Reato di estorsione configurabile anche verso terzo estraneo se il debito esiste veramente

Reato di estorsione configurabile anche verso terzo estraneo se il debito esiste veramente

Il reato di estorsione, disciplinato dall’articolo 629 del Codice Penale, è configurabile anche nei casi in cui la violenza o la minaccia finalizzata ad ottenere l’adempimento di un debito effettivamente esistente sia posto in essere in danno di un terzo estraneo al rapporto obbligatorio. Questo, in sintesi, uno dei due principi di diritto stabiliti dalla II Sezione Penale della Corte di Cassazione e cristallizzata nella Sentenza n° 33624 depositata in Cancelleria venerdì 27 novembre 2020.

I fatti alla base della pronuncia della Corte

La Suprema Corte di Cassazione si è trovata di fronte al ricorso del Pubblico Ministero del Tribunale di Larino presentato contro la decisione del Tribunale di Campobasso, in funzione di Tribunale del Riesame. Il Tribunale molisano aveva annullato l’ordinanza del Gip di Larino che aveva applicato ad un cittadino italiano la misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato di estorsione ex articolo 629 del Codice Penale. Il Tribunale molisano riteneva infatti che, nel caso di specie, dovesse trovare applicazione, più correttamente, il disposto dell’articolo 393 Codice Penale, in tema di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone. Di conseguenza, dato che tale reato  non prevede l’applicazione di misure coercitive quoad poenam, il Tribunale di Campobasso provvedeva ad annullare l’ordinanza del Gip di Larino.

La decisione della Suprema Corte di Cassazione

Gli Ermellini hanno ritenuto fondato il ricorso presentato dal Pubblico Ministero di Larino. La Cassazione evidenzia come il Tribunale di Campobasso, alla base della propria decisione, abbia valorizzato il fatto che tra l’imputato e la vittima del reato di estorsione esistesse un vero e proprio rapporto obbligatorio. Di conseguenza, il primo era veramente creditore del secondo. Di conseguenza, per la risoluzione della controversia in fase di merito non sarebbero state rilevanti le condotte di terzi estranei.

In merito al reato di violenza privata la II Sezione della Cassazione richiama una recente pronuncia delle Sezioni Unite del 16 luglio 2020 dove si afferma che: “Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alle persone e quello di estorsione si differenziano tra loro in relazione all’elemento psicologico, da accertarsi secondo le ordinarie regole probatorie. Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ha natura di reato proprio; il concorso del terzo è configurabile nei soli casi in cui questi si limiti ad offrire un contributo alla pretesa del creditore, senza perseguire alcuna diversa e ulteriore finalità“. Detto questo la II Sezione della Cassazione chiarisce che, nel caso di specie, tale distinzione con tutta evidenza non era rilevante.

Questo perché, fa notare la Cassazione, anche se è vero che, nel caso di specie, siano state provate delle violenze o minacce nei confronti di congiunti del debitore, estranei al rapporto obbligatorio, l’imputato non avrebbe potuto azionare la sua pretesa creditoria  chiamando in causa, in garanzia, e senza titolo alcuno i terzi oggetto di violenza o minaccia. Da ciò deriva logicamente, secondo la Cassazione, che il reato di estorsione sarebbe configurabile nei casi in cui l’agente abbia esercitato la pretesa con violenza o minaccia in danno di un terzo assolutamente estraneo al rapporto obbligatorio esistente inter partes, dal quale scaturisce la pretesa azionata, per costringere il debitore ad adempiere.

D’altra parte se così non fosse, la Cassazione fa notare come tale pretesa non sarebbe tutelabile nelle forme ordinarie dinanzi all’Autorità giudiziaria. L’obiettivo di tale pretesa, infatti, sarebbe quello di conseguire un profitto ingiusto. Si cercherebbe, infatti, di ottenere l’adempimento di un’obbligazione e il pagamento di un debito da un soggetto estraneo al sottostante rapporto contrattuale.

Per di più, precisa la Cassazione, il Tribunale del Riesame di Larino non ha tenuto conto del fatto che le minacce e le violenze perpetrate avevano l’obiettivo di far ritirare la denuncia contro l’imputato che, nel frattempo, era stata presentata dalla vittima dell’estorsione. Da ciò deriva la II Sezione procede ad annullare l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Larino e ad enunciare i seguenti principi di diritto a cui lo stesso dovrà attenersi: “è sempre configurabile il reato di estorsione nei casi in cui la violenza o la minaccia finalizzata ad ottenere l’adempimento di un debito effettivamente esistente sia posta in essere in danno di un terzo estraneo al rapporto obbligatorio“; “esula dall’ambito dei diritti arbitrariamente azionabili con violenza o minaccia ex art. 393 cod. pen. la pretesa di ottenere che la p.o. ritiri una denuncia“.


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