Se mi lasci non vale… però mi restituisci i soldi per la casa!

Se mi lasci non vale… però mi restituisci i soldi per la casa!

Al di là del titolo volutamente ironico la vicenda che segue esprime un certo pregio sia per la ricorsività del fatto che per i principi enunciati.

Non vi è dubbio che oggi non sia affatto infrequente che i genitori di giovani  fidanzati acquistino direttamente o facciano acquistare ai giovani pargoli immobili da destinare a futura casa coniugale. Nella vicenda che segue è invece proprio uno dei due fidanzati che acquista l’immobile utilizzando però i soldi dell’altro (realizzandosi di fatto una donazione indiretta).

Qualora per avventura il fidanzamento dovesse definitivamente rompersi, il donante può invocare l’art. 80 del codice civile sul presupposto che si è trattato di un dono restituibile per mancata celebrazione del matrimonio?

Analizziamo sinteticamente il ragionamento che la Corte di Cassazione ha espresso con l’ordinanza n. 29980/2021 non prima di avere svolto alcune necessarie premesse per meglio inquadrare la vicenda.

Non vi è dubbio che il matrimonio rimane un atto assolutamente libero, ancorché preceduto da una promessa di matrimonio. Il nostro ordinamento tutela la piena ed assoluta libertà di ognuno di contrarre o non contrarre matrimonio. Un eventuale ripensamento non è però privo di conseguenze di carattere giuridico che trovano la loro ragione nell’art. 1173 del codice civile. Come noto questo articolo disciplina le fonti delle obbligazioni e accanto al contratto e al fatto illecito menziona tra esse  ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell’ ordinamento giuridico.

Questa ultima ipotesi è proprio quella della promessa di matrimonio dalla quale può derivare un’obbligazione restitutoria dei doni fatti a causa della promessa stessa come anche un obbligo di risarcimento di quel danno determinato da un recesso ingiustificato dalla promessa di matrimonio. Si pensi alle ipotesi nelle quali uno dei fidanzati proprio sul presupposto della serietà della promessa (che deve assumere in questo seconda ipotesi formalità particolari solitamente rappresentate dalle pubblicazioni) abbia sostenuto spese o contratto debiti. Spese o debiti immediatamente riconducibili alla promessa non potendosi considerare ogni pregiudizio derivante dalla rottura del fidanzamento.  Le norme che regolano queste ipotesi sono gli articoli 79, 80 e 81 del codice civile. Ipotesi non qualificabili come ipotesi di responsabilità contrattuale od extracontrattuale perché se così fosse si potrebbe correre il rischio di una forma di indiretta pressione su colui che promette così da fargli accettare un legame non voluto o, al contrario, astenersi da propositi matrimoniali.

Torniamo ora alla domanda iniziale che ha dato origine all’ordinanza della Corte di Cassazione qui in commento: quella donazione indiretta che ha permesso l’acquisto della futura casa coniugale è o meno qualificabile come dono ai sensi dell’art. 80 c.c. e dunque restituibile nel caso di rottura del fidanzamento?

La Corte di Cassazione non condividendo gli esiti dei due precedenti gradi di giudizio conclusisi con il rigetto della domanda attorea compie un ragionamento affatto scontato. Se i doni sono stati fatti “a causa della promessa di matrimonio”, e in essa hanno l’unica ed esclusiva giustificazione, non può negarsi che si verifica una situazione di presupposizione dove il futuro matrimonio imprime la specifica destinazione ai beni donati.  Tenuto conto del nuovo contesto sociale come all’inizio richiamato, proprio il mancato verificarsi del matrimonio rende, si legge nell’ordinanza in commento, restituibili tutti i beni donati dalle parti durante il fidanzamento quale presupposto in vista di un matrimonio che poi non è stato contratto. E tra questi doni rientrano anche le  donazioni immobiliari, ivi comprese le donazioni indirette.

In questo caso, accertato il sopravvenuto venir meno della causa donandi (in caso di donazione indiretta immobiliare fatta in previsione di un futuro matrimonio poi non celebrato) non vi è ragione per non considerare caducata l’attribuzione patrimoniale al donatario senza incidenza, invece, sull’efficacia del rapporto fra il venditore e il donante, il quale per effetto di retrocessione viene ad assumere la qualità di effettivo acquirente.

In buona sostanza la Corte di Cassazione si preoccupa di individuare nella eliminazione di tutti i possibili segni di un rapporto che non è giunto a compimento, e che è opportuno rimuovere per quanto possibile, la ragione giustificatrice della riconoscibilità all’art. 80 c.c.  delle donazioni (anche immobiliari).


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