PAT: valida la notifica del ricorso firmato secondo il formato CAdES

PAT: valida la notifica del ricorso firmato secondo il formato CAdES

T.A.R. Campania – Napoli, sez. IV, 4 aprile 2017, n. 1799

a cura dell’Avv. Giacomo Romano

 

Fatto

Una coppia di genitori agiva in giudizio al fine di ottenere l’annullamento di un provvedimento emesso dall’Amministrazione scolastica, con cui si affermava che al loro figlio minore di età (già riconosciuto portatore di handicap con connotazione di gravità ai sensi della L. 104/1992), sarebbe stato riconosciuto, per l’anno scolastico 2016/2017, un insegnante di sostegno per un numero di ore settimanali (18) ritenuto non sufficiente rispetto alla patologia dalla quale il minore risulta affetto.

Il ricorso era affidato alle censure di violazione di legge sub specie di violazione dei principi costituzionali di cui agli artt. 3, 32 e 38 Cost., nonché di violazione degli artt. 1, 3, 8, 12-16 della L. 104/92, di varie norme internazionali e applicative della predetta legge 104/92, oltre che a varie censure di eccesso di potere sotto diversi profili.

Le Amministrazioni intimate, costituitesi in giudizio, depositavano documentazione e chiedevano il rigetto del ricorso.

Il Comune di Napoli, inoltre, eccepiva la nullità della notifica per essere il ricorso stato notificato con firma apposta secondo il formato ‘pdf’ CAdES (estensione *pdf.p7m) e non nel formato PAdES (estensione *.pdf).

L’avvocatura del Comune sosteneva che la notifica così effettuata sarebbe inesistente e quindi non sanabile come, invero, già affermato dalla giurisprudenza in sede di prima applicazione del processo amministrativo telematico (T.A.R. Basilicata, Sentenza n. 160/2017 del 14.02.2017).

Diritto

In primo luogo, va osservato che le norme delle specifiche tecniche prescrivono che gli atti depositati siano firmati digitalmente secondo la struttura PAdES-BES (artt. 6, comma 4 e 5, e 12, comma 6, dell’Allegato A al D.P.C.M. n. 40 del 16.2.2016), ma non impongono espressamente che tale formato sia utilizzato per la notifica alle altre parti.

Tanto è confermato dalla lettura delle norme citate, espressamente riferite ai moduli di deposito (art. 6: «4. Il ModuloDepositoRicorso e il ModuloDepositoAtto sono in formato PDF, sottoscritti con firma digitale PAdES. 5. I documenti digitali da allegare ai moduli di cui ai commi 1 e 2, compreso il ricorso, sono inseriti in un unico contenitore. La firma digitale PAdES, di cui al comma 4, si intende estesa a tutti i documenti in essi contenuti») e agli atti da depositare (art. 12 co. 5: «1. L’atto del processo in forma di documento informatico può essere depositato esclusivamente nei seguenti formati: a) PDF – PDF/A ottenuto da trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia parti (…) 6. La struttura del documento con firma digitale è PAdES-BES»).

Parimenti, la norma che regola la notificazione nell’ambito del P.A.T. (art. 14 delle citate specifiche tecniche, all. A al D.P.C.M. 40/2016) richiede il rispetto dei formati di cui all’art. 6, 7, 8, e 12 delle specifiche tecniche (PAdES-BES) solo ai fini del “deposito della documentazione riguardante la notificazione”, mentre non reca analoga prescrizione in ordine alle modalità di effettuazione della notificazione stessa; l’eventuale irregolarità del formato della firma digitale appare, semmai, riferibile al deposito della prova della notificazione effettuata a mezzo PEC (l’atto notificato non è firmato secondo la struttura PAdES-BES), ma non alla notificazione in sé che è stata legittimamente effettuata mediante uno dei formati ammessi dall’ordinamento, secondo quanto sarà meglio specificato nel capo che segue.

In secondo luogo, va osservato che, l’obbligo del formato PAdES è sancito dalle specifiche tecniche di cui all’allegato A del D.P.C.M. 40/2016, da qualificarsi quale regolamento “ministeriale” ai sensi dell’art. 17 co. 3 della L. 400/1988.

Si tratta, quindi, di una fonte secondaria (o, più precisamente, sub secondaria in quanto subordinata ai regolamenti governativi; v. anche, per la ricostruzione del contesto normativo, C.d.S., sezione consultiva atti normativi, n. 66/2016 del 20/01/2016) che ha lo scopo di specificare in chiave esecutiva quanto stabilito dalla norma primaria (art. 17 co. 1 lett. a L. 400/1988). La norma primaria a cui le menzionate specifiche tecniche danno esecuzione è l’art. 13 delle NTA (all. 2) del c.p.a. che, appunto, sancisce: «con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa e il DigitPA, sono stabilite, nei limiti delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, le regole tecnico-operative per la sperimentazione, la graduale applicazione, l’aggiornamento del processo amministrativo telematico, tenendo conto delle esigenze di flessibilità e di continuo adeguamento delle regole informatiche alle peculiarità del processo amministrativo, della sua organizzazione e alla tipologia di provvedimenti giurisdizionali».

La breve ricostruzione normativa appena operata dimostra come le “specifiche tecniche” di cui si discute rispondano, appunto, a esigenze eminentemente operative, legate alla peculiare configurazione del sistema informatico della G.A. (cd. S.I.G.A.).

Ebbene, in casi analoghi, la giurisprudenza ha affermato che la mera violazione di norme tecniche non può comportare la invalidità degli atti di procedura compiuti qualora non vengano in rilievo la violazione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione finale.

In tal senso, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che «le forme degli atti del processo non sono prescritte dalla legge per la realizzazione di un valore in sè o per il perseguimento di un fine proprio ed autonomo, ma sono previste come lo strumento più idoneo per la realizzazione di un certo risultato, il quale si pone come l’obiettivo che la norma disciplinante la forma dell’atto intende conseguire» (Cassazione civile, sez. II, 12/05/2016, n. 9772); conseguentemente, la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali «non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione» (Cassazione civile, sez. trib., 18/12/2014, n. 26831).

L’applicazione di simili principi a fattispecie assimilabili alla presente ha condotto a salvaguardare l’efficacia di atti che, per quanto irregolari rispetto alle norme che regolano il processo civile telematico, avessero raggiungo il proprio scopo; in particolare, è stato considerato meramente irregolare e, quindi, sanabile ai sensi dell’art. 156 c.p.c. la notifica del controricorso, effettuata a mezzo PEC, ma in formato ‘word’ anziché in formato ‘pdf’ come previsto dalle norme tecniche (Cassazione civile, sez. un., 18/04/2016, n. 7665; v. anche Cass., sez. II, n. 9772/2016, cit., in tema di deposito degli atti effettuato telematicamente).

Infine, alla stessa conclusione di efficacia della notifica in esame, sebbene effettuata in un formato non conforme alle menzionate specifiche tecniche, conduce l’esame della normativa comunitaria in materia.

Al fine di garantire una disciplina uniforme della firma digitale nell’U.E., sono stati adottati degli standard europei mediante il cd. regolamento eIDAS (Regolamento UE n° 910/2014) e la decisione esecutiva della Commissione europea 2015/1506 dell’8 settembre 2015 (richiamati dal sito dell’Agenzia per l’Italia digitale, AgID, dal quale è anche possibile accedere alla procedura telematica di “validazione” delle firme medesime). Ebbene, tali atti normativi comunitari impongono agli stati membri di riconoscere le firme digitali apposte secondo determinati standard tra i quali figurano sia il CAdES sia il PAdES.

Le specifiche tecniche del processo amministrativo, aventi, come si è detto, valore regolamentare, assumono, quindi, un carattere eccezionale rispetto alla disciplina generale di matrice europea.

Orbene, seppure si ammettesse la legittimità di una simile soluzione in rapporto alla menzionata normativa europea – scongiurando così la disapplicazione della normativa interna di rango regolamentare (disapplicazione ormai ammessa dalla prevalente giurisprudenza amministrativa in applicazione del principio di gerarchia delle fonti; v., ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 28/09/2016, n. 4009) –, anche alla luce della menzionata normativa comunitaria, non può essere condivisa la tesi secondo cui la sottoscrizione digitale apposta mediante il formato CAdES sia da considerare addirittura inesistente così da impedirne la sanatoria secondo gli ordinari meccanismi processuali (art. 44 co. 3 del c.p.a.).

Infatti, come pure si è accennato, la menzionata normativa regolamentare sancisce l’obbligo di utilizzare il formato di sottoscrizione PAdES per ragioni strettamente “tecniche” – legate alla configurazione del sistema informatico della G.A., cd. SIGA – non essendo in discussione la generale affidabilità degli altri formati di sottoscrizione digitale ammessi a livello comunitario.

Quand’anche le si ritenesse applicabili anche agli atti da notificare e non solo a quelli da depositare, la violazione delle specifiche tecniche non potrebbe, quindi, determinare l’inesistenza della notifica del ricorso sottoscritto digitalmente secondo il formato CAdES; esso è, infatti, un formato generalmente ammesso nel nostro ordinamento ai sensi della menzionata normativa europea. L’utilizzo di questo secondo formato di firma digitale anziché del primo, potrebbe, al più, determinare l’insorgenza di una irregolarità della notifica che, da considerare pur sempre esistente, sarebbe stata sanata, nel caso di specie, in regione dell’avvenuta costituzione degli enti intimati ai sensi dell’art. 44 co. 3 del c.p.a..

Pertanto, la notifica del ricorso alle amministrazioni intimate è stata ritenuta efficace anche se eseguita mediante atti firmati digitalmente in formato CAdES.


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Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
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Avv. Giacomo Romano

Ideatore e Coordinatore at Salvis Juribus
Nato a Napoli nel 1989, ha conseguito la laurea in giurisprudenza nell’ottobre 2012 con pieni voti e lode, presso l'Università degli Studi di Napoli Federico II, discutendo una tesi in diritto amministrativo dal titolo "Le c.d. clausole esorbitanti nell’esecuzione dell’appalto di opere pubbliche", relatore Prof. Fiorenzo Liguori. Nel luglio 2014 ha conseguito il diploma presso la Scuola di specializzazione per le professioni legali dell'Università degli Studi di Napoli Federico II. Subito dopo, ha collaborato per un anno con l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli occupandosi, prevalentemente, del contenzioso amministrativo. Nell’anno successivo, ha collaborato con uno studio legale napoletano operante nel settore amministrativo. Successivamente, si è occupato del contenzioso bancario e amministrativo presso studi legali con sede in Napoli e Verona. La passione per l’editoria gli ha permesso di intrattenere una collaborazione professionale con una nota casa editrice italiana. È autore di innumerevoli pubblicazioni sulla rivista “Gazzetta Forense” con la quale collabora assiduamente da giugno 2013. Ad oggi, intrattiene collaborazioni professionali con svariate riviste di settore e studi professionali. È titolare di “Salvis Juribus Law Firm”, studio legale presso cui, insieme ai suoi collaboratori, svolge quotidianamente l’attività professionale avendo modo di occuparsi, in particolare, di problematiche giuridiche relative ai Concorsi Pubblici, Esami di Stato, Esami d’Abilitazione, Urbanistica ed Edilizia, Contratti Pubblici ed Appalti.

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