Potere di disposizione del comproprietario nei vari tipi di comunione

Potere di disposizione del comproprietario nei vari tipi di comunione

La contitolarità di più beni, appartenenti a proprietari diversi, dà la possibilità di sfruttare il loro valore economico, e non solo, nella loro complessità dando vita al fenomeno della comunione. La comunione è la comproprietà di più soggetti su beni di proprietà o di diritti reali: questa viene classificata come comunione ordinaria ai sensi dell’art. 1100 cc.  È un tipo di comunione plurima parziaria perché ciascun titolare è proprietario sull’intero bene, ma a sua volta, esercita il suo diritto in maniera proporzionale alla quota che gli spetta. Ogni comproprietario dispone di una quota in base alla quale può amministrare, godere, cedere il suo diritto di proprietà; sempre nei limiti del rispetto del diritto altrui. Infatti, egli non può vendere o cedere la sua quota di proprietà senza tenere conto delle prerogative degli altri comproprietari, in quanto il suo diritto viene esercitato in comunione. La quota che si presume uguale per tutti, attribuisce diritti ed obblighi: il comproprietario può disporre della cosa nel limite della sua quota, ha diritto di concorre nella gestione del bene. Nel caso di vendita della sua parte o di costituzione di diritti reali, è necessario il consenso di tutti i comproprietari; così come, nel caso di miglioramenti da apportare o innovazione della cosa, purché non incidano in modo considerevole sul diritto di godimento degli altri contitolari. Vengono in generale riconosciute facoltà e diritti ai comproprietari da utilizzare nel rispetto e nel limite della loro quota.

Dalla comunione ordinaria, si distinguono quella legale ed ereditaria. La prima, disciplinata dagli artt. 177 e ss cc., attiene al rapporto patrimoniale della famiglia. La comunione legale è la regola che disciplina i rapporti tra i coniugi, salvo la volontà di questi di prevedere diversamente. Oggetto della comunione sono tutti i beni acquistati dai coniugi insieme o anche prima del matrimonio, con esclusione di quelli strettamente personali. In quest’ultima categoria, vi rientrano ad esempio i beni acquistati prima del matrimonio per effetto di donazione, quelli attinenti all’esercizio della professione del coniuge o beni ottenuti come titolo di risarcimento del danno. Vengono esclusi tutti quelli che attengono alla sfera propria della persona. Caratteristica fondamentale della comunione legale è che i coniugi dispongono dei beni nella loro totalità, non vi è una quota di ripartizione. Questo perché, nell’ottica del matrimonio, i beni possono essere utilizzati da entrambe le parti, senza limitazioni, per via dello scopo economico-affettivo che svolgono. In quanto famiglia, si dà la possibilità di usare i beni necessari allo sviluppo, mantenimento della stessa e alla soddisfazione degli interessi familiari. Non essendoci una quota che ripartisce la proprietà, la natura della comunione legale è plurima solidale perché questa nasce dal fatto che le parti sono titolare di diritti aventi ad oggetto i beni della comunione; hanno pari diritti sui beni. Infatti, entrambi possono amministrare e rappresentare i beni in giudizio disgiuntivamente, per gli atti che richiedono il consenso o eccedenti l’ordinaria amministrazione è necessario il consenso dell’altro coniuge, pena annullabilità dell’atto stesso. Importanza assume anche il rapporto dei coniugi-comproprietari nei confronti dei creditori: quest’ultimi potranno aggredire i beni oggetti della comunione per via delle obbligazioni assunte da parte dei coniugi, e solo in via sussidiaria potranno rifarsi sui beni personali di questi qualora i beni della comunione non siano sufficienti a soddisfarli. Quindi il patrimonio del singolo coniuge rimane sempre separato da quello della comunione. Nascono diritti ed obblighi per entrambe le parti solo sui beni oggetto della comunione, da tener separato dai beni personali facente capo singolarmente ad uno dei coniugi.

Diverso ancora è la comunione ereditaria: la contitolarità degli eredi sui beni lasciati dal defunto, prima della divisione ereditaria. È un tipo di comunione ordinaria, ogni erede è titolare del bene in base alla quota attribuita nel testamento. Oltre al diritto di proprietà, l’erede può accedere ad altri diritti di varia natura. Egli, in quanto titolare della quota di eredità, può decidere di venderla ad un terzo, purché prima effettui la notifica nei confronti dei coeredi che vantano un diritto di prelazione. Possono chiedere in natura la loro parte dei beni mobili e immobili e disporne anche la vendita per pagare i creditori del de cuius. Vista la possibilità che gli eredi possono ricevere beni di diversa natura, di cui alcuni indivisibili, si pone il problema del potere di disposizione che ha l’erede su quel bene, comune anche agli altri. Prima della divisione ereditaria, i beni sono tutti di comproprietà. È necessario chiedere il consenso o confrontarsi con gli altri eredi, prima di disporre di un atto di donazione o della vendita di un bene. Nel primo caso, la donazione di cosa di cui ancora non si ha la piena proprietà, è nulla per via dell’art. 771 perché prevede solo la donazione di beni presenti e non futuri, salvo che il frutto non sia stato ancora separato dalla cosa-madre. Non si può disporre di una cosa che non fa parte del proprio patrimonio; di cui non si ha la disponibilità materiale. È nulla ai sensi dell’articolo 1418. Tuttavia, l’articolo 796 cc. disciplina due ipotesi di donazione: dispositiva e obbligatoria.  Una parte della giurisprudenza ritiene ammissibile la donazione altrui solo per l’ipotesi di donazione obbligatoria. È configurabile l’ipotesi di donazione altrui in quanto il donante si obbliga, nel momento in cui il bene farà parte del suo patrimonio e della sua disponibilità, a favore del donatario per fargli acquisire la proprietà del bene. La causa del contratto di donazione dovrà espressamente riportare questa volontà, pena nullità del contratto stesso. Non basta la mera volontà dell’atto di donazione, ma deve essere chiaro anche la causa in concreto.

Vicenda diversa, invece, accade con la vendita di un bene altrui: in questo caso, se l’erede, prima della divisione dell’eredità, non avendo la disponibilità piena di quel bene che ha intenzione di alienare, assume l’obbligo nei confronti del compratore di immetterlo nella proprietà del bene. Di conseguenza, si produce l’effetto traslativo dal venditore-erede al compratore nel momento in cui il venditore diventa proprietario del bene. Nel caso di comproprietà di più eredi su uno stesso bene, si procede con la vendita, dopo che ciascuno di essi abbia prestato il consenso o stipulato un accordo. Tra l’ipotesi di donazione e di vendita, differente è anche la causa: la donazione è a titolo gratuito, viene fatta per uno spirito di liberalità; nella vendita, la causa è variabile e perlopiù dettata da uno scambio economico, entrambe le parti ne traggono vantaggio.


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