Ordinanza contingibile ed urgente: illegittimo il divieto per i cani di entrare nei parchi pubblici

Ordinanza contingibile ed urgente: illegittimo il divieto per i cani di entrare nei parchi pubblici

T.A.R. Toscana, sez. I, 16 maggio 2017, n. 694

Con l’ordinanza n. 27 del 14 giugno 2011 il Sindaco del Comune di Sestino, avvalendosi dei poteri di cui all’art. 50, d.lgs. n. 267/2000, disponeva il divieto di accesso di cani, anche accompagnati dai rispettivi conducenti, al parco pubblico Bracchi, essendo stata riscontrata “la presenza di numerosi escrementi canini in ambito urbano comunale”. L’associazione “Lega per l’Abolizione della Caccia” impugnava tale atto chiedendone l’annullamento, previa sospensione.

Con ordinanza n. 968 del 6 settembre 2011 veniva respinta l’istanza incidentale di sospensione dell’atto impugnato “Considerato che sussistono dubbi sulla legittimazione dell’associazione ricorrente e che non è dimostrata la sussistenza del periculum in mora, essendo il divieto operante in una zona specifica e circoscritta”.

Nella sentenza qui in esame, invece, il Collegio, rivedendo con una più approfondita ponderazione quanto ritenuto con l’ordinanza cautelare, ha ritenuto che sussista la legittimazione a ricorrere dell’associazione.

Si è infatti più volte affermato che, ai sensi degli artt. 13 e 18, l. 8 luglio 1986, n. 349 — che attribuiscono alle associazioni ambientalistiche riconosciute, in via generale, la legittimazione processuale per la tutela degli interessi di cui le stesse risultano portatrici — sussiste sempre la legittimazione ad agire in capo a un organismo associativo con finalità ambientalistiche avverso provvedimenti lesivi degli interessi diffusi o collettivi, perseguiti e protetti, tra i quali rientra quello ad un corretto rapporto con gli animali in genere e con gli addomesticati, in particolare (T.A.R. Molise, 17 febbraio 2014 n. 104; T.A.R. Puglia – Lecce, n. 732/2013; TAR Veneto, sez. III, 16 novembre 2010, n. 6045; ma vedasi anche Cass. pen., sez. III, 4 ottobre 2016 n. 52031, in tema di legittimazione di tali associazioni a costituirsi parte civile nei procedimenti relativi a reati commessi ai danni di animali).

Nel caso concreto, l’art. 2 dello Statuto stabilisce che lo scopo dell’associazione è quello di promuovere la difesa della fauna ed il riconoscimento dei diritti soggettivi di tutti gli animali e che, a tal fine, l’associazione “attua o favorisce tutte le iniziative giuridiche, politiche, culturali…idonee”.

Tanto premesso, il Collegio ha ritenuto il ricorso fondato anche nel merito, assumendo assorbente rilievo quanto dedotto con il primo e terzo motivo in relazione all’insussistenza dei presupposti di cui dell’art. 50, co. 5, d.lgs. n. 267/2000 e al difetto di istruttoria e di motivazione.

Dispone la norma in parola che il sindaco può emettere ordinanze contingibili e urgenti “in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale”.

La disposizione è pacificamente interpretata nel senso che l’esercizio da parte del sindaco di tale potere extra ordinem presuppone il requisito della necessità di un intervento immediato, al fine di rimuovere uno stato di grave pericolo per l’igiene e/o la salute pubblica e caratterizzato da una situazione eccezionale e/o imprevedibile da fronteggiare per mezzo di misure straordinarie di carattere provvisorio e, pertanto, non adeguatamente contrastabile tramite l’utilizzo degli ordinari mezzi di carattere definitivo previsti dall’ordinamento giuridico (tra le più recenti, T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 5 novembre 2015 n. 746; T.A.R. Campania, sez. III, 1 giugno 2015 n. 3011; T.A.R. Lombardia, sez. III, 15 dicembre 2014 n. 3039).

Si è altresì rilevato che, in quanto derogano al principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi, le ordinanze contingibili e urgenti impongono la precisa indicazione del limite temporale di efficacia, in quanto solo in via temporanea può essere consentito l’uso di strumenti “extra ordinem“, che permettono la compressione di diritti ed interessi privati con mezzi diversi da quelli tipici indicati dalla legge (T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 13 febbraio 2015 n. 455).

Nel caso di specie, il provvedimento impugnato, oltre a non recare alcuna indicazione in ordine ai suoi limiti temporali di efficacia, non è apparso sorretto da una adeguata istruttoria in ordine all’esistenza effettiva di un’emergenza sanitaria o di igiene pubblica, tale evidentemente non potendo considerarsi la mera rilevazione di “escrementi canini in ambito urbano comunale”.

La Regione Toscana, con la legge n. 597/2009 ha disciplinato la “tutela degli animali” da affezione, stabilendo all’art. 19 che “ai cani accompagnati dal proprietario o da altro detentore è consentito l’accesso a tutte le aree pubbliche e di uso pubblico, compresi i giardini, i parchi e le spiagge; in tali luoghi è obbligatorio l’uso del guinzaglio e della museruola qualora previsto dalle norme statali”. Stabilendo al secondo comma che è vietato l’accesso ai cani solamente “in aree destinate e attrezzate per particolari scopi, come le aree gioco per bambini, qualora a tal fine sono chiaramente delimitate e segnalate con appositi cartelli di divieto”.

Pertanto, il Collegio ha accolto il ricorso ed ha disposto il conseguente annullamento dell’atto impugnato condannando, altresì, il Comune al pagamento delle spese processuali.


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