Prelazione legale e volontaria. Quale tutela per i coeredi in caso di vendita della quota di comproprietà dell’immobile ereditario?

Prelazione legale e volontaria. Quale tutela per i coeredi in caso di vendita della quota di comproprietà dell’immobile ereditario?

La prelazione è il diritto di essere preferito ad altro soggetto, a parità di condizioni, nel caso in cui la persona sottoposta a prelazione dovesse stipulare un determinato contratto. L’istituto comporta una deroga al principio della libertà ed autonomia negoziale e della libera circolazione dei beni e non può essere estesa, per prevalente dottrina, alle donazioni.

Il soggetto passivo della prelazione non è obbligato a concludere tale contratto ma, nel caso in cui dovesse farlo, egli deve, prima di stipulare con un terzo, offrire al titolare della prelazione di perfezionare il contratto alle stesse condizioni pattuite con il terzo. Nel caso di prelazione volontaria, tuttavia, nulla vieta che alla parte preferita sia attribuito il diritto di acquistare a condizioni addirittura più convenienti rispetto a quelle offerte ai terzi.

Il titolare della prelazione deve comunicare le condizioni pattuite con il terzo al prelazionario, invitandolo a dichiarare se intenda o meno esercitare il proprio diritto di preferenza. Tale comunicazione prende il nome di denuntiatio.

La prelazione può essere volontaria, se concessa con accordo tra privati, o legale, ossia accordata direttamente dalla legge in alcune ipotesi previste per finalità di interesse generale.

La prelazione volontaria non è opponibile a terzi ed ha pertanto mera efficacia obbligatoria. Se quindi il promittente non adempie, è tenuto al risarcimento del danno nei confronti del prelazionario; ma il terzo acquista efficacemente e non corre il rischio di veder posta in discussione la sua titolarità.

La prelazione legale, invece, offre una tutela più intensa al prelazionario, poiché il suo diritto di preferenza è opponibile ai terzi e tutelabile in forma specifica. In caso di violazione, questi ha diritto di riscattare (c.d. retratto) il bene dal terzo acquirente (rimborsandogli il prezzo pagato).

Uno dei casi in cui il legislatore ha previsto una figura di prelazione legale è quello in cui uno dei coeredi intenda alienare a terzi la sua quota di comunione ereditaria (art. 732 c.c.). La norma, nel prevedere il retratto successorio, mira sia ad evitare l’ingresso, nella comunione ereditaria, di soggetti non legati da vincoli di parentela, sia ad impedire un eccessivo frazionamento del patrimonio ereditario.
Ai sensi dell’articolo in parola, l’erede che voglia alienare la propria quota dell’eredità a un soggetto estraneo alla comunione ereditaria, è tenuto a notificare (denuntiatio) la proposta di alienazione agli altri coeredi, prelazionari ex lege. Costoro possono esercitare il diritto nel termine di due mesi.

Nel caso in cui l’erede venditore ometta la notificazione dovuta prima della vendita, gli altri coeredi possono riscattare la quota per il prezzo pagato, sostituendosi all’acquirente nel negozio di alienazione. L’ordinamento concede loro il diritto potestativo di procedere all’esecuzione coattiva in forma specifica del diritto di prelazione violato. Poiché il retratto successorio si può esercitare nei confronti dei terzi acquirenti, esso ha effetto reale. Esso può essere azionato finché non sia sciolta la comunione.

Occorre chiarire che il diritto in parola attribuisce ai coeredi una prelazione legale sulla quota di eredità, non già sui singoli beni. Tale titolo di preferenza sussiste solo fino a quando non è perfezionata una divisione ereditaria. Ai sensi dell’art. 718 c.c., infatti, ciascun coerede può chiedere la sua parte in natura dei beni ereditari. Una volta avvenuta la divisione, ai coeredi assegnatari dei diritti attribuiti non spetterà alcun diritto di prelazione per il caso di vendita o trasferimento dei beni e dei diritti stessi.

Tuttavia, se la comunione riguarda un solo immobile, non comodamente divisibile, si applica l’art. 720 c.c., il quale, in deroga al principio per cui ciascun coerede può pretendere una porzione di tutti i beni che assicuri l’uguaglianza qualitativa delle singole quote, prevede che questo sia preferibilmente assegnato per l’intero a uno o più eredi aventi diritto alla quota maggiore. Agli eredi non assegnatari del bene è attribuito il diritto al conguaglio in denaro, secondo il dettato dell’art. 728 c.c.. In tal caso, quindi, non applicandosi l’art. 718 c.c., il legislatore mira a evitare pregiudizi all’eredità, sancendo la prevalenza dell’interesse di tutti gli eredi a essere soddisfatti e a non dividere il bene ricevuto, rispetto all’interesse del singolo coerede ad ottenere la propria quota in natura.

Le disposizioni di cui agli artt. 720 e 732 c.c., se lette in combinato disposto, disciplinano l’ipotesi per cui uno degli eredi dell’unico immobile voglia alienare la propria quota. Costui, non potendo procedere alla divisione in natura, dovrà prima azionare lo strumento della divisione e, dopo essersi fatto assegnare l’intero bene e aver conferito i conguagli in denaro agli altri coeredi, potrà procedere con l’alienazione.

A questo punto, ci si chiede se, nella vendita dell’intero immobile a terzi, valga la prelazione legale nei confronti dei coeredi, anche ove – e non è condizione necessaria – fossero già soddisfatti dal conguaglio in fase di divisione. Questi potrebbero ancora essere interessati a riacquistare il bene ereditario, ad esempio per motivi affettivi. Innanzitutto si deve considerare che non si tratterebbe di riscatto ex art. 1500 c.c., dal momento che l’acquisto della proprietà a favore dell’assegnatario non è subordinato al pagamento del conguaglio, e non sono applicabili né la risoluzione per l’adempimento né l’eccezione di inadempimento, poiché non si tratta di prestazioni corrispettive.

Stando alla lettera della legge, non sembra che la prelazione ex art. 732 c.c. possa applicarsi nel caso di specie, poiché la norma discorre di “quota”, ossia dell’intera quota ereditaria, non di bene individuato a seguito di divisione. Inoltre, dopo che si è proceduto alla divisione, la comunione ereditaria è cessata. Pertanto non avrebbe ragion d’essere una prelazione legale; nulla toglie, però, che i coeredi possano accordarsi per una prelazione convenzionale in tal senso, con tutte le conseguenze di disciplina che ne conseguono in caso di inadempimento, e che sono state illustrate in apertura.

Ancora, deve considerarsi che il retratto successorio si applica solo ai casi di comunione ereditaria. Nella circostanza in cui la comunione non possa ritenersi tale, non esisterà alcun diritto di prelazione. Infatti, non vi sarà diritto di prelazione ove la comunione sia costituita mediante un legato. Allo stesso modo, non sarà sussistente alcuna prelazione ove un diritto sia in comunione perché così acquistato per atto tra vivi od in costanza di matrimonio contratto in regime di comunione legale dei beni. La disposizione di cui all’art. 732 c.c. è da considerarsi speciale e, in quanto tale, non applicabile a fattispecie simili.

Rimanendo all’esempio del legato, si consideri il caso in cui il de cuius, nel proprio testamento, leghi in comune un unico bene immobile a più legatari. Questi ultimi non avranno, fra loro, alcun diritto di prelazione, fatto salvo il caso in cui lo stesso non sia attribuito espressamente dal testatore. In tale ultimo caso, però, il diritto di prelazione avrà natura volontaria e non già legale. Come già precedentemente riportato, la prelazione volontaria, a differenza di quella legale, non darà luogo al diritto di riscatto, bensì ad una tutela soltanto risarcitoria.


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Avv. Ilaria Romano

Avvocato del Foro di Lecce. Specializzata con menzione in diritto penale. Docente a contratto di Diritto Processuale Penale presso la SSPL "V. Aymone" di Lecce.

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