.A. statale, in sede di valutazione di vulnus al paesaggio da parte di un’opera realizzata da un privato, non può, contrariamente a quanto sostenuto dal T.A.R. Campania-Napoli Sez. VII n. 1192/2015, limitarsi a richiamare formule stereotipate e generiche e/o ad utilizzare espressioni estremamente sintetiche, a pena di annullamento del relativo parere emesso: va, comunque, effettuata una nuova istruttoria ed una conseguente nuova valutazione, da motivarsi congruamente.


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Alessandro Basso

Avvocato e giornalista pubblicista dall'anno 2003. Ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca Interfacoltà Giurisprudenza ed Agraria in “Uomo-ambiente” ed, altresì, l'abilitazione di geometra. E' conciliatore professionista. Ha lavorato presso vari Enti pubblici e privati, tra cui E.N.E.A., Istituti d’istruzione, Enti di formazione, Province e Comuni, anche come docente, coordinatore e tutor. E' autore di numerose pubblicazioni (commenti a sentenze) su Riviste scientifiche e giuridiche a tiratura nazionale e di vari volumi di Diritto. E’ stato relatore in vari Convegni e conosce la lingua Inglese.

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