Rottamazione dei ruoli, ma con condanna alle spese

Rottamazione dei ruoli, ma con condanna alle spese

I termini per aderire alle agevolazioni fiscali previste dall’art. 6 del D.L. n. 193/2016 sono spirati lo scorso 31 marzo e ora a coloro i quali hanno aderito alla definizione agevolata dei carichi affidati all’agente della riscossione, meglio conosciuta come “rottamazione”, resta l’incertezza dell’esito del giudizio pendente.

La Corte di cassazione, con l’ordinanza 8377[1], depositata lo scorso 31 marzo 2017 è giunta alla conclusione che può essere condannato alle spese di lite il contribuente che rinuncia al ricorso per aver aderito alla rottamazione dei ruoli.

La suddetta decisione appare in contrasto con un precedente provvedimento, l’ordinanza n. 5497[2] pubblicata solo qualche settimana prima (n.d.r.), ove i Giudici di Piazza Cavour statuivano che le spese legali dovevano ritenersi compensate, trattandosi di definizione delle pendenze tributarie previste dalla legge.

In tale circostanza, quindi, la scelta del contribuente non era stata ritenuta causa di estinzione tale da giustificare una condanna alle spese, ciò verosimilmente perché l’interessato si  avvaleva di un istituto definitorio previsto per legge.

Cambio di rotta, insomma, con l’ultima pronuncia avendo la Corte rilevato che la parte rinunziante deve essere condannata alle spese di lite, in considerazione della sua soccombenza virtuale.

Secondo l’ultimo orientamento giurisprudenziale, nonostante l’adesione all’istituto della rottamazione, e la successiva estinzione del giudizio pendente, è comunque necessario valutare i diversi motivi proposti nei ricorsi dei contribuenti, al solo fine della quantificazione delle spese.

In altre parole, v’è da chiedersi se in assenza della definizione agevolata dei ruoli, la Cassazione respingerebbe le doglianze dei contribuenti, con successiva condanna alle spese.

La decisione fa certamente riflettere, poiché introduce il principio secondo il quale, nonostante l’adesione alla rottamazione e l’estinzione del giudizio, il ricorso proposto va comunque letto e giudicato per decidere sulla soccombenza virtuale ai fini delle spese.

Sembra quindi che l’orientamento adottato abbia come sfondo un po’ il controsenso: il contribuente adempiente e diligente è condannato perché ha deciso di pagare!

E di questo sembra essersene accorto anche il Legislatore, che con la successiva Manovra correttiva 2017, introdotta con il D.L. n. 50/2017, ha previsto l’istituto della definizione agevolata delle liti fiscali pendenti con l’Amministrazione finanziaria. Con l’art. 11, comma 5, ha previsto che le spese del processo estinto restassero a carico della parte che le ha anticipate, coerentemente con la disposizione dell’art. 46, comma 3, D.L.gs. n. 546/1992[3].

La chiusura agevolata della lite, i cui termini per aderire sono spirati lo scorso 2 ottobre, ha rappresentato per il contribuente attento, un’interessante opportunità, non solo per beneficiare del regime premiale previsto dall’istituto in termini di pagamento della pretesa accertata, ma anche per lasciarsi definitivamente alle spalle la condanna alle spese.

Chi si è avvalso della rottamazione ruolo ha, infatti, potuto usufruire anche della definizione agevolata delle liti fiscali pendenti, la compatibilità tra l’istituto della rottamazione dei ruoli e quello della definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti, chiarita in un’apposita sezione (paragrafo §5) della Circolare 22/E, è assolutamente certa e pacifica, con l’unico limite temporale per il contribuente di aver definito la domanda di rottamazione dei ruoli entro il 21 aprile scorso.

Stando così le cose, non resta che attendere future pronunce sull’argomento e di rimettersi al prudente apprezzamento dei Giudici, sperando che la rottamazione dei ruoli non venga considerata quale causa dell’estinzione, alla quale può seguire la condanna, e che non venga applicato rigorosamente l’art. 391 del Codice di procedura civile – secondo cui il decreto, l’ordinanza o la sentenza che dichiara l’estinzione può condannare la parte che vi ha dato causa, alle spese.


[1] Cfr. Corte di cassazione, ordinanza n. 8377 del 31 marzo 2017: “la parte rinunziante va tuttavia condannata alle spese processuali, liquidate come in dispositivo, in considerazione della sua soccombenza virtuale”.

[2] Cfr. Corte di cassazione, ordinanza n. 5497 del 3 marzo 2017: “Il Collegio ritiene che sussistano le ragioni di compensazione di cui all’art.92 c.p.c. ,essendo la rinuncia inerente alla procedura di dichiarazione di adesione alla definizione agevolata”.

[3] Cfr. D.lgs. 546/1992, art. 46, comma 3: “nei casi di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge le spese del giudizio estinto restano a carico della parte che le ha anticipate”. 


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Chiara Gabriele

classe 1987, avvocato tributarista

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