Negoziazione Assistita, la comunicazione dell’avvocato nel diritto di famiglia

Negoziazione Assistita, la comunicazione dell’avvocato nel diritto di famiglia

Miei cari lettori, molto si è detto e scritto sull’istituto della Negoziazione Assistita ma, a mio avviso, poco si è detto sulla figura centrale di tale procedura, ovvero l’avvocato della negoziazione.

Questo mio nuovo articolo avrà come protagonista principale la figura dell’avvocato nella negoziazione assistita in materia di diritto di famiglia e come co-protagonista l’istituto della Negoziazione Assistita.

Come ben sappiamo, l’istituto della N.A. è un particolare tipo di procedura introdotta con la legge n. 162/2014 dove l’art. 2 la definisce “un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati iscritti all’albo”.

Seguendo la lettura dell’art. 2 ci accorgiamo come la N.A. sia sottoposta a dei limiti, quali: a) il termine per l’espletamento della procedura, non inferiore ad un mese e non superiore ai tre mesi con proroga su accordo delle parti di ulteriore 30 giorni; b) la N.A. non deve riguardare i diritti indisponibili e cioè quei diritti soggettivi che non possono essere trasmessi dal titolare ad altri soggetti, es. diritti della persona e diritti patrimoniali; c) la N.A. è conclusa per un periodo di tempo determinato dalle parti, fermo restando il termine di cui al comma 2 lettera a); d) la convenzione è redatta a pena di nullità in forma scritta; e) la N.A. è conclusa con l’assistenza di uno o più avvocati; f) gli avvocati certificano l’autografia delle sottoscrizioni apposte alla convenzione sotto la propria responsabilità professionale; g) è dovere deontologico degli avvocati informare il cliente all’atto del conferimento dell’incarico della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita.

Ritengo, quest’ultimo punto dell’articolo 2 della legge 164/2012, importante e fondamentale per l’attività dell’avvocato dove il dovere di informare il proprio cliente sulla possibilità di scelta della N.A. o adire il Tribunale, sia un punto fermo per l’etica professionale di un avvocato. Ma andiamo oltre.

Il principio della N.A. è stato inizialmente quello di ridurre il contenzioso e anche i tempi di attesa. Mi riferisco, quindi alla reale possibilità di evitare di intasare i tribunali civili italiani di contenziosi per così dire “semplici” sul piano sia formale che sostanziale.

Attenzione però: la N.A. non è una forma alternativa ma complementare e cioè aggiunge un qualcosa in più anche se non necessario. Con l’introduzione della N.A. si è modificato anche l’approccio degli avvocati alla loro professione; è bene tener presente che la N.A. non conduce ad una transazione fra gli avvocati ma sono le parti che, incontrandosi e comunicando fra di loro, costituiscono la centralità della funzione della N.A. (”…un accordo mediante il quale le PARTI convengono di cooperare in buona fede…..”( 2 L.162/2014).

La bravura del professionista del diritto, sta nell’essere capace di gestire la comunicazione fra le parti. Questo è un punto di partenza che reputo importantissimo per chi fa questa professione.

Gli avvocati, nella N.A., devono essere in grado di: accompagnare le parti in un percorso di comunicazione positiva che possa aiutare a negoziare sia l’una che l’altra parte; devono avere la capacità di ascoltare la parte e “intuire” un eventuale rifiuto di una parte di incontrare l’altra; devono capire, attraverso una tipologia di domande se indirizzare la persona ad una negoziazione oppure no.

Domandare al proprio cliente che è in procinto di separarsi quali aspettative ha per il futuro oppure che cosa si aspetta per i suoi figli dopo la separazione, sono interrogativi che vanno a formare quella tipologie di domande “aperte” che aiutano l’avvocato, oltre che la parte interessata, a consigliare, intraprendere o meno “la strada della negoziazione assistita”.

Come avete ben letto io ho scritto “strada” non a caso ma volutamente perché la N.A. è un processo in divenire dove l’accordo deve essere costruito insieme con gli operatori del diritto, le parti e i tecnici (es. psicologi o psicoterapeuti).

Ebbene, ora la mia domanda è: qual è il grado di comunicazione dell’avvocato? L’avvocato, nella N.A. è in grado di condurre positivamente la convenzione?

Io non ho una risposta se non quella di fare un po’ di chiarezza sul ruolo che deve vestire l’avvocato nella N.A. riportando una serie di obblighi sia normativi che deontologici ai quali attenersi, quali: l’obbligo di informare, l’obbligo di certificare le firme, l’obbligo di attestare l’accordo raggiunto, l’obbligo di aver informato le parti al ricorso alla mediazione familiare, l’obbligo di comportarsi con lealtà e buona fede  (ricordiamo il divieto da parte dell’avvocato, in caso di separazione e/o divorzio di ascoltare il minore nel proprio studio), obbligo di riservatezza delle informazioni ed infine l’obbligo di invio dell’accordo al Consiglio dell’ordine di appartenenza che se disatteso non è soggetto ad alcuna sanzione.

La procedura della N.A. inizia con la stesura di una lettera di invito a ricorrere alla N.A. dove solitamente il termine per la risposta è di 30 gg ma che può ridursi fino a 15 gg. L’invito deve contenere una completa prospettazione delle ragioni di fatto e di diritto sulle quali si basa la pretesa della parte. A seguito della lettera di invito possiamo avere due tipologie di risposta: la mancata accettazione dove l’avvocato della parte ricevente l’invito rilascia una certificazione che comunica la non accettazione; l’accettazione e quindi l’adesione con una bozza di convenzione a cui seguirà un incontro fra gli avvocati delle due parti.

Compiuto il passo dell’adesione le parti si obbligano ad intavolare una trattativa dove si potranno inserire o no determinate questioni care alle parti. A tal proposito si consiglia di stabilire un calendario di argomenti da trattare negli incontri (se ne consigliano almeno 4) il tutto per facilitare sia il prosieguo della trattativa che avere conoscenza dei punti sui quali si tratta.

Nel primo incontro tra tutte le parti è utile che gli avvocati spieghino come si organizza, come si svolge la N.A., quali sono le regole da seguire e rispettare e ricordare sempre che gli avvocati, in questa sede,  non vestono i panni di antagonisti ma di alleati. E’ importante spiegare al primo incontro che la N.A. ha una funzione collaborativa e non ostativa.Infatti, in occasione del primo incontro a 4, con avvocati e parti, lo stesso deve essere CIRCOLARE ovvero  è utile sedersi a forma di cerchio e cercare di parlare solo di quelle questioni inserite nel calendario già predisposto per quell’incontro.

Altro step importante è quello di redigere alla fine di ogni incontro un verbalino delle attività svolte all’interno dell’incontro stesso. E’ utile, inoltre, cercare di organizzare i successivi incontri in tempi ravvicinati, es. 2 volte in un mese, perché meno tempo passa da un incontro ad un altro e più alte sono le probabilità di ottenere buoni risultati.

Alla fine di tutti gli incontri si redige un processo verbale con procura speciale in calce per la N.A. e da quel momento in poi le parti, con la loro sottoscrizione, siglano la convenzione raggiunta. L’attività dell’avvocato si esaurisce con l’invio al Comune di appartenenza delle parti per le necessarie modifiche. Comunicazione e capacità di ascolto sono le parole chiave che devono entrare nel bagaglio formativo dell’avvocato che si prepara ad affrontare la N.A. in materia di diritto di famiglia. Una materia molto delicata che ha bisogno di un grande impegno e di una capacità di ascolto da parte dell’avvocato che, ad avviso di chi scrive, non può essere improvvisata.

Nel ringraziarvi per il tempo che mi avete dedicato, vi do appuntamento al prossimo articolo.

Maria Teresa Federico
Avvocato del Foro di Roma

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