Regime fiscale delle statuizioni patrimoniali in materia di separazione, divorzio, annullamento del matrimonio

Regime fiscale delle statuizioni patrimoniali in materia di separazione, divorzio, annullamento del matrimonio

PREMESSA

Nel corso della mia vita professionale mi sono resa conto che sono in tanti a non sapere che le statuizioni patrimoniali in materia di separazione, divorzio ed annullamento  del matrimonio hanno dei riflessi -e di un certo peso!- sul piano fiscale.

Con questo scritto cercherò, quindi, di fornire in termini comprensibili anche “ai non addetti ai lavori” una panoramica del regime fiscale che coinvolge coloro che si separano, divorziano o ottengono l’annullamento matrimoniale; con la necessaria precisazione che nella materia ivi trattata ai fini dell’imposizione fiscale contano le statuizioni di carattere patrimoniale inserite: a) in un provvedimento giudiziario, posto che il Legislatore fa esplicito riferimento a tali atti; b) in una convenzione di negoziazione assistita in quanto l’art. 6 co. 3 della L. 10.11.2014 n. 162  (che ha convertito il D.L. 12.09.2014 n. 132) ha conferito all’accordo raggiunto a seguito della convenzione di negoziazione gli stessi effetti dei provvedimenti giudiziali che definiscono i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione e di divorzio.

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1.     ASSEGNO DI MANTENIMENTO PERIODICO A CARICO DI UN CONIUGE ED IN FAVORE DELL’ALTRO CONIUGE

1.1- Con riferimento al coniuge erogante l’assegno, in virtù dell’art. 10 co. 1 lett. c) del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917) –a seguire anche solo T.U.I.R.- gli importi periodici corrisposti sono deducibili dal reddito imponibile Irpef; in buona sostanza il coniuge erogante non paga le tasse sulla parte del proprio reddito che versa in favore dell’altro coniuge. Da evidenziare che la deducibilità fiscale è regolata dal c.d. “principio di cassa”, ossia per la deduzione fiscale debbono essere presi in considerazione gli assegni effettivamente pagati in ciascun periodo di imposta.

Costituiscono oneri deducibili ai fini Irpef anche le somme pagate a titolo di assegni arretrati, anche se versati in un’unica soluzione (v. Sentenza n. 6412 della Commissione Tributaria Regionale di Roma, Sez. 16, pronunciata il 19.09.2016, pubblicata il 25.10.2016; v. Ordinanza n. 4402 della Corte di Cassazione, Sezione VI Tributaria, del 24.02.2014).

Con Risoluzione n. 448/E/2008, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che “le maggiori somme corrisposte al coniuge a titolo di adeguamento Istat potranno essere dedotte solo nel caso in cui la sentenza del giudice preveda un criterio di adeguamento automatico dell’assegno dovuto al coniuge medesimo”.

1.2- Quanto al coniuge beneficiario dell’assegno, l’art. 50 lett. i) T.U.I.R. dispone che gli importi periodicamente riscossi -da presumersi tali, salvo prova contraria, nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli a norma dell’art. 52 co. 1 lett. c) T.U.I.R.- devono considerarsi assimilati ai redditi da lavoro dipendente; di guisa che tali importi debbono essere assoggettati ad Irpef.

1.3- Con la Circolare n. 7/E del 04.04.2017, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito quale sia la documentazione da controllare e conservare ai fini della indicazione nella Dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2016 dell’assegno periodico  per il coniuge separato o divorziato: “Sentenza di separazione o divorzio per prendere visione della somma riportata sull’atto e, se previsto la rivalutazione di tale importo – Bonifici ovvero ricevute rilasciate dal soggetto che ha percepito la somma per verificare gli importi effettivamente versati nel 2016 o dal contratto d’affitto o dalla documentazione da cui risulti l’importo delle spese condominiali, nonché dalla documentazione comprovante l’avvenuto versamento”.

1.4- Caso particolare dei successivi patti privati fra i coniugi che prevedono un aumento dell’assegno di mantenimento

Secondo quanto chiarito dalla Giurisprudenza di legittimità (ex multis, Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, 10.05.2011 n. 10323), non ha fiscalmente rilievo l’aumento dell’assegno periodico concordato tra i coniugi al di fuori di un formale procedimento di revisione delle condizioni economiche avanti all’Autorità giudiziaria o a mezzo di convenzione di negoziazione assistita.

Di conseguenza, per il coniuge erogante la deducibilità dell’assegno di mantenimento -ai fini dell’applicazione dell’Irpef- non si estende all’importo in aumento liberamente concordato e per il coniuge percettore tale maggior valore risulta esentasse.

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2.     ASSEGNO DI MANTENIMENTO A CARICO DI UN CONIUGE ED IN FAVORE DELL’ALTRO CONIUGE CORRISPOSTO UNA TANTUM

L’assegno di mantenimento che un coniuge versa in un’unica soluzione all’altro coniuge (c.d. assegno una tantum) rappresenta, in buona sostanza, una sorta di transazione operata dalle parti in ordine alla loro pregressa situazione patrimoniale e non ha, quindi, natura reddituale; pertanto né il coniuge erogante può inserirlo in Dichiarazione dei redditi come onere deducibile né il coniuge percettore deve pagarvi sopra le tasse (cfr. Suprema Corte di Cassazione, Sezione V Civile, 22.11.2002 n. 16462).

Anche nel particolare caso che l’assegno corrisposto una tantum sia versato a rate [1], con Risoluzione 11 giugno 2009 n. 153/E l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che non è deducibile dal reddito complessivo del contribuente e ciò in quanto “la possibilità di rateizzare il pagamento costituisce, infatti, solo una diversa modalità di liquidazione dell’importo pattuito tra le parti, il quale mantiene comunque la caratteristica di dare risoluzione definitiva ad ogni rapporto tra i coniugi e non va quindi confuso con la corresponsione periodica dell’assegno, il cui importo è invece rivedibile nel tempo”.

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3.     ASSEGNO DI MANTENIMENTO PERIODICO A CARICO DI UN CONIUGE ED IN FAVORE DELLA PROLE

L’art. 10 co. 1 lett. c) T.U.I.R. esclude la possibilità di dedurre dal reddito gli importi periodici destinati al mantenimento dei figli.

Con la precisazione che se nel provvedimento dell’Autorità giudiziaria o nella convenzione di negoziazione assistita non risulta la distinzione tra la quota di assegno periodico destinata ai figli e la quota destinata al coniuge, a norma dell’art. 3 del D.P.R. 04.02.1988 n. 42 gli assegni  periodici debbono considerarsi destinati al mantenimento della prole per il 50% del loro ammontare indipendentemente dal numero dei figli.

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4.     ASSEGNI PER IL NUCLEO FAMILIARE (ANF)

Gli assegni per il nucleo familiare spettano:

a) all’unico genitore affidatario perché è solo intorno a questi che si viene a formare il nuovo nucleo familiare. Preme sottolineare che se tale soggetto non si trova nella condizione di poter chiedere gli ANF (perché non è lavoratore, non è pensionato, …), a norma dell’ 211 della Legge 19.05.1975 n. 151 può comunque esercitare il diritto a tale prestazione tramite la posizione di lavoratore o pensionato dell’altro coniuge all’uopo presentando la relativa domanda  al datore di lavoro o all’ente previdenziale dell’altro coniuge (Circolare Inps 19.02.1992 n. 48);

b) in caso di affidamento condiviso, al genitore collocatario salvo diverso accordo dei coniugi; si legga, al riguardo, quanto stabilito dall’INPS con Circolare 07.12.1999 n. 210 che tratta pure della situazione del genitore collocatario non titolare in proprio del diritto a richiedere gli assegni: “Pervengono a questa Direzione Centrale quesiti in merito all’accertamento del diritto all’ANF nei casi in cui, a seguito di separazione legale o divorzio, i coniugi risultino congiuntamente affidatari dei figli. Le disposizioni vigenti (v. circ. n. 48 del 19.2.92, p. I) stabiliscono che, in caso di separazione legale o divorzio, il genitore affidatario sia l’unico soggetto legittimato a chiedere la prestazione in argomento, perchè è solo intorno al genitore affidatario che si viene a formare il nuovo nucleo familiare, unico destinatario dell’assegno di cui alla L. 153/88. Nei casi di affidamento congiunto dei figli concesso ad entrambi i genitori, separati legalmente o divorziati, non è possibile procedere all’accertamento del nucleo facente capo ad un solo coniuge affidatario, potendo ritenersi per entrambi i coniugi affidatari sussistenti le condizioni per l’esercizio del diritto alla corresponsione dell’assegno e non ostando a tal fine la residenza anagrafica dei minori con uno soltanto dei genitori. Ciò anche in considerazione del fatto che la L. 153/88 sopra citata ha eliminato il criterio della convivenza come elemento discriminante per l’accertamento del diritto alla prestazione di cui trattasi. Tale situazione suggerisce quindi una soluzione affidata alla volontà dei genitori, i quali stabiliranno di comune accordo chi dei due debba chiedere l’autorizzazione ai fini della corresponsione dell’assegno. Solo in caso di contrasto tra gli affidatari si potrà ricorrere al requisito della convivenza per valutare intorno a quale dei coniugi affidatari si sia effettivamente ricostituito il nucleo familiare ed accertare, di conseguenza, il diritto al trattamento di famiglia. Il diritto all’assegno familiare resta in capo al genitore collocatario anche quando questi non sia titolare in proprio del diritto a richiedere l’ANF (poiché non lavoratore o non titolare di pensione), e viene esercitato in virtù della posizione tutelata dell’altro coniuge”.

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5.     DETRAZIONI PER I FIGLI A CARICO

L’art. 12 T.U.I.R. disciplina la materia delle detrazioni per i figli a carico, che qui di seguito si riassume nelle sue grandi linee anche alla luce dei chiarimenti offerti dalla Agenzia delle Entrate con le Circolari n. 15/E del 16.03.2007 punto 1.4.5 e n. 34/E del 04.04.2008 punti 1.2 e 1.3.

Premesso che le detrazioni per i figli a carico spettano a condizione che questi ultimi -a prescindere dalla loro età, dal fatto che siano conviventi coi genitori, dal fatto che siano portatori di handicap– non abbiano un reddito eccedente l’importo di € 2.840,51 al lordo degli oneri deducibili (art. 12 co. 2 T.U.I.R.), sono rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate a quello di cessazione delle condizioni richieste (art. 12 co. 3 T.U.I.R.).

A norma dell’art. 12 co. 1 lett. c) T.U.I.R. e secondo quanto chiarito nelle due precitate Circolari dell’Agenzia delle Entrate, per il caso della separazione legale ed effettiva dei coniugi, del divorzio e dell’annullamento del matrimonio, la detrazione per il figlio a carico spetta:

  • interamente all’unico genitore affidatario, salva la possibilità di un accordo tra i genitori per suddividere la detrazione al 50% oppure per attribuire tutta la detrazione al genitore con reddito più elevato;

  • nella situazione di affidamento congiunto o condiviso la detrazione è ripartita nella misura del 50% a ciascun genitore, salva anche qui la possibilità di un accordo tra i genitori per attribuire tutta la detrazione al genitore con il reddito più elevato;

  • nell’ipotesi che si tratti di un figlio maggiorenne (per cui non è dato parlare di affidamento esclusivo, congiunto o condiviso):

a) i genitori possono “continuare, salvo diverso accordo, a fruire per il figlio maggiorenne e non portatore di handicap, della detrazione ripartita nella medesima misura in cui era ripartita nel periodo della minore eta’ del figlio” (v. Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 15/E del 2007);

 b) qualora “la sentenza –di separazione– non si pronuncia sull’affido, si ritiene che la detrazione debba essere ripartita in egual misura tra i due genitori, salva anche in questo caso la possibilità di giungere ad un diverso accordo” [2] (Circolare n. 34/E dell’Agenzia delle Entrate del 2008).

Vieppiù sempre all’art. 12 co. 1 lett. c) T.U.I.R. è stabilito che “Ove il genitore affidatario ovvero, in caso di affidamento congiunto, uno dei genitori affidatari non possa usufruire in tutto o in parte della detrazione, per limiti di reddito, la detrazione è assegnata per intero al secondo genitore. Quest’ultimo, salvo diverso accordo tra le parti, è tenuto a riversare all’altro genitore affidatario un importo pari all’intera detrazione ovvero, in caso di affidamento congiunto, pari al 50 per cento della detrazione stessa”.

Ai commi 1 lett. c) e 1-bis T.U.I.R. bisogna fare riferimento per il calcolo dell’ammontare delle detrazioni effettivamente spettanti:

  1. € 950, 00 per ogni figlio, da aumentare a € 1.220,00 trattasi di prole minore di anni 3;

  2. per ogni figlio portatore di handicap ex art.  3 Legge 05.02.1992 n. 104, le predette detrazioni sono aumentate dell’importo di € 400,00;

  3. se i figli a carico sono più di tre, la detrazione è aumentata di € 200,00 per ciascun figlio a partire dal primo;

  4. con la precisazione che la detrazione effettiva “spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l’importo di 95.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 95.000 euro. In presenza di più figli, l’importo di 95.000 euro è aumentato per tutti di 15.000 euro per ogni figlio successivo al primo”;

  5. In presenza di almeno quattro figli a carico, ai genitori è riconosciuta un’ulteriore detrazione di importo pari a 1.200 euro. … e spetta ai genitori in proporzione agli affidamenti stabiliti dal giudice …”.

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6.    CONTRIBUTO A CARICO DI UN CONIUGE PER IL CANONE DI LOCAZIONE E PER LE SPESE CONDOMINIALI AFFERENTI ALL’IMMOBILE ABITATO DALL’ALTRO CONIUGE CON O SENZA I FIGLI

Il coniuge che, in forza di un provvedimento giudiziario o di una convenzione di negoziazione assistita, versa direttamente all’altro coniuge somme di denaro periodiche a titolo di canone di locazione e di spese condominiali per l’abitazione, può mettere in deduzione tali importi in sede di Dichiarazione dei redditi; con l’ulteriore specificazione che, ai sensi e per gli effetti dell’art. 3 D.P.R. 04.02.1988 n. 42, la detrazione fiscale è limitata alla metà se l’immobile abitativo risulta a disposizione non solo del coniuge ma anche che della prole.

Correlativamente, il coniuge beneficiario delle somme in questione dovrà dichiararle al Fisco e pagarci sopra le tasse (vedesi la Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 17/E del 24 aprile 2015, al punto n. 4.1: “a deduzione di tali somme ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), del TUIR da parte del coniuge erogante, comporta necessariamente la tassazione del corrispondente importo in capo all’altro coniuge separato, ai sensi 17 del citato art. 50, comma 1, lett. i), del TUIR”); con la precisazione anche qui che l’imposizione fiscale graverà solo sulla metà degli importi laddove l’abitazione sia anche a disposizione dei figli.

Si legga, al riguardo, l’Ordinanza della Suprema Corte di Cassazione, Sezione VI Civile, 24.05.2013 n. 13029: “...In base all’art. 10, 1° comma lettera c) del DPR 917/1986 sono detraibili dal reddito: “c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria”. E le spese per assicurare al coniuge la disponibilità di un alloggio costituiscono un contributo per il di lui mantenimento, ai sensi dell’art. 156 del Codice Civile. In quanto la disponibilità di un’abitazione costituisce elemento essenziale per la vita di un soggetto … Il ‘contributo casa’ è inoltre periodico, e corrisposto al coniuge stesso; inoltre è determinato dal giudice, sia pur per relationem a quanto risulta da elementi certi e conoscibili. Resta inteso che, ai sensi dell’art. 3 del DPR 42/1988, ove l’appartamento sia a disposizione della moglie e dei figli, la detrazione è limitata alla metà delle spese”.

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7.     OBBLIGO DI PAGAMENTO DISPOSTO A CARICO DI UN CONIUGE DI SOMME DI DENARO A SOGGETTI TERZI NELL’INTERESSE DELL’ALTRO CONIUGE

Di estremo interesse è la Circolare n. 50 dell’Agenzia delle Entrate del 12.06.2002  – Risposta 3.2 riportata integralmente a seguire: “3.2 Assegni al coniuge D.: In una sentenza di separazione consensuale è scritto: Le rate di mutuo contratto per l’acquisto della casa saranno pagate dal Sig. xxxx per l’intero ammontare e senza poter chiedere alla moglie il rimborso della quota. La Sig.ra yyy per tale ragione e come corrispettivo rinuncia all’assegno mensile di mantenimento. Può il Sig. xxx considerare tale importo come alimenti e quindi dedurli dal reddito complessivo? R.: Nel caso prospettato non è possibile considerare l’importo del mutuo come onere deducibile ai sensi dell’art. 10, comma 1, lett. c), del Tuir, in quanto il coniuge ha espressamente rinunciato all’assegno di mantenimento. Inoltre, le somme destinate alle rate di mutuo, che non vengono corrisposte al coniuge stesso, bensì direttamente all’istituto mutuante, non sembrano collegate ai medesimi presupposti dell’assegno di mantenimento”.

Da ciò se ne ricava che il coniuge che, in virtù di un provvedimento giudiziario di separazione, divorzio, modifica delle condizioni di separazione o divorzio, annullamento di matrimonio, o di una convenzione di negoziazione assistita di separazione, divorzio, modifica delle condizioni di separazione o divorzio, deve pagare somme di denaro (p.es.: il canone di locazione dell’abitazione e le relative spese condominiali) direttamente a soggetti terzi nell’interesse dell’altro coniuge (e non direttamente a quest’ultimo), non può dedurre dal reddito imponibile Irpef tali importi.

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Con il presente contributo l’Autrice spera di avere fornito ai lettori elementi utili per valutare al meglio e con la dovuta attenzione le implicazioni di natura fiscale delle più rilevanti disposizioni patrimoniali in materie di separazione, divorzio ed annullamento del matrimonio, implicazioni troppo spesso ignorate.


Note:

[1]   A parer di chi scrive, stante la caratteristica natura dell’assegno una tantum, il pagamento dello stesso  dovrà essere fatto o in una sola volta o in più rate concentrate in un breve spazio temporale. Vedesi al riguardo anche la interessante Sentenza del Tribunale di Verona 30 giugno 2000: “… il Tribunale in sede di pronuncia di divorzio non può recepire l’accordo dei coniugi per la corresponsione dell’assegno divorzile in unica soluzione quando la somma concordata (nella specie, lire 16.800.000) sia frazionata in molteplici rate mensili di esiguo importo (nella specie lire 200.000 senza interessi e rivalutazione), giacché siffatta modalità di versamento contrasta con la funzione dell’istituto che, precludendo al beneficiario ogni ulteriore diritto di contenuto patrimoniale, mira tuttavia a garantirgli con immediatezza un congruo capitale …”.

[2]   Ovviamente ciò vale anche in caso di provvedimento in materia di divorzio e di annullamento di matrimonio.


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Avv. Emilia Piccolo

Avvocato civilista del Foro di Bergamo

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