Responsabilità medica e nesso causale: il principio del “più probabile che non”

Responsabilità medica e nesso causale: il principio del “più probabile che non”

La sez. XIII del Tribunale di Roma, con sentenza del 26/06/2017  n. 13032, ha riaffermato l’orientamento, ormai consolidato, secondo cui nel sistema civilistico del risarcimento del danno biologico da responsabilità medica vige il principio del “più probabile che non” nella ricerca del nesso di causalità tra l’evento dannoso e la condotta del sanitario.

Nella pronuncia in commento il Giudice, ricordando che nell’ambito dell’Ordinamento Giuridico italiano vale la regola nella condicio sine qua non, ha ribadito che nel sistema penale è necessario, al fine della condanna, l’accertamento del nesso di causalità fra l’evento dannoso e la condotta del colpevole oltre ogni ragionevole dubbio, locuzione e accertamento assai più rigorosi rispetto a quanto vale nel sistema civile, che si attesta sul principio del più probabile che non.

Invero, in materia di rapporto di causalità (civile), in base ai principi di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen., qualora la condotta abbia concorso, insieme a circostanze naturali, alla produzione dell’evento, e ne costituisca un antecedente causale, l’agente deve rispondere per l’intero danno, che altrimenti non si sarebbe verificato; non sussiste, invece, nessuna responsabilità dell’agente per quei danni che non dipendano dalla sua condotta, che non ne costituisce un antecedente causale, e si sarebbero verificati ugualmente anche senza di essa, né per quelli preesistenti. Anche in queste ultime ipotesi, peraltro, debbono essere addebitati all’agente i maggiori danni, o gli aggravamenti, che siano sopravvenuti per effetto della sua condotta, anche a livello di concausa, e non di causa esclusiva, e non si sarebbero verificati senza di essa, con conseguente responsabilità dell’agente stesso per l’intero danno differenziale (ex multis Corte di Cassazione, sezione III, n. 9528 del 12 giugno 2012)

Ne consegue quindi, che in presenza di concause, e sotto la diversa lente della valutazione soggettiva delle colpe, resta ferma la distinta allogazione delle stesse e dei rispettivi obblighi risarcitori

Nel caso all’attenzione della Corte Capitolina un giovanissimo paziente lamentava che, a seguito di errata diagnosi e intervento, consistite in primo luogo nel perdurare dell’ernia diaframmatica che non operata, subiva lo strozzamento delle anse intestinali della parete intestinale con conseguente insorgenza di peritonite, che inoltre benché lo psichiatra dell’Ospedale avesse avvertito circa l’indispensabilità di un supporto psicologico a seguito della grave invalidazione subita, nessun supporto di tal genere veniva prestato.

Lamentava la non adeguatezza delle prestazioni del Primario in particolare per le continue rimozioni e riposizionamento, per mesi, della Bogotà-bag, nonché continue manipolazioni dell’intestino e che, a causa di tali errori diagnostici e chirurgici, aveva subito gravissimi danni all’intestino tenue con conseguente sindrome dell’intestino corto, con frequenti scariche diarroiche, grave sindrome da malassorbimento e necessità di nutrizione parenterale.

Tutto ciò aveva provocato una grave interferenza sulle attività della vita, pericolo di danni e infezioni agli organi, la totale compromissione, in una persona di 25 anni alla data dei fatti, delle capacità lavorativa e relazionale, e l’insorgenza di gravi problemi psicologici, l’impossibilità di vivere una vita normale dovendo passare molte ore al giorno per nutrirsi per via parenterale, dovendo subire 8-9 scariche diarroiche al giorno e di conseguenza non potendo lavorare, senza possibilità di miglioramento.

Secondo il Tribunale di Roma, da quanto è emerso dal complesso degli atti acquisiti e compiuti, era  più probabile che non che le condotte (commissive e non meno gravemente, omissive) dell’Ospedale e dei medici avessero effettivamente causato, attraverso il ritardo diagnostico della vera patologia ed il conseguente ulteriore danneggiamento degli organi (che dovevano quindi subire ripetute necessarie manomissioni e resezioni), il peggioramento delle conseguenze rispetto a quelle che sarebbero state, a causa di un evento (ernia diaframmatica) non imputabile ex sé al fattore umano, in presenza di condotte perite e accorte, e specialmente tempestive.

Pertanto in applicazione dei principi sul nesso di causalità rammentati, il Giudice romano dichiarava che le condotte dell’Ospedale e dei medici convenuti erano state causa/concausa dei danni differenziali derivati all’attore.


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