Ricettazione (648 c.p.) o incauto acquisto (712 c.p.)? L’apparente filo sottile che passa tra le due fattispecie normative

Ricettazione (648 c.p.) o incauto acquisto (712 c.p.)? L’apparente filo sottile che passa tra le due fattispecie normative

Fuori dei casi di concorso nel reato, chi, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, riceve od occulta denaro o cose provenienti da un qualsiasi delitto, o comunque si intromette nel farle acquistare, ricevere od occultare, è punito con la reclusione da due ad otto anni e con la multa da euro 516 a euro 10.329. La pena è aumentata quando il fatto riguarda denaro o cose provenienti da delitti di rapina aggravata ai sensi dell’articolo 628, terzo comma, di estorsione aggravata ai sensi dell’articolo 629, secondo comma, ovvero di furto aggravato ai sensi dell’articolo 625, primo comma, n. 7-bis. La pena è della reclusione sino a sei anni e della multa sino a euro 516, se il fatto è di particolare tenuità [62 n. 4, 133]. Le disposizioni di questo articolo si applicano anche quando l’autore del delitto da cui il denaro o le cose provengono non è imputabile o non è punibile ovvero quando manchi una condizione di procedibilità riferita a tale delitto”.

Così recita l’art. 648 del Codice Penale, il quale punisce chi acquista, riceve, occulta o si intromette nel far acquistare, ricevere od occultare denaro o beni di provenienza illecita, identificando dunque, come elemento costitutivo ed imprescindibile per la configurabilità del delitto in questione, l’esistenza di un reato presupposto, da cui provengono i beni oggetto dell’azione incriminata. 

L’elemento soggettivo di tale reato è il dolo specifico, poiché  oltre alla coscienza e alla volontà del fatto prima descritto, il soggetto agente si configura uno scopo ulteriore, ossia quello di procurare per sé o per altri un ingiusto profitto.

Fondamentale è dunque la consapevolezza della provenienza illecita. Tale consapevolezza è deducibile, come vedremo, da qualsiasi elemento, diretto o indiretto, perciò anche dalla insufficiente indicazione della provenienza della cosa ricevuta.

Ma nel caso in cui l’agente non abbia la certezza, ma solamente una consapevolezza della concreta possibilità che la cosa provenga da delitto, è configurabile il dolo eventuale nel delitto di cui all’art. 648 c.p.? Per rispondere a questo quesito sono intervenute le Sezioni Unite Penali con la sentenza n. 12433 del 26 novembre 2009, per dirimere le numerose controversie giurisprudenziali sorte negli anni, rispondendo dunque in maniera affermativa. 

Successivamente anche la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 43741 del 25 ottobre 2013, si è pronunciata in merito, affermando che, ai fini della configurabilità del delitto di ricettazione , non è necessaria la sussistenza di un dolo diretto, ma è sufficiente, dal punto di vista psicologico soggettivo, la sussistenza del dolo eventuale, ravvisabile nella consapevolezza da parte dell’agente della provenienza illegittima del bene ricevuto e della relativa accettazione del rischio, desumibile anche da prove indirette.

Ma allora se la ricettazione è configurabile sotto il profilo soggettivo del dolo eventuale,  non essendo dunque richiesta la certezza dell’agente in merito al reato presupposto, qual è la differenza sostanziale con la fattispecie di reato di cui all’art. 712 c.p. che disciplina il cd. incauto acquisto?

Quest’ultimo così recita: Chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo cose, che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per la entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda non inferiore a euro 10. Alla stessa pena soggiace chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza”. 

Si può dunque notare come l’elemento oggettivo delle fattispecie di reato in questione è assai simile , ma il primo è un delitto, il secondo una contravvenzione. Cosa comporta questa grossa disparità sanzionatoria?

Tale contravvenzione, viene comunemente denominata “intromissione nella ricettazione”, ma il criterio distintivo tra il delitto di ricettazione e quello di acquisto di cose di sospetta provenienza deve recarsi nell’elemento psicologico, il quale in quest’ultimo caso è assolutamente determinato da colpa. 

Il criterio distintivo tra il delitto di ricettazione e la contravvenzione in commento deve recarsi nell’elemento psicologico, che nel primo reato si concreta nella certezza, da parte dell’agente, della provenienza delittuosa della cosa acquistata o ricevuta, mentre nella contravvenzione è costituito dal colposo mancato accertamento di quella provenienza”: così afferma la sentenza n. 17237 del 1989 della Corte di Cassazione. 

Dalla breve sintesi di cui sopra potrebbe apparire sottile la distinzione tra il reato di incauto acquisto e quello di ricettazione.

In realtà, tra le due ipotesi di delitto esiste una differenza piuttosto netta, così come diverse sono anche le implicazioni che scaturiscono dal punto di vista sanzionatorio.

A volta questo divario potrebbe sembrare lieve, ma in realtà  si può facilmente individuare, andando a ponderare con attenzione proprio l’elemento psicologico di cui abbiamo fatto cenno, il quale affinché possa integrare il reato di cui all’art. 648 c.p. , non deve esaurirsi in un mero e semplice sospetto, ma tale rischio deve essere accettato dal soggetto agente nel caso in cui non abbia la piena coscienza e consapevolezza della provenienza illecita del bene acquistato ricevuto o occultato. 


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Gian Maria Nicotera dopo aver conseguito il diploma di Liceo Classico presso il “Giulio Cesare” di Roma, si laurea presso “ La Sapienza” in Giurisprudenza, con una tesi in Diritto Penale, sulla difesa legittima e le prospettive di riforma di questa e dell’art. 55 del c.p. Adesso è iscritto come Praticante Abilitato presso il foro di Roma.

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