Risarcimento vittime reati violenti

Risarcimento vittime reati violenti

RISARCIMENTO VITTIME REATI VIOLENTI: la direttiva comunitaria nel dettaglio.

Con la Direttiva n. 2004/80/CE, il legislatore europeo ha imposto a tutti gli Stati membri dell’UE l’obbligo di dotarsi di meccanismi di indennizzo equo ed adeguato per tutti i cittadini dell’Unione rimasti vittime di un reato intenzionale e violento.

La direttiva muove dal presupposto che le vittime dei reati molto spesso non riescono ad ottenere il risarcimento riconosciutogli in sede giudiziaria, perché l’autore del reato o non dispone delle risorse necessarie per ottemperare alla condanna, o perché l’autore stesso resta sconosciuto o si è sottratto alla giustizia.

Secondo quanto disposto dalla medesima Direttiva europea, il diritto al risarcimento del danno spetta anche agli eredi, allorquando la vittima sia deceduta a causa dell’azione criminosa.

Sebbene l’Italia aveva tempo fino alla data del 1 luglio 2005, ad oggi, oltre a non aver ancora ratificato la Convenzione Europea in tema di risarcimento delle vittime di reati violenti, adottata a Strasburgo il 24.11.1983, non si è ancora del tutto adeguata alla Direttiva comunitaria del 2004.

Tale inottemperanza è costata allo Stato Italiano una procedura d’infrazione avviata dalla Corte di Giustizia Europea e delle condanne da parte di alcuni Tribunali italiani, primo fra tutti il Tribunale di Torino che, con sentenza n. 3145/2010, ha riconosciuto l’inadempimento dell’Italia alla normativa comunitaria, condannando lo Stato italiano al risarcimento del danno nei confronti della vittima di un reato violento.

RISARCIMENTO VITTIME REATI VIOLENTI: l’Italia e l’indennizzo a seguito di reati violenti.

Al fine di adempiere a quanto prescritto dal legislatore europeo, l’Italia ha emanato la Legge n. 122/2016 (Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea) con la quale, all’art. 11, ha riconosciuto che “il diritto all’indennizzo spetta esclusivamente alle vittime di reati dolosi commessi con violenza alla persona e del reato di cui all’art. 603 bis c.p.”.

Il risarcimento è posto a carico dello Stato, per ciò che riguarda le spese mediche ed assistenziali. Diversamente, nei casi di violenza sessuale o di omicidio, l’indennizzo viene corrisposto indipendentemente dalle spese predette.

RISARCIMENTO VITTIME REATI VIOLENTI: condizioni per l’accesso all’indennizzo. Forma e termini della domanda secondo la L. 122/2016.

Secondo quanto stabilito dall’art. 12 della L. 122/2016, le condizioni imprescindibili che devono sussistere al fine di vedersi riconoscere il risarcimento del danno subito a seguito di reati violenti sono le seguenti:

– il reddito annuo della vittima non deve essere superiore a quello previsto per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato;

– l’azione esecutiva da parte della vittima nei confronti dell’autore del reato deve essere risultata negativa;

– la vittima non deve aver concorso, anche colposamente, al verificarsi del reato;

– la vittima non deve essere stata condannata o sottoposta a procedimenti penali;

– la vittima non deve aver percepito, per il medesimo  fatto di reato,  somma da parte di soggetti pubblici o privati.

La domanda di risarcimento dovrà esser presentata entro 60 giorni dalla sentenza definitiva o dal compimento dell’ultimo atto dell’azione esecutiva infruttuosamente esperita.

RISARCIMENTO VITTIME REATI VIOLENTI: la beffa della legge

Dopo quasi 13 anni dalla emanazione della Direttiva europea, l’Italia non è ancora riuscita ad emanare una legge che renda giustizia a tutte le vittime di reati violenti.

Nonostante il tentativo fatto, il legislatore italiano ha emanato infatti una legge che si presenta palesemente iniqua, discriminatoria ed anticostituzionale, in quanto limita a pochissime persone (specificamente alle sole vittime che abbiano un reddito non superiore ad una determinata soglia) l’accesso al fondo istituito dallo Stato Italiano.

La legge italiana rappresenta, infatti, una palese violazione del principio di eguaglianza tra le vittime, ponendo dei limiti ingiusti al relativo accesso. E’ inconcepibile che il diritto al risarcimento del danno venga vincolato a limiti reddituali e che dunque la persona vittima di un reato violento debba fare i conti con il proprio reddito prima di sapere se otterrà mai la giustizia che gli è stata riconosciuta in sede giudiziaria.

Proprio alla luce di tale inadeguatezza della legge italiana, non ha tardato ad arrivare una nuova condanna della Corte di Giustizia Europea (sentenza del 11.10.2016), volta a ripristinare un sistema paritario di trattamento in favore di tutte le vittime di reati violenti.

Con la sentenza richiamata la Corte Europea sancisce il principio che anche l’Italia deve adeguarsi alle regole degli altri Stati comunitari “garantendo al cittadino dell’unione europea il diritto a ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite sul nostro territorio”. Gli Stati membri devono garantire alle vittime non soltanto l’accesso a un indennizzo secondo il principio di non discriminazione, ma anche un livello minimo di indennizzo per qualsiasi tipologia di reato violento.

Sicché, nella speranza che l’Italia emani in tempi brevi una nuova legge ispirata all’eguaglianza tra le vittime di reato violenti e non ancorata a limiti reddituali, ciò che le vittime di questo genere di reati possono fare è quello di rivolgere le loro richieste ai Tribunali ordinari, facendo valere l’inadempimento dello Stato Italiano o adire la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.


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Ha conseguito la Laurea Magistrale in Giurisprudenza presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Palermo discutendo una tesi sperimentale in Diritto Penale Tributario e ha ottenuto il Diploma di Specializzazione in Professioni Legali preso la medesima Università. Al termine del percorso post laurea ha svolto un tirocinio presso gli Uffici della Procura delle Repubblica presso il Tribunale di Palermo, ha conseguito un Diploma in Diritto Tributario Europeo ed Internazionale, ha frequentato un corso telematico in Diritto Penale Internazionale organizzato dalla School of Law della Case Western Reserve University di Cleveland, in Ohio (USA) e ha inoltre frequentato il Master biennale in Difensore Tributario organizzato dall’Unione Nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi. Negli anni ha maturato una specifica competenza in tema di Diritto internazionale, Diritto immobiliare Diritto tributario, Diritto dell’Immigrazione, nonché in tema di reati fiscali ed reati economici. Approfondito il settore dell'assistenza alle imprese e specificamente dell’auto-imprenditorialità (valido strumento per la creazione di opportunità professionali giovanili), fornisce specifica assistenza in tema di Start-up, Start-up innovative ed internazionalizzazione delle PMI, in stretta correlazione con la nuova normativa italiana in tema di microcredito e mentoring. Di lingua madre italiana, parla fluentemente la lingua inglese e conosce la lingua francese.

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