Non sempre la quietanza ha efficacia di piena prova dell’avvenuto pagamento

Non sempre la quietanza ha efficacia di piena prova dell’avvenuto pagamento

In tema di recupero crediti, capita di imbattersi in vicende assai complesse che inducono a componimenti bonari delle liti giudiziarie, al solo scopo di evitare sentenze dagli effetti giuridici non auspicabili. Un argomento, tra i tanti che desta sempre preoccupazioni, è la quietanza nelle sue declinazioni.

DIFFERENZA TRA QUIETANZA TIPICA E QUIETANZA DI COMODO

Generalmente con il termine quietanza si intende  una dichiarazione unilaterale del creditore, con la quale si afferma l’adempimento della prestazione obbligatoria dovuta dal debitore. La giurisprudenza è unanime nel sostenere che la quietanza abbia piena efficacia probatoria, rappresentando un chiaro esempio di confessione stragiudiziale, ai sensi dell’art. 2735 c.c., la cui non veridicità può essere dimostrata solo in caso dipenda dall’erronea rappresentazione o percezione del fatto contestato, ovvero dalla coartazione della volontà del creditore, ex art. 2732 c.c..[1] Nella quotidianità sono stati riscontrati molti casi che hanno indotto la dottrina, e poi la giurisprudenza, ad analizzare un’ipotesi atipica di quietanza: la cd. quietanza di comodo o di favore o anche detta quietanza apparente. Si tratta di una dichiarazione, scritta, di avvenuto adempimento che formalmente è rilasciata dal creditore ma, sostanzialmente, è il risultato di un accordo tra creditore e debitore, intenzionati a rendere apparente l’adempimento ma non giuridicamente esistente. Pertanto, il creditore può dimostrare l’ esistenza di tale accordo simulatorio, e conseguentemente la reale portata della quietanza apparente, solo mediante una controdichiarazione, cioè a mezzo di un atto scritto.

LA PROVA DELLA SIMULAZIONE DELLA QUIETANZA DI COMODO

Molto spesso accade che la suddetta controdichiarazione sia stata distrutta, o diventi irreperibile per altri motivi, o addirittura che non sia mai esistita avendo le parti confidato nel mero accordo verbale. In queste circostanze dimostrare la simulazione diventa molto complicato.

Nel 2002 è stata sottoposta all’attenzione degli Ermellini il caso di una quietanza rilasciata all’acquirente di un’autovettura, senza nulla aver incassato, allo scopo di fargli ottenere dalla Regione Emilia Romagna il finanziamento previsto dal D.M. del 18/08/76 (C.Cass., Sez. Un., Civ. sent. del 13/05/2002 n. 6877). Le Sezioni Unite hanno delineato, per la prima volta, l’ipotesi della quietanza di comodo ed hanno chiarito il divieto della prova testimoniale avente ad oggetto l’accordo simulatorio. Tale statuizione fonda le sue radici nel combinato disposto degli artt. 2722 e 2726 c.c.: il legislatore ha esteso, al pagamento,  il divieto di provare con testimoni i patti contrari o aggiunti al contenuto di un documento scritto. Considerato che la quietanza è la prova documentale del pagamento e che l’accordo simulatorio si configura come uno di quei patti, aggiunti o contrari alla quietanza (documento scritto), sembrerebbe che la simulazione della quietanza potrebbe essere dimostrata soltanto mediante una controdichiarazione. Purtroppo la Corte di Cassazione non ha esplicitato in modo esaustivo il ragionamento giuridico posto alla base del suo disposto. In realtà l’art. 2726 c.c. recita : “Le norme stabilite per la prova testimoniale dei contratti si applicano anche al pagamento e alla remissione del debito”. Ciò significa che, oltre all’art. 2722 c.c., trova applicazione anche l’art. 2724 c.c. che prevede ben tre ipotesi derogative al divieto di prova testimoniale: 1) il principio di prova per iscritto; 2) l’impossibilità morale o materiale di procurarsi la prova scritta; 3) lo smarrimento senza colpa della prova scritta.

ECCEZIONI AL DIVIETO DI PROVA TETIMONIALE

Nonostante la “sintetica” pronuncia del 2002, non si è raggiunto un’uniformità di orientamento, tanto che si è reso necessaria un’ulteriore sentenza della Corte di Cassazione. Le Sezioni Unite nel 2014 hanno confermato il seguente principio ermeneutico, offerto dalla sentenza n. 6877/2002:“…il creditore, autore della quietanza “di favore”, rilasciata nella piena consapevolezza della sua non rispondenza al vero in attuazione di un accordo simulatorio con il debitore, è ammesso a contestare la contra se pronuntiatio asseverativa del ricevimento del pagamento contenuta nella quietanza, e a neutralizzarne la vincolatività e l’efficacia di prova legale, nei limiti di mezzo rivenienti dagli artt. 1417, 2722 e 2726 cod. civ., quindi, di regola, non mediante testimoni, ma attraverso la produzione della controdichiarazione scritta, ferma restando l’ammissibilità della prova testimoniale, oltre che nelle ipotesi previste dall’art. 2724 cod. civ., quando questa sia diretta a consentire un recupero di legalità per il tramite dell’emersione della illiceità dell’intesa simulatoria sottesa al rilascio della quietanza ideologicamente falsa. Questo principio si fonda sul rilievo che nella quietanza “di favore” l’oggetto della prova è costituito dall’accordo simulatorio sotteso all’emissione della quietanza… ( C.Cass., Sez. Un., Civ.  Sent. del 22/09/14 n. 19888). A seguito di tali pronunce, gli Ermellini hanno più volte ammesso, in tema di simulazione assoluta[2], la prova testimoniale e per presunzioni (ex art. 2729 c.c.) alla presenza di un principio di prova per iscritto ex art. 2724 n. 1 c.c. [3]

Tribunale di Benevento sentenza 854/2018

Recentemente a Benevento, è stato valutato un caso analogo a quello affrontato dalle Sezioni Unite nel 2002.Il caso trattava di una quietanza rilasciata alla committente di un impianto fotovoltaico,  senza nulla aver incassato, allo scopo di farla beneficiare del contributo economico previsto dalla legge n. 10/91. La committente, successivamente alla liquidazione del predetto contributo, aveva corrisposto alla società appaltatrice solo alcuni acconti, a mezzo bonifici postali, nonostante l’accordo prevedesse l’intero importo fatturato. Conseguentemente la società appaltatrice otteneva un D.I. per il credito residuo, che veniva immediatamente impugnato. La committente eccependo l’avvenuto pagamento, produceva in giudizio la fattura quietanzata. Il magistrato, in via preliminare individuava la presenza di più principii di prova per iscritto negli ordini di bonifico postale, sottoscritti dalla committente, nella cui causali c’era un chiaro riferimento alla fattura e agli acconti. Inoltre il giudice evidenziava che: 1) i bonifici risultavano successivi alla data della fattura quietanzata; 2) il bando di gara (relativo all’accesso al contributo economico) prevedeva un iter amministrativo che confutava la ricostruzione dei fatti della committente; 3) dagli estratti conto dell’appaltatrice risultavano soltanto gli acconti a mezzo bonifici postali, nella totale assenza di prove relative al modo in cui l’importo finanziato (di rilevante entità e soggetto alle regole di tracciabilità) fosse confluito nel patrimonio della società opposta. “Tali elementi indiziari connotati da gravità e concordanza, unitamente alla mancata presentazione della sig.ra  XXXX a rendere il deferito interrogatorio formale, … debbono ritenersi sufficienti a dimostrare che la fattura n. xx/xx non è mai stata realmente pagata”. (Trib. di Benevento, sez. Civ., sent. n. 854 del 09/05/2018).

Pertanto il giudice sannita non si è fermato difronte al divieto di prova testimoniale in caso di pagamento e alla mancanza di una controdichiarazione, ma ha giustamente focalizzato l’attenzione sulla presenza di principii di prova per iscritto (conformi alle caratteristiche indicate dall’art. 2724 n. 1 c.c.). Inoltre, a differenza delle pronunce delle Sezioni Unite, il Tribunale di Benevento ha evidenziato l’esistenza di fatti capaci di offrire elementi gravi, precisi e concordanti (cd presunzioni ex art. 2729 c.c.). Dunque è stato applicato al disposto giurisprudenziale, ormai consolidato, un dato normativo ulteriore: l’ammissione delle presunzioni nel caso in cui la legge non esclude la prova per testimoni!

Tale sentenza, pur non avendo la medesima portata di una pronuncia di legittimità, ha reso possibile constatare che “la quietanza non sempre vale come prova dell’avvenuto pagamento”.

 Avv. Maria Rosaria Mainolfi


[1] Tale orientamento trova riscontro anche nell’ordinanza n. 4842/2018 emessa dalla C. Cass.,sez. VI, Civ.,  che precisa quando la quietanza ha valore di confessione stragiudiziale e quando invece sia “… priva di effetti vincolanti e rappresenta solo un documento probatorio dell’avvenuto pagamento, liberamente valutabile dal giudice del merito, al pari di ogni altra prova acquisita al processo”. “… gli effetti di una dichiarazione avente valore di confessione stragiudiziale si producono se e nei limiti in cui essa sia fatta valere nella controversia in cui sono parti, anche in senso processuale, gli stessi soggetti, rispettivamente, autore e destinatario della dichiarazione…. (cfr. Cass. 2.4.1996, n. 3055; altresì Cass. (ord.) 19.10.2017, n. 24690; Cass. 1.3.2005, n. 4288)” .
[2] Per completezza di discorso, si fa notare che la quietanza di comodo rappresenta un’ipotesi di simulazione assoluta per la quale è prevista una disciplina parzialmente differente da quella adottata in caso di simulazione relativa. Difatti l’oggetto della prova testimoniale, nell’ipotesi della simulazione relativa, è rappresentato dal contratto dissimulato, caratterizzato da requisiti di sostanza e di forma ex art. 1414 c.c.. Tale contratto è equiparabile a quei patti contrari e contemporanei previsti dall’art. 2722 c.c. ma, dovendo essere connotato da una forma scritta (ad substantiam o ad probationem), trova applicazione l’art. 2725 c.c. che prevede l’ammissibilità della prova per testi “solo” nel caso di smarrimento del documento senza colpa del contraente. (Cfr C. Cass. Civ. sez. II, n. 21637/2009, Cass., n. 3234, del 18 febbraio 2015, Cass. Sez. Un. Sent. n. 7246/2007)
[3] vedi C. Cass. Civ. sent. n. 3869/2004, C.Cass. Civ. sent. n. 10240/2007, C.Cass. Civ. sez. II  sent. Del 18 febbraio 2013 n. 3973,C.Cass. Civ., sez. II, sent. del 6 febbraio 2014, n.2725,  C.Cass. Civ sez. I sent. del 28/07/2015 n. 15845, C. Cass. Civ. sez II sent. del 21/07/2016 n. 15060, C.Cass Civ. sez I sent del 03/06/2016 n. 11467, C.Cass. Civ.sez. II sent del 20/03/2017 n. 7093).

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