Requisiti formali di partecipazione alle gare di appalti pubblici tra soccorso istruttorio e sanabilità del DURC irregolare

Requisiti formali di partecipazione alle gare di appalti pubblici tra soccorso istruttorio e sanabilità del DURC irregolare

Le pubbliche amministrazioni al pari dei privati godono di autonomia negoziale il cui esercizio non è affatto libero, essendo assoggettato a precise regole in ragione della funzionalizzazione della stessa al pubblico interesse.

Si parla, infatti, di autonomia negoziale conformata per sottolineare come la stessa debba essere quanto più rispondente al pubblico interesse, tanto nell’ an quanto nel quomodo.

A tal fine, la scelta del partner contrattuale ad opera della p.a. avviene attraverso l’espletamento della procedura di evidenza pubblica, mediante la quale l’amministrazione manifesta e forma la volontà di addivenire alla stipula del contratto, esternando al contempo le ragioni di pubblico interesse che ne giustificano l’adozione.

Pur nell’ottica di assicurare la più ampia partecipazione alle procedure di selezione, in guisa da rastrellare sul mercato il migliore soggetto in grado di massimizzare il pubblico interesse, il legislatore richiede il possesso di determinati requisiti ai fini dell’accesso alle gare stesse.

Trattasi di requisiti di ordine generale e di idoneità professionale, analiticamente indicati dalla legge, il cui possesso- spesso imposto a pena di esclusione- deve formare oggetto di apposita attestazione da parte del privato che non voglia vedersi pretermesso dalla procedura selettiva.

Il rigore di tali prescrizioni è stato progressivamente accentuato dall’involvente prassi delle p.a.- ampiamente avallata dalla giurisprudenza- di introdurre nel bando oneri dichiarativi formali a pena di esclusione, ulteriori rispetto a quelli già legislativamente previsti.

In assenza di divieti legislativi in tal senso, l’apposizione di tali clausole è stata tradizionalmente ritenuta ragionevole se e in quanto gli ulteriori oneri fossero stati proporzionati all’importanza del pubblico interesse che la p.a. mirasse a perseguire mediante la relativa imposizione, risolvendosi in un apprezzabile e sopportabile sacrificio per il concorrente.

L’eccessivo formalismo veniva, peraltro, accentuato dalla pacifica inoperatività del principio del soccorso istruttorio in materia di gare di appalti.

Ispirato al principio di leale collaborazione tra amministrazione ed amministrati, l’istituto de quo di matrice processualistica, trova una prima importante affermazione in materia di procedimento amministrativo.

Esso, infatti, risulta positivizzato alla lett. b) dell’art. 6 l. 241/1990 che, nell’annoverare i compiti del responsabile del procedimento, sancisce espressamente la possibilità di richiedere il rilascio di dichiarazioni, la rettifica delle stesse o di istanze erronee o incomplete.

La convenienza e i benefici derivanti da tale principio risultano evidenti, consentendo di emendare meri vizi formali destinati, altrimenti, ad arrestare l’iter procedurale o a precludere la partecipazione procedimentale.

Tuttavia, l’ampio spazio operativo riconosciuto alla figura del soccorso istruttorio nel procedimento amministrativo non ha  trovato corrispondenza in materia di contratti pubblici.

La giurisprudenza, infatti, in tale ambito ha sempre assunto un atteggiamento severo e rigorista, precludendo qualsiasi possibilità di soccorrere il privato che fosse incorso in violazioni formali, negando qualsivoglia forma di integrazione e ammettendo,  talvolta e timidamente, solo la mera regolarizzazione di documentazione già fornita dal candidato in ottemperanza dell’onere formale.

Prescindendo, dunque, da verifiche sostanziali volte ad indagare l’effettivo possesso del requisito, richiesto e non dichiarato, con una sorta di automatismo si finiva con l’escludere il candidato dalla gara che non avesse rispettato l’onere dichiarativo, senza alcuna possibilità di salvezza.

In senso ostativo all’operatività del principio del soccorso istruttorio nelle gare indette dalla p.a. si adduceva la vigenza del principio di immodificabilità del bando, quale corollario del più generale principio di trasparenza, che presiede i rapporti tra amministrazione ed amministrati.

La non modificabilità del bando, precludendo alla p.a. di riformulare le c.d. “regole del gioco” e, dunque, i criteri selettivi e i requisiti d’accesso in pendenza della gara, scongiura il rischio che la stessa, nell’espletamento della procedura,  possa favorire l’uno piuttosto che l’atro concorrente, minando la parità di trattamento.

La citata ratio risulterebbe evidentemente frustrata se si consentisse di soccorrere il candidato che, incappato in una irregolarità formale e dichiarativa, dovrebbe invece essere escluso.

Questi, infatti, risulterebbe ingiustamente favorito rispetto a quei concorrenti che, invece, diligentemente abbiano ab origine ottemperato gli obblighi dichiarativi imposti dal bando.

Ebbene, il rigore della giurisprudenza nella valutazione delle violazioni degli oneri formali imposti dal bando è stato ridimensionato dal legislatore che si è mosso in due direzioni.

Innanzitutto, con il  D.L. 70/2011 si è proceduto all’introduzione del principio di tassatività delle cause di esclusione.

Previsto dal co. 1 bis dell’art. 46[1] DLGS 163/2006 (vecchio Codice Appalti), esso preclude alla p.a. di inserire nel bando clausole recanti  prescrizioni a pena di esclusione, che non siano già legalmente previste, e commina la nullità delle disposizioni apposte in violazione di tale precetto.

In secondo luogo, in tempi ancora più recenti, il legislatore ha generalizzato anche il materia di appalti il principio del soccorso istruttorio[2].

Apertamente schierandosi contro i più severi orientamenti dell’Adunanza Plenaria, il legislatore del 2014 ha aggiunto al corpo del già novellato art. 46 DLGS 163/2006 l’ulteriore co. 1 ter che, nel disciplinare le “sorti” del concorrente incorso nell’irregolarità formale, rinvia al co. 2 bis- frutto della medesima novella legislativa- dell’art. 38 DLGS 163/2006.

Dal combinato disposto delle citate norme, emerge un innovativo principio- quello del soccorso istruttorio- a cui il legislatore ha voluto assicurare il più ampio spazio operativo.

Dall’analisi del dato normativo si evince la distinzione tra vizi essenziali e vizi non essenziali, cui corrisponde una differenziazione del regime giuridico.

A differenza di questi ultimi, solo la violazione di oneri formali ritenuti essenziali può, ma in via solo eventuale, condurre all’esclusione del concorrente “irregolare”.

Riscontrati i vizi formali c.d. essenziali, infatti, la p.a. non è invero legittimata automaticamente all’espulsione del candidato avendo invece l’obbligo di “soccorrere”, assegnando al concorrente un termine, legislativamente predeterminato, entro cui emendare il vizio previo pagamento di una cauzione.

Ove tale termine sia decorso inutilmente, il concorrente è destinato ad essere escluso dalla gara.

Il meccanismo ex art. 46[3] co. 1 ter DLGS 163/2006 è destinato ad operare non solo in caso di mere incompletezze o irregolarità delle dichiarazioni ma altresì anche ove  vi sia stata la sua totale omissione.

Il soccorso istruttorio-così come delineato dal legislatore del 2014- appare particolarmente vantaggioso allorquando ricorra il fenomeno della c.d. eterointegrazione del bando di gara.

Ammesso espressamente dal Consiglio di Stato a partire dal 2013[4], tale fenomeno ha spesso comportato l’esclusione del candidato che non avesse ottemperato, ignorandolo, il requisito formale richiesto sì dalla legge ma non riprodotto nel bando, assoggettato – similmente ad un contratto- all’ integrazione esterna da parte di disposizioni legislative, concorrenti nella definizione del contenuto.

Il favore con cui è stato accolto il principio del soccorso istruttorio non lo ha, tuttavia, sottratto da alcune considerazioni critiche.

Innanzitutto, la distinzione[5] tra vizi formali essenziali e vizi formali non essenziali, evocata dal co. 2 bis dell’art. 38 DLGS 163/2006, appare evanescente e labile, mancando qualsivoglia criterio normativo volto a sancirne il discrimen in concreto.

Inoltre, appare intollerabile alla luce del citato principio della par condicio, soccorrere il concorrente che sia incorso in macroscopiche violazioni formali e che, invece, in un’ottica di non discriminazione degli altri partecipanti alla gara meriterebbe di essere escluso.

Tuttavia, salvo la possibilità di ritenere graduabile la cauzione ex art. 38 co. 2 bis Cod. App. in ragione della gravità del vizio formale, il tenore letterale dell’art. 46 co. 1 ter Cod. App. appare chiaro: il riferimento della disposizione de qua, non solo all’incompletezza e all’irregolarità, ma altresì, alla mancanza delle dichiarazioni si muove univocamente nel senso di ritenere soccorribile qualsivoglia violazione formale.

Se questo è vero, altrettanto vero è che la giurisprudenza ribadisce costantemente che la sanatoria realizzata dal soccorso istruttorio attiene alla sola forma, non potendo il requisito di partecipazione essere acquisito ex post dal concorrente che, non solo non lo abbia dichiarato ab origine, ma che ne fosse completamente sprovvisto.

Il requisito formale, infatti, va posseduto ab initio e continuativamente per tutta la durata di espletamento della gara.

Tali considerazioni, e dunque, la sanabilità dell’omissione formale ma non di quella sostanziale, sono state valorizzate ed addotte a sostegno della giurisprudenza amministrativa, che si è espressa in senso negativo rispetto alla sanabilità del DURC[6] irregolare in materia di appalti.

Trattasi di un istituto contemplato dal legislatore nell’ambito del procedimento previdenziale.

Precisamente l’art. 31 co. 8 DL. 69/2013 impone all’INPS che abbia riscontrato irregolarità, di darne avviso e invitare l’impresa richiedente alla regolarizzazione, prima di emettere il c.d. DURC negativo .

Una simile possibilità è stata messa in discussione ove sia la stazione appaltante in sede di controllo dei requisiti a richiedere all’INPS numi sulla posizione contributiva dell’impresa concorrente.

In tal caso sarebbe la p.a. appaltante, e non l’impresa concorrente, a richiedere il rilascio di DURC avviando una sorta di procedimento d’ufficio, che si inserisce nell’ambito di quello già pendente di evidenza pubblica.

Ammettendo la possibilità per l’INPS di invitare anche in tal caso alla regolarizzazione si rischierebbe, infatti, di minare quello che è un principio cardine del soccorso istruttorio, tale è il divieto di sanare in via postuma la mancanza originaria di un requisito sostanziale afferente, in specie, alla regolarità contributiva.

Per tali ragioni con la recente sentenza l’Adunanza Plenaria 5/2016, invocando proprio il principio dell’insanabilità del vizio sostanziale e della sanatoria di solo vizio formale, ha escluso in tal caso  l’operatività del preavviso di DURC negativo esprimendosi nel senso che: «anche dopo l’entrata in vigore dell’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale, dovendo l’impresa deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante, restando dunque irrilevante, un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva. L’istituto dell’invito alla regolarizzazione (il c.d. preavviso di DURC negativo), già previsto dall’art. 7, comma 3, del decreto ministeriale 24 ottobre 2007 e ora recepito a livello legislativo dall’art. 31, comma 8, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, può operare solo nei rapporti tra impresa ed Ente previdenziale, ossia con riferimento al DURC chiesto dall’impresa e non anche al DURC richiesto dalla stazione appaltante per la verifica della veridicità dell’autodichiarazione resa ai sensi dell’art. 38, comma 1, lettera i) ai fini della partecipazione alla gara d’appalto».

[1] Oggi riproposto con un tenore parzialmente diverso nell’art.83 D.LG 50/2016 Nuovo Codice Appalti che al co. 8 così recita: «I bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal presente codice e da altre disposizioni di legge  vigenti. Dette prescrizioni sono comunque nulle».

[2] Per una compiuta disamina dell’istituto si veda, Le novità in materia di contenzioso appalti introdotte dal D.L. Giugno 2014 n. 90,  R. Giovagnoli, p.214 ss., in Magistra 2, Edizioni Giuridiche Simone, 2014.

[3] L’operatività di tale istituto deve, comunque, essere in parte rivista alla luce dell’art.83  D.LG. 50/2016 Nuovo Codice Appalti che al co. 9 prevede espressamente che «la mancanza, l’incompletezza e ogni altra irregolarità essenziale degli elementi e del documento di gara unico europeo di cui all’articolo 85, con esclusione di quelle afferenti all’ offerta tecnica ed economica, obbliga il concorrente che vi ha dato causa al pagamento, in favore della stazione appaltante, della sanzione pecuniaria stabilita dal bando di gara, in misura non inferiore all’uno per mille e non superiore all’uno per cento del valore della gara e comunque non superiore a 5.000 euro. In tal caso, la stazione appaltante assegna al concorrente un termine, non superiore a dieci giorni, perché siano rese, integrate o regolarizzate le dichiarazioni necessarie, indicandone il contenuto e i soggetti che le devono rendere, da presentare contestualmente al documento comprovante l’avvenuto pagamento della sanzione, a pena di esclusione. La sanzione è dovuta esclusivamente in caso di regolarizzazione.  Nei casi di irregolarità formali, ovvero di mancanza o incompletezza di dichiarazioni non essenziali, la stazione appaltante ne richiede comunque la regolarizzazione con la procedura di cui al periodo precedente, ma non applica alcuna sanzione. In caso di inutile decorso del termine di regolarizzazione, il concorrente è escluso dalla gara. Ogni variazione che intervenga, anche in conseguenza di una pronuncia giurisdizionale, successivamente alla fase di ammissione, regolarizzazione o esclusione delle offerte non rileva ai fini del calcolo di medie nella procedura, né per l’individuazione della soglia di anomalia delle offerte. Costituiscono irregolarità essenziali le carenze della documentazione che non consentono l’individuazione del o dei soggetti responsabili della stessa». Senza pretesa di commentare esaustivamente le ripercussioni delle modifiche apportate all’ istituto dalla recente novella, non si può non rilevare che un’importante novità è che la sanzione sarà dovuta soltanto ove l’impresa “soccorsa” decida di procedere alla regolarizzazione.

[4] Si veda sentenza Consiglio di Stato n. 4364/2013 e, pressocchè in termini, 1375/2015 che afferma che « l’eterointegrazione può aver luogo con cautela, poiché l’inserzione automatica di clausole in tanto si giustifica in quanto occorra conformare il contenuto delle obbligazioni e di diritti nascenti da contratti già conclusi con esigenze di ordine imperativo non disponibili dai contraenti», in www.osservatorioentilocali.unirc.it

[5] Riproposta anche nel nuovo Codice Appalti al già citato co. 9 dell’art. 83 D.LG. 50/2016.

[6] Il DURC è l’attestazione della regolarità contributiva INPS, INAIL, Cassa edile, rilasciato dalla Cassa edile competente per zona, necessario per l’inizio lavori di un cantiere edile in Italia. Il DURC serve per tutti gli appalti e subappalti di lavori pubblici (verifica dei requisiti per la partecipazione alle gare, aggiudicazione alle gare aggiudicazione dell’appalto, stipula del contratto, stati d’avanzamento lavori, liquidazioni finali), per i lavori privati soggetti al rilascio della concessione edilizia o alla DIA, per le attestazioni SOA.


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