Responsabilità medica: sussiste anche se l’ospedale rispetta la legge

Responsabilità medica: sussiste anche se l’ospedale rispetta la legge

Cass. civ., sez. III, 19 ottobre 2015, n. 21090

a cura di Giuseppe Argentino

La Sezione III civile della Corte suprema di cassazione – dopo aver ribadito la natura contrattuale della responsabilità per inadempimento del contratto c.d. di spedalità nonché il conseguente onere della prova a carico del danneggiante-debitore – stabilisce che l’osservanza da parte di un nosocomio, pubblico o privato, delle dotazioni ed istruzioni previste dalla normativa vigente per le prestazioni di emergenza, non è sufficiente ad escludere la responsabilità per i danni subìti da un paziente in conseguenza della loro esecuzione, essendo comunque necessaria l’osservanza delle comuni regole di diligenza e prudenza.

Il fatto

In data 10 luglio 1995, a seguito di un gravissimo infortunio sul lavoro, veniva trasportato presso l’Ospedale di Patti (ME), nel quale decedeva a distanza di non breve tempo, il sig. A. G., coniugato con la sig.ra G. G. e padre del piccolo A. G.

Successivamente all’infausto evento, la sig.ra G. G. – in proprio e quale genitore superstite esercente la responsabilità genitoriale sul minore A. G. – conveniva in giudizio l’Azienda sanitaria provinciale di Messina, al fine di veder soddisfatte le proprie pretese risarcitorie, lamentando negligenza e imprudenza da parte del personale addetto del nosocomio di Patti.

Per approfondire la responsabilità medica:

Tanto il Giudice di prime cure quanto la Corte d’appello di Messina, condannavano la suddetta Azienda sanitaria al risarcimento del danno non patrimoniale patito sia dalla sig.ra G. G., sia dal piccolo A. G., a causa dell’evento morte del loro prossimo congiunto A. G.

In seguito alle predette pronunzie di merito, l’Azienda sanitaria provinciale di Messina ricorreva in Cassazione affidandosi, sostanzialmente, a quattro motivi riassumibili nella mancata configurazione di qualsivoglia inadempimento, in capo al nosocomio, per assoluto rispetto delle normative nazionali e regionali in materia di dotazioni minime della struttura ospedaliera di pronto soccorso ove l’evento morte del paziente si verificava; nella carente dimostrazione, da parte della controricorrente-resistente, del nesso di causalità intercorrente tra le presunte carenze organizzative dell’ente ospedaliero e il decesso del sig. A. G.; nella difettosa valutazione, da parte della Corte d’appello di Messina, dell’incidenza concausale ovvero esclusiva di altre e ulteriori condizioni di fatto, potenzialmente produttive, esse stesse, alla realizzazione dell’evento morte del degente; infine, per non avere il Giudice di seconde cure tenuto conto delle gravissime e disperate condizioni nelle quali versava il sig. A. G. nel momento stesso in cui varcava la soglia del pronto soccorso, idonee di per sé sole a determinare l’evento del decesso.

Resisteva con controricorso e nelle qualità in atti la sig.ra G. G., contestando i quatto motivi posti a fondamento del ricorso depositato dall’Azienda sanitaria provinciale di Messina.

La decisione

La Suprema Corte rigettava il ricorso e condannava l’Azienda sanitaria al risarcimento del danno non patrimoniale in favore degli eredi legittimari del defunto A. G., analizzando minuziosamente l’insussistenza di tutti e quattro i motivi posti a fondamento del ricorso per cassazione.

Per quanto attiene all’infondatezza dei primi due motivi, i Supremi Giudici ponevano in contrapposizione l’asserito rispetto delle normative nazionali e regionali in materia di dotazioni minime della struttura ospedaliera di pronto soccorso millantato dall’Ospedale di Patti, con quanto valutato dai CTU nominati dalla Corte d’appello di Messina, le cui relazioni dimostravano, incontrovertibilmente, l’imputabilità dell’evento morte del paziente alla struttura sanitaria a causa di gravi inefficienze e disservizi da parte degli operatori sanitari stessi come, ad esempio, tempi eccessivi e ritardi ingiustificabili intercorsi tra la fase di accesso al pronto soccorso e quella chirurgica; mancato trasferimento del paziente in altra e più attrezzata divisione sanitaria; deficitaria comunicazione dei decisivi dati degli esami di laboratorio con conseguente avvio ritardato dell’intervento chirurgico; infine, aggravamento delle già serissime condizioni iniziali dovuto alle maldestre modalità di manipolazione del paziente durante la sua esposizione agli esami radiografici.

Secondo la Cassazione, infatti, “…il pieno rispetto della normativa vigente al riguardo non esime affatto da responsabilità la struttura ospedaliera se, in relazione proprio a quelle condizioni di partenza pur non ottimali, le condotte degli operatori siano valutate comunque inadeguate”.

Veniva, altresì, esclusa la rilevanza dell’osservanza delle previsioni normative in materia di gestione dell’emergenza in quanto è comunque “…onere della struttura sanitaria assicurare all’utenza condizioni di massima sicurezza”.

Peraltro, in tema di responsabilità contrattuale da contatto sociale, quale natura stessa della responsabilità medica e/o dell’ente ospedaliero (Cfr. Cass. n. 589/1999), l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale, nel contratto c.d. di spedalità, sussiste ogniqualvolta un nosocomio contravvenga agli obblighi di massima diligenza e prudenza a causa della negligenza, imprudenza e/o imperizia dei propri operatori; e questo quand’anche l’ente in quanto tale sia formalmente rispettoso delle normative di ogni rango in tema di dotazioni e strutture delle organizzazioni di emergenza.

Dunque appare chiaro come le reiterate inadempienze degli operatori sanitari dell’Ospedale di Patti siano da ritenersi potenziali cause dell’esito letale, nonostante il rispetto – solo formale – delle normative nazionali e regionali in materia di dotazioni minime della struttura ospedaliera di pronto soccorso.

In conclusione, applicando la disciplina standard della responsabilità contrattuale ex art. 1218 Cod. civ., una volta dimostrato il nesso di causalità intercorrente tra l’evento dannoso e la condotta del soggetto agente da parte del danneggiato-creditore dell’obbligazione, spetterà al danneggiante-debitore l’onere di dimostrare che nulla possa essergli rimproverato a causa di scarsa diligenza ovvero imperizia (Cfr. da ultimo: Cass. n. 22222/2014), o che – pur essendovi stato un suo inesatto adempimento – quest’ultimo non abbia avuto alcuna incidenza causale sulla produzione del danno (Cfr. Cass. n. 27855/2013; Cass. n. 20547/2014); pertanto, nel caso di specie, accertata una potenziale incidenza causale delle negligenze o imprudenze, occorreva che la struttura ospedaliera desse la prova che, nonostante quegli inesatti adempimenti, la morte del sig. A. G. sarebbe giunta ugualmente (ciò che in Diritto Penale, nell’ambito della teoria della condicio sine qua non, viene identificato come giudizio controfattuale ex post).

Con riguard0 agli ultimi due motivi, relativi alla mancata valutazione da parte della Corte d’appello di Messina dell’incidenza concausale ovvero esclusiva di altre condizioni di fatto, potenzialmente produttive della realizzazione dell’evento morte del degente, con specifico riferimento alle gravissime e disperate condizioni nelle quali versava quest’ultimo nel momento stesso in cui varcava la soglia del pronto soccorso, idonee di per sé sole a determinare l’evento del decesso, la Suprema Corte optava, anche in questo caso, per la totale infondatezza.

Ed infatti, premesso che la giurisprudenza ormai consolidata del nostro Giudice di legittimità stabilisce che quest’ultimo non possa apprezzare e valutare i fatti e le prove in senso differente da quello preteso dalle parti, è ormai pacifico e notorio come la Corte di cassazione non possa riesaminare la causa nel merito (Cfr. Cass. n. 23286/2005; Cass. n. 11670/2006; Cass. n. 17477/2007; Cass. n. 27162/2009; Cass. Sez. Unite civili, n. 26825/2009).

Alla luce di quanto su esposto, dunque, non poteva essere compito della Cassazione valutare un’eventuale mancanza da parte della Corte d’appello di Messina circa la disattesa valutazione dell’incidenza concausale ovvero esclusiva di altre condizioni di fatto, potenzialmente produttive, esse stesse, della realizzazione dell’evento morte del degente.


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Giuseppe Argentino

Giovane Avvocato in attesa di giuramento, vincitore dell'Esame di Stato d'Avvocato 2014 svolto presso la Corte d'appello di Lecce. Già praticante avvocato nel periodo ottobre 2012/aprile 2014 e praticante notaio nel periodo giugno 2012/dicembre 2013. Specializzato presso la SSPL della Sapienza nel maggio 2015, già studente della Scuola di Notariato della Campania nell'a.a. 2012/2013. Dottore magistrale in Giurisprudenza. Laureato cum laude presso l'Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" nel luglio 2012, dopo aver discusso un tesi in Diritto Commerciale dal titolo "Partecipazione virtuale e voto elettronico in assemblea".

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