Restorative Justice e mediazione penale

Restorative Justice e mediazione penale

Il sistema di giustizia riparativa prende piede introno agli anni ’80 nel Nord America e trae origine dall’esigenza di centrare l’attenzione giudiziaria sull’autore del reato, piuttosto che sulla vittima, la quale assume dunque un ruolo marginale.  Insomma un paradigma di giustizia lontano da quello tradizionale.

La restorative justice o giustizia riparativa, presume un’attiva partecipazione della vittima, così come del reo nonché della comunità civile stessa. In questo modo non è più lo Stato ad occuparsi di ovviare alle conseguenze dannose della condotta illecita compiuta, ma sono gli stessi attori del reato ad occuparsi della risoluzione del conflitto attraverso la riconciliazione, riparazione e, laddove possibile, del recupero della situazione in pristino.

Cambia il risultato quindi, che non vuole essere prettamente punitivo, ma è volto alla rimozione delle conseguenze dannose sfruttando l’incontro tra vittima e il reo grazie all’ausilio di un mediatore, terzo ed imparziale, in grado di gestire il conflitto ricomponendolo.

È stata la stessa Unione Europea a sancirne l’importanza con la direttiva 2012/29/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio, la quale stabilisce che bisogna prendere in considerazione “qualsiasi procedimento che permette alla vittima e all’autore del reato di partecipare attivamente, se vi acconsentono liberamente, alla risoluzione delle questioni risultanti dal reato con l’aiuto di un terzo imparziale.”

A giovare di questo sistema è non solo il reo, che non si identifica più nella sua colpevolezza, ma anche e soprattutto la vittima che ha la possibilità di mettere in evidenza i propri bisogni ed interessi. Non bisogna poi sottovalutare che tutto questo si riflette sull’intera comunità sociale, perché viene risanata la frattura sociale creata dal conflitto, il quale è simbolo di una rottura di valori sociali condivisi.

La mediazione penale rappresenta il modello compiuto di giustizia riparativa inteso come modalità di risoluzione dei conflitti. Della definizione se n’è occupata la Raccomandazione del Consiglio d’Europa n. 19/99, la fonte più specifica riguardante questo strumento di risoluzione.

L’avvio della mediazione penale necessita del consenso scritto delle parti, libero e consapevole, in modo tale che il loro confronto possa condurre ad un accordo sufficiente e soddisfacente per entrambe le parti  e quindi risolutivo del conflitto.

L’intervento del mediatore è quello di promuovere ed agevolare l’attività di conciliazione, rispettando comunque schemi rigidi, precisi e particolari standard. È possibile dunque, attraverso la mediazione, giungere ad un accordo talvolta evitando la sentenza e l’iter giudiziario che oltre ad essere particolarmente lungo in taluni casi, è piuttosto stressante, talaltra permettendo uno sconto di pena per il reo vista la sua apertura alla riconciliazione. La mediazione permette quindi di raggiungere accordi soddisfacenti in tempi rapidi, oltre che evitare i rischi che caratterizzano un processo che tanto può andar bene, tanto male, così sia la vittima che il reo possano riappropriarsi delle proprie vite grazie ad un intervento immediato. Nonostante non esista una precisa disposizione di legge che la preveda in maniera rigida, come avviene invece per la mediazione civile e commerciale ex d. lgs. 28/10, è esplicitamente prevista ad esempio nel programma di messa alla prova, dal d.l. 274/2000 per i reati di competenza del Giudice di Pace se il reato è perseguibile a querela.

Ad ogni modo si determina che il mediatore penale dovrà essere una persona altamente qualificata in materia di gestione dei conflitti poiché dovrà dirimere gli antagonismi delle parti in contrasto.  È una figura che assume un’importanza determinante tanto che deve curare il proprio linguaggio e orientarlo all’empatia e all’accoglienza.

Nonostante in Italia la mediazione penale sia in una fase pressoché embrionale è emersa, negli ultimi anni,  una particolare attenzione per la giustizia riparativa, anche in virtù della continua spinta da parte delle disposizioni comunitarie e internazionali, per lo più in riferimento, però, all’ambito del processo penale minorile ( d.p.r. 448/1988)

Infatti, in riferimento al procedimento minorile, la mediazione penale ha trovato spazio grazie all’ applicazione del D.P.R. 22 settembre 1988 n. 448, ovvero del Codice processo penale minorile nel quale è possibile riscontrare che il momento in cui la mediazione può maggiormente intervenire è quello relativo alle indagini preliminari (ex artt. 9, 27 e 28 del d.P.R.) ovvero durante l’udienza preliminare o nel dibattimento, nonché nell’attuazione della sospensione del processo e della messa alla prova.

L’intervento del mediatore è perfettamente in linea con la ratio che fa da sostrato al processo minorile, il quale è infatti interamente teso alla rieducazione, riabilitazione e responsabilizzazione del minore, in modo da condurlo attraverso un percorso di maturazione tale da permettergli di costruirsi un’identità consapevole anche per le relazioni future. In più è uno strumento che dà voce al dolore e alla dignità della vittima affinché il sistema possa garantirgli una adeguata riparazione e si spera anche una riappacificazione sociale con il reo.

Si mostra quindi, quello della mediazione uno strumento davvero efficace al contemperamento degli interessi in gioco soprattutto perché è teso ad evitare le lungaggini processuali e lo stress psicofisico che le parti sono costrette a subire e questo risulta anche perfettamente rispondente ai principi di ragionevole durata del processo e del giusto processo che trovano collocazione costituzionale all’art. 111 Cost.

Il continuo germinare degli eventi storici, sociali e culturali permetterà in breve tempo un pieno sviluppo  della mediazione penale a scopo riparativo così da poter realizzare in pieno il progetto di restorative justice.


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Felicita La Peccerella

Dott.ssa in Giurisprudenza (Laurea Magistrale a ciclo unico presso l'Università di Roma "La Sapienza") Formazione specialistica approfondita attraverso un corso intensivo di preparazione alla magistratura (Scuola Greco-Pittella, Roma) Praticante Avvocato presso il Foro di Benevento Esperta in Psicologia Giuridica in ambito civile e penale (adulti e minori) in seguito ad un Master Universitario di II livello (Istituto Skinner- Università Europea di Roma) Socia dell'associazione CAMMINO (Camera Nazionale Avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni) Copywriter

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