Rimessa alle Sezioni Unite la questione circa la natura dell’aggravante di cui all’art. 609 ter cod. pen.

Rimessa alle Sezioni Unite la questione circa la natura dell’aggravante di cui all’art. 609 ter cod. pen.

Con ordinanza in data 14/02/2017 n. 6875 la Sezione Terza Penale della Suprema Corte ha rimesso alle Sezioni Unite la questione «se, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, le circostanze c.d. indipendenti debbano essere considerate circostanze ad effetto speciale, ai sensi dell’art. 63 c.p., comma 3, anche in caso di aumento non superiore ad un terzo».

Nel caso in esame la Corte di Appello di Napoli aveva confermato la sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, con la quale S.A. era stato condannato alla pena di anni sei e mesi sei di reclusione in ordine al reato di cui agli artt. 609 bis e 609 ter cod. pen. per aver costretto, con violenza, i minori di anni quattordici D.G.C. e R.A. a subire atti sessuali, consistiti in toccamenti in zone erogene; avverso la sentenza dei giudici di secondo grado aveva proposto ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato lamentando, tra gli altri motivi di ricorso, la violazione di legge e il vizio di motivazione in riferimento alla mancata concessione della circostanza attenuante del fatto di minore gravità, essendosi trattato di fatti episodici e non caratterizzati da modalità particolarmente invasive della sfera sessuale delle parti offese; la Sezione Terza della Suprema Corte, nel ritenere fondato il terzo motivo di ricorso sul diniego dell’attenuante della minore gravità di cui all’art. 609 bis, comma III, cod. pen., ha rilevato che la circostanza de qua può essere riconosciuta solo all’esito di una valutazione globale del fatto nel quale si tenga conto del grado di coartazione esercitato sulla vittima, delle condizioni fisiche e mentali, nonché dell’entità della compressione della libertà sessuale e del danno arrecato, anche in termini psichici, alla parte offesa dal reato: ha, in particolare, osservato che la Corte di Appello ha errato nel non ritenere applicabile l’art. 609 bis, comma III, cod. pen., avendo fondato il proprio convincimento non su concreti elementi fattuali o quantomeno indiziari suscettibili di una valutazione ma su supposizioni, basate «sulla minorata difesa dei soggetti passivi del reato, sull’affidamento dei genitori e sulla disposizione al gioco dei minori», [1] senza considerare l’entità della compressione della libertà sessuale; i Giudici di secondo grado sono, peraltro, incorsi in un vizio di motivazione per aver considerato il fatto di reato manifestamente invasivo della sfera sessuale e, pertanto, di per sé idoneo a cagionare «un grave turbamento dei minori»: ha affermato la Corte di Cassazione che il riferimento alla manifesta invasività della sfera sessuale è errato ed illogico dovendosi ritenere che «tutte le condotte integranti il reato di violenza sessuale sono, per definizione, invasive della sfera sessuale, ed una tale considerazione fonderebbe una interpretatio abrogans della disposizione di cui all’art. 609 bis c.p., comma 3».

La Sezione Terza della Suprema Corte, assegnataria del ricorso, nel rilevare che è discussa, all’interno della giurisprudenza di legittimità, la natura della circostanza aggravante di cui all’art. 609 ter cod. pen. [2] che prevede un aumento indipendente (da sei a dodici anni di reclusione) dalla pena prevista per il delitto di cui all’art. 609 bis cod. pen. (da cinque a dieci anni di reclusione), ne ha rimesso la questione alle Sezioni Unite di Cassazione ai sensi dell’art. 618 cod. proc. pen. con ordinanza n. 6875 del 14/02/2017.

Onde procedere ad un corretto inquadramento della questione e prima di esporre le tesi giurisprudenziali che hanno originato il contrasto, merita preliminarmente soffermarsi sui profili problematici connessi alla distinzione tra circostanze ad effetto comune e ad effetto speciale.

Com’è noto, l’art. 63, comma III, cod. pen. disciplina le ipotesi di concorso omogeneo tra una circostanza per la quale la legge stabilisce una pena di specie diversa, c.d. autonoma, o una circostanza che importi un aumento o una diminuzione superiore ad un terzo, c.d. ad effetto speciale, e una o più circostanze ad effetto comune, che determina una variazione frazionaria inferiore o uguale a un terzo.

La distinzione tra circostanza ad effetto comune e speciale non è meramente descrittiva ma assume rilievo, incidendo, in materia processuale, sulla disciplina della competenza ex art. 4 cod. proc. pen. e su quella dei termini di custodia cautelare ai sensi dell’art. 278 cod. proc. pen. ; in materia sostanziale, le circostanze ad effetto speciale, oltre a differenziarsi da quelle ad effetto comune per quel che attiene all’elemento soggettivo del reato e ad essere, in un giudizio di bilanciamento nell’ipotesi di concorso con altre circostanze, applicate per prime, incidendo maggiormente sulla determinazione e quantificazione della pena, rilevano ai fini del computo di prescrizione.

Tanto premesso, con riguardo all’istituto di cui all’art. 157 cod. pen., la Sezione remittente ha rilevato che qualora la circostanza ex art. 609 ter cod. pen., pur non prevedendo un aumento superiore ad un terzo, fosse stata ritenuta ad effetto speciale ai sensi dell’art. 63, comma III, cod. pen. la prescrizione dei reati ascritti all’imputato non sarebbe ancora intervenuta; qualora, al contrario, la fattispecie aggravante fosse stata considerata quale circostanza ad effetto comune, la prescrizione sarebbe già decorsa, con il conseguente annullamento, senza rinvio, della sentenza impugnata per estinzione dei reati per intervenuta prescrizione. [3]

Secondo un primo orientamento, l’art. 609 ter cod. pen., prevedendo l’aumento di solo un quinto della pena prevista dall’art. 609 bis cod. pen., non avrebbe effetto speciale, stante la definizione di cui all’art. 63, comma III, secondo periodo, cod. pen. in forza della quale «sono circostanze ad effetto speciale quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo» e, di conseguenza, considerato che l’art. 157, comma II, cod. pen. attribuisce rilevanza «per determinare il tempo necessario a prescrivere», oltre che alle circostanze c.d. autonome per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa, solo a quelle ad effetto speciale. [4]

Secondo altra tesi, l’art. 609 ter cod. pen., essendo una circostanza c.d. indipendente, integrerebbe una circostanza ad effetto speciale, ergo rilevante ai fini della determinazione del termine di prescrizione in quanto l’art. 609 ter, comma I, cod. pen. prevede una pena in misura indipendente da quella disposta dal reato base (art. 609 bis cod. pen.) che incide sulla disciplina delle circostanze ad effetto speciale. [5]

Ciò risulterebbe confermato dall’interpretazione letterale dell’art. 63, comma III, cod. pen. come novellato dall’art. 5 della L. 31 luglio 1984 n. 400, recante norme in tema di competenza penale, che ha previsto che: «quando per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria del reato o si tratta di circostanza ad effetto speciale, l’aumento o la diminuzione per le altre circostanze non opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta. Sono considerate ad effetto speciale quelle che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore ad un terzo». [6]

Anteriormente all’intervento legislativo del 1984, per circostanze ad effetto speciale si intendevano quelle per le quali la legge stabiliva la misura della pena “in modo indipendente dalla pena ordinaria del reato” e, tra queste, rientravano, in via interpretativa, anche le circostanze comportanti una variazione frazionaria superiore ad un terzo: la categoria di circostanza ad effetto speciale includeva, pertanto, tutte le circostanze operanti con un meccanismo di variazione della pena diverso da quello ordinario dell’aumento o della diminuzione fino a un terzo.

Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità aveva rilevato come la nozione di circostanze aggravanti ad effetto speciale potesse essere dedotta già dal sistema normativo penale, generale e speciale, preesistente alla nuova legge, precisando come tale nozione andasse integrata con la definizione di cui all’art. 5 dalla Legge n. 400 del 1984. [7]

L’interpretazione in chiave storica e sistematica dell’art. 63, comma III, cod. pen., nel dare una definizione di circostanze ad effetto speciale incentrata sulla variazione frazionaria della pena superiore ad un terzo e nel tacere ogni riferimento alle circostanze indipendenti, determinerebbe uno «smembramento delle circostanze indipendenti in due categorie a seconda della misura della variazione della pena».

A sostegno di tale orientamento si è, inoltre, osservato che qualora si dovesse ritenere che le circostanze indipendenti non rientrino, neppure tacitamente, nell’ambito di applicabilità dell’articolo 63 cod. pen., il loro regime, nel caso di concorso omogeneo, rimarrebbe privo di qualsiasi regolamentazione. Con la conseguenza che l’articolo 63, comma III, cod. pen. andrebbe interpretato nel senso che sono circostanze ad effetto speciale, oltre a tutte quelle indipendenti, anche «quelle frazionarie che importano un aumento o una diminuzione della pena superiore a un terzo».

Rilevato che nel caso dell’aggravante di cui all’art. 609 ter cod. pen., quale circostanza indipendente che prevede una variazione frazionaria inferiore ad un terzo, l’inquadramento nella categoria delle circostanze ad effetto speciale ovvero ad effetto comune presenta immediate conseguenze, innanzitutto ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, il Collegio ha ritenuto indispensabile un intervento delle Sezioni Unite di Cassazione perché chiarisca «se, ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere, le circostanze c.d. indipendenti debbano essere considerate circostanze ad effetto speciale, ai sensi dell’art. 63, comma 3, c.p., anche in caso di aumento non superiore ad un terzo».

Tale esigenza è stata condivisa dal Primo Presidente che, con decreto in data 16 febbraio 2017, ha fissato l’udienza al 27 aprile 2017 per la soluzione della questione.


[1] La Corte territoriale risulta aver negato il riconoscimento della circostanza attenuante facendo riferimento al “grado di preordinazione della condotta in un pubblico contesto destinato allo svago, volta a superare l’affidamento che i genitori solitamente ripongono nel lasciare i figli un margine di libertà in tali situazioni ed approfittare della disposizione al gioco degli stessi minori”, ed alla “indubbia incisività dell’offesa per l’attuazione, realizzata in mare approfittando di un’ulteriore minorata capacità del minore di sottrarsi, per l’intimidazione, realizzata richiamando circostanze tali da dimostrare di avere calcolato ed eluso il controllo dei genitori, per la minaccia di ritorsioni (rivolta in particolare al D.G.) per il gesto stesso, manifestamente invasivo della sfera sessuale.”

[2] L’art. 609 ter cod. pen., rubricato Circostanze aggravanti, così dispone: «La pena è della reclusione da sei a dodici anni se i fatti di cui all’articolo 609 bis sono commessi:
1) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni quattordici;
2) con l’uso di armi o di sostanze alcoliche, narcotiche o stupefacenti o di altri strumenti o sostanze gravemente lesivi della salute della persona offesa;
3) da persona travisata o che simuli la qualità di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio;
4) su persona comunque sottoposta a limitazioni della libertà personale;
5) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore, anche adottivo, il tutore;
5 bis) all’interno o nelle immediate vicinanze di istituto d’istruzione o di formazione frequentato dalla persona offesa;
5 ter) nei confronti di donna in stato di gravidanza;
5 quater) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, anche separato o divorziato, ovvero colui che alla stessa persona è o è stato legato da relazione affettiva, anche senza convivenza;
5 quinquies) se il reato è commesso da persona che fa parte di un’associazione per delinquere e al fine di agevolarne l’attività;
5 sexies) se il reato è commesso con violenze gravi o se dal fatto deriva al minore, a causa della reiterazione delle condotte, un pregiudizio grave.
La pena è della reclusione da sette a quattordici anni se il fatto è commesso nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni dieci.»
Per approfondimenti in tema tutele in favore del minore di età, vittima di reato, si segnala CARIOTI C., La protezione della persona fragile nell’ordinamento penale, Key Editore, 2017.

[3] Cass., Sez. Un., 28/05/2009, n. 35490, Rv. 244275, in CED Cass. 2009.

[4] Tra le altre, si segnala Cass. pen., Sez. III, 25/09/2013, n. 41487, Rv. 257292, in CED Cass. 2013, che ha affermato il seguente principio di diritto: “La circostanza aggravante prevista dall’art. 609-ter c.p., comma 1, n. 1, prevedendo l’aumento di un quinto della pena prevista dall’art. 609-bis cod. pen., non può essere considerata come circostanza ad effetto speciale e, conseguentemente, di essa non può tenersi conto ai fini del calcolo della prescrizione” (che, in motivazione, ha affermato: “la circostanza aggravante di cui all’art. 609 ter c.p., comma 1, n. 1 non è circostanza ad effetto speciale posto che la stessa comporta, a fronte della pena ricompresa tra i cinque e i dieci anni di reclusione di cui all’art. 609 bis c.p., una pena da sei a dodici anni di reclusione, in tal modo non operandosi l’aumento superiore ad un terzo richiesto dall’art. 63 c.p., comma 3, (cfr. Sez. 3, n. 5081 del 21/09/1999, Lanuto, Rv. 214425). A ciò consegue, pertanto, che il termine di prescrizione applicabile nella specie, considerando il più favorevole regime introdotto dalla L. n. 251 del 2005 (per il quale, ex art. 157 c.p., della predetta aggravante, in quanto ordinaria, non può tenersi conto), è pari ad anni dieci prolungabile, per effetto delle interruzioni, ad anni dodici e mesi sei ex art. 161 c.p.)”.

[5] Si veda Cass. pen., Sez. III, 23/03/2016, n. 31418, Rv. 267467: “La circostanza aggravante di cui all’art. 609-ter c.p., comma 1, n. 1, stabilendo la pena in misura indipendente da quella ordinaria prevista dall’art. 609 bis cod. pen., ha natura di circostanza ad effetto speciale, con la conseguenza che di essa deve tenersi conto nel calcolo della prescrizione”.

[6] L’art. 63 c.p., comma III, antecedentemente alla novella di legge del 1984, disponeva: “quando per una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa, o ne determina la misura in modo indipendente dalla pena ordinaria del reato, l’aumento o la diminuzione per le altre circostanze non si opera sulla pena ordinarla del reato, ma sulla pena stabilita per la circostanza anzidetta”.

[7] In tal senso, Cass. pen., Sez. I, 09/01/1985, n. 55, Rv. 168182, in CED Cass. 1985.


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