Pedopornografia virtuale e l’interdizione perpetua ex 600 septies c. 2 c.p nel sindacato giudiziale

Pedopornografia virtuale e l’interdizione perpetua ex 600 septies c. 2 c.p nel sindacato giudiziale

La sentenza n. 22262 del 09.05.17 della Suprema Corte offre interessanti spunti di riflessione sulla valutazione giudiziale in materia di pene accessorie.

Il ricorso dal quale nasce la pronuncia della Suprema Corte ha visto il ricorrente proporre quale motivo di doglianza proprio quello in cui gli si comminava la pena accessoria dell’interdizione perpetua di cui al secondo comma dell’articolo 600 septies.

Nonostante il ricorso sia stato dichiarato inammissibile e non abbia, pertanto, affrontato la vicenda nel suo complesso, il giudice di legittimità non ha mancato di produrre un’analisi sui presupposti di cui il giudice, in sede di merito, deve attenersi per la commisurazione della pena ex art 133 c.p, in particolare di quella specifica pena accessoria di cui all’art 600 septies c°2 c.p quando si tratti di reati di pedopornografia.

Premettendo che la determinazione della pena costituisce il risultato di una valutazione complessiva di una serie di elementi cosi come disciplinato dall’art 133 c.p, e che laddove questo è rispettato non si possa procedere all’esame della doglianza proposta in sede di legittimità dalla difesa dell’imputato chiamato a rispondere del reato di cui all’articolo 600 quater c.p.

Dall’accertamento della corte di merito territoriale è infatti emerso come l’attività illecita dell’imputato (detenzione di materiale pedopornografico) sia non episodica o occasionale seppure quantitativamente limitata, ed è su questo punto che risulta non censurabile la decisione del giudice di merito. Infatti il giudice ha ben proceduto al giudizio di equivalenza tra tale attività “minima” e misura della pena rendendo cosi più forte la motivazione alla base della decisione. Inoltre neppure sembra degna di accoglimento, secondo la S. C la doglianza sul mancato accoglimento della richiesta circa la sospensione condizionale dato che l’imputato era già stato condannato per un reato affine.

A fortiori del trattamento sanzionatorio comminato dal giudice di merito la Suprema Corte sottolinea la finalità della novella legislativa dei reati sessuali a danno dei minori ( legge 172/2012) con la quale si è data esecuzione alla Convenzione di Lanzarote; quest’ultima si propone di assicurare una tutela dei minori piena ed effettiva e di cui la “contestata” pena accessoria costituisce una delle misure special – preventive più significative.

La Suprema Corte ricorda come la genesi e la funzione della norma 600 septies c°2 è proprio quello di punire in funzione special preventiva anche quei soggetti che pur non avendo causato un danno o un qualsiasi pregiudizio ad un minore individuato, abbiano comunque manifestato una propensione ad attività dirette e indirette allo scambio di materiale pedopornografico.

Infatti tali condotte rappresentano “campanelli di allarme” e indici di pericolosità sociale indipendentemente dalla verificazione di un pregiudizio a soggetti determinati, cui far fronte tra l’altro, mediante sanzione accessoria qual è quella della interdizione dagli uffici di tutela, curatela e altri istituti di cui i minori possano essere destinatari.

Emerge da tale vicenda un forte orientamento giurisprudenziale, di merito e di legittimità, teso ad apprestare la tutela più idonea ed efficace ai minori lesi da tali illeciti.

Ed è da salutare quindi con favore la posizione dei giudici di legittimità espressa nel seguente principio di diritto: “la pena accessoria dell’ interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine o grado nonché in istituzioni o strutture pubbliche o private frequentate abitualmente da minori di cui all’art 600 septies configurabile anche in caso di pedopornografia virtuale (nella fattispecie, commessa mediante il fotomontaggio di frammenti di fotografie di minori)”. 


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