Separazione: ordinanza pronunciata in sede di reclamo e ricorso straordinario in cassazione

Separazione: ordinanza pronunciata in sede di reclamo e ricorso straordinario in cassazione

Nota a Cass. Civ., Sez. VI – 1, Ord., 04 marzo 2021, n. 6053
Sommario: 1. Il caso di specie – 2. I provvedimenti provvisori e urgenti resi nei giudizi di separazione e divorzio – 3. Il reclamo ex art. 708 c.p.c. – 4. La natura dell’ordinanza della Corte di Appello pronunciata in sede di reclamo e il suo rapporto con il ricorso straordinario in cassazione – 5. Conclusioni

 

1. Il caso di specie

Il Presidente del Tribunale di Roma, nell’ambito del procedimento di separazione personale promosso da un coniuge nei confronti dell’altro, in data 02 settembre 2018, ai sensi dell’art. 708, c.p.c., disponeva l’affidamento condiviso dei figli minori e il loro collocamento presso la madre alla quale assegnava la casa familiare, attribuendole altresì un assegno di ammontare pari a 1.000,00 euro per il suo mantenimento ed un ulteriore assegno di 2.000,00 euro per il mantenimento della prole.

Avverso tale decisione la moglie proponeva reclamo ex art. 708, c.p.c., dinanzi alla Corte di Appello di Roma, chiedendo di aumentare il contributo per il suo mantenimento, per quello dei figli e di porre le spese straordinarie da sostenersi nell’interesse di quest’ultimi integralmente a carico del marito, in considerazione della notevole disponibilità economica di quest’ultimo, la quale aveva permesso al nucleo familiare di godere di un elevato tenore di vita.

La Corte di Appello romana, con ordinanza n. 1941 del 2018, accoglieva il reclamo ed aumentava gli importi per il mantenimento, rispettivamente nella misura di 1.500,00 euro per la moglie e di 3.000,00 per i figli, fermo restando il riparto delle spese straordinarie nella misura fissata dal giudice di prime cure. A favore di tale decisione, aveva giocato l’impossibilità di mantenere l’elevato tenore di vita goduto dal nucleo familiare durante la convivenza matrimoniale, da ricollegarsi alla consistente posizione economica del marito, con gli importi fissati dal succitato decreto presidenziale.

Contro tale provvedimento il marito decideva di proporre ricorso straordinario per cassazione censurandolo sotto due profili. Con il primo motivo, deduceva la falsa applicazione dell’art. 708, comma 4, c.p.c., in quanto, il giudice di secondo grado avrebbe illegittimamente svolto un nuovo e globale riesame nel merito, sovrapponendo così il proprio potere discrezionale a quello ex lege rimesso al Presidente del Tribunale; a suo dire, infatti, il reclamo di cui si discute è ammissibile solo avverso i provvedimenti presidenziali, emessi ai sensi del medesimo art. 708, c.p.c., che presentino anomalie, quali un contenuto stereotipato o l’assenza totale di motivazione, tali da escludere la rinvenibilità di una priore valutazione degli interessi in conflitto, costituente il presupposto necessario all’esercizio dei poteri di approfondimento in sede istruttoria e, ove occorra, di modifica, da parte del giudicante.

Con il secondo motivo di impugnazione, invece, lamentava la violazione dell’art. 708, comma 3, c.p.c., in quanto, dal momento che il provvedimento impugnato, era stato adottato con effetto sostitutivo delle determinazioni spettanti al Presidente del Tribunale, riteneva che fosse venuto direttamente ad incidere sulla competenza di tale Organo, avente carattere funzionale e, in quanto tale, inderogabile.

2. I provvedimenti provvisori e urgenti resi nei giudizi di separazione e divorzio

I motivi lamentati dal ricorrente non hanno superato il vaglio di ammissibilità in quanto gli Ermellini, intendendo dare continuità all’indirizzo giurisprudenziale affermatosi in materia, hanno ribadito come l’ordinanza della Corte di Appello, pronunciata su reclamo avverso il provvedimento emesso dal Presidente del Tribunale ai sensi dell’art. 708, comma 3, c.p.c., non sia ricorribile per cassazione in via straordinaria ex art. 111 Cost.; tale strumento, infatti, difetta dei requisiti di definitività in senso sostanziale e dell’idoneità al giudicato, dal momento che la pronuncia de qua, pur incidendo su posizioni di diritto soggettivo, non è idonea a statuire su di esse in modo definitivo, in quanto assume la stessa natura di provvedimento interinale, provvisorio e strumentale al giudizio di merito che caratterizza il provvedimento presidenziale, sempre revocabile e modificabile dal giudice istruttore e destinato ad essere trasfuso nella sentenza che decide il processo, impugnabile per ogni profilo di legittimità.

L’ordinanza in commento offre, quindi, in primo luogo, l’occasione per tornare a riflettere su un tema particolarmente delicato del processo familiare rappresentato dai provvedimenti provvisori e urgenti resi durante l’udienza presidenziale ex art. 708, c.p.c.

Come ben noto, i provvedimenti in questione, per lungo tempo, nel silenzio normativo, hanno rappresentato e continuano a rappresentare, una tematica fortemente dibattuta tanto in dottrina che in giurisprudenza, circa la vexata quaestio della loro natura giuridica e sul punto della loro stabilità ed ammissibilità di un controllo immediato (vale a dire un’impugnazione che avrebbe trovato la sua forma in quella del reclamo).

Una prima linea di pensiero[1], che muove dalle finalità che tali provvedimenti intendono perseguire, li annovera tra quelli cautelari in quanto essi presenterebbero i tratti propri della cautela, quali la strumentalità, (tipica di simili misure, rispetto al giudizio di merito, costituito nel nostro caso dal giudizio di separazione o di divorzio), la provvisorietà, (in quanto destinati ad essere assorbiti o superati, mediante modifica, dalla sentenza) e l’anticipatorietà (dal momento che regolano, in via immediata, il conflitto familiare). Quanto, poi, al presupposto del periculum in mora, esso sarebbe rappresentato dalla necessità di offrire una tutela provvisoria ed immediata, al fine di contrastare le conseguenze negative derivanti dai tempi di definizione del giudizio di merito.

Una diversa posizione, contraria sia alla loro natura cautelare che a quella della volontaria giurisdizione[2] (secondo cui, prescindendo dalla valutazione dei diritti delle parti, i provvedimenti in questione si risolverebbero nella mera autorizzazione dei coniugi a vivere separati), qualifica, di contro, le misure di cui si discute come provvedimenti anticipatori o interinali[3], in quanto finalizzati a soddisfare i medesimi interessi della futura sentenza di separazione o ad integrarla laddove la decisione non contenga specifiche direttive attuali dei rapporti familiari. Secondo tale chiave interpretativa, quindi, la loro funzione andrebbe ricercata proprio nella ratio della loro stessa adozione, vale a dire atti emessi, anche d’ufficio, volti a definire i rapporti dei soggetti coinvolti dalla crisi familiare e tali da rispondere ai loro interessi e bisogni, nel tempo intercorrente tra l’udienza presidenziale e la pronuncia della sentenza.

3. Il reclamo ex 708 c.p.c.

Le controversie familiari, quali quelle di separazione e di divorzio, in ragione della delicatezza degli interessi in gioco, necessitano di forme processuali in grado di assicurare un alto grado di effettività della tutela giurisdizionale, a cui raramente si addicono le regole ordinarie. Di conseguenza, i procedimenti qui oggetto di interesse vengono ricondotti nell’alveo di quelli c.d. speciali in ragione delle situazioni sostanziali coinvolte (status dei coniugi, diritti fondamentali e patrimoniali delle parti, diritti dei figli) che il processo è chiamato a tutelare[4].

E proprio a fronte di tale peculiarità, gli interventi legislativi ormai dell’ultimo decennio, hanno riguardato, in modo particolare, la tematica delle impugnazioni esperibili avverso l’ordinanza presidenziale.

In primo luogo, grazie alla L. n. 80/2005[5], si è avuta la modifica della disposizione di cui all’art. 709, c.p.c., e il potenziamento del potere di controllo accordato al giudice istruttore, attraverso l’ampliamento del suo margine di intervento sul provvedimento, per mano dell’eliminazione del presupposto dei “mutamenti nelle circostanze” precedentemente richiesto, invece, quale requisito per l’eventuale mutamento delle decisioni presidenziali. A tale intervento normativo, è seguito, di lì a poco, quello della L. n. 54/2006[6], la quale ha rafforzato i mezzi di impugnazioni esperibili avverso l’ordinanza presidenziale e colmato così un’inopportuna lacuna della previgente disciplina: grazie a tale novella si è, infatti, introdotta un’apposita forma di reclamo per quanto riguarda i provvedimenti provvisori emessi nell’interesse dei coniugi e della prole (art. 708, ult. comma, c.p.c.); impugnazione, quest’ultima, che si è andata ad aggiungere al generale potere di revoca e di modifica assegnato al giudice istruttore, di cui agli artt. 709, ult. comma, c.p.c, e art. 4, comma 8, L. div.

In ragione, quindi, dell’introduzione del reclamo avverso l’ordinanza presidenziale, si è assicurato il diritto di impugnazione nei confronti di una decisione giurisdizionale che, ancorché emessa a cognizione sommaria e per sua natura non definitiva (dovendo essere sostituita dalla sentenza di merito), interviene sulle tematiche personalissime inerenti alla lite familiare, incidendo direttamente sui diritti e sulle situazioni sostanziali delle parti, con immediata efficacia, anche esecutiva.

Guardando alla formulazione della disposizione di cui all’art. 708, comma 4, c.p.c.,[7] si ricorda come essa, ancora oggi, a più di dieci anni di distanza dalla sua entrata in vigore, continui a porre diversi dubbi interpretativi, primo fra tutti quello legato alla definizione della natura del reclamo ivi racchiuso e dell’individuazione della disciplina ad esso applicabile.

Ebbene, a modesto avviso di chi scrive, il rimedio impugnatorio de quo non appare assimilabile a quello cautelare previsto dalla disposizione di cui dell’art. 669-terdecies, c.p.c., ancorché “simile[8]: infatti, sebbene il reclamo racchiuso nell’art. 708, comma 4, c.p.c., presenti alcune similitudini con quello propriamente cautelare, la cui applicabilità si estende, peraltro, anche a provvedimenti non qualificabili stricto iuris come cautelari (come, ad esempio, i provvedimenti provvisori), le peculiarità dell’ordinanza presidenziale, a cui si accompagna il fatto che tale disciplina si discosta da quella tracciata dall’art. 669-terdecies, c.p.c., portano ad escludere la sua natura non cautelare. A sostegno di ciò, si pone la peculiarità della “nuova” regola dettata circa la competenza a decidere sul reclamo, la quale spetta in questo caso alla Corte di Appello e non al Tribunale in composizione collegiale, come, invece, previsto dell’art. 669-terdecies, c.p.c.; una scelta, questa, giustificata non solo perché non deve essere sembrato opportuno che giudici dello stesso Tribunale criticassero una statuizione del loro Presidente, ma anche al fine di favorire una sorta di funzione nomofilattica a livello regionale, esercitata da parte dei giudici di secondo grado. Inoltre, guardando al termine per la proposizione del reclamo, esso è differente rispetto a quello previsto dall’art. 669-terdecies, c.p.c., il quale decorre dalla comunicazione: infatti, il dettato dell’art. 708, c.p.c., prevede che il termine perentorio per la proposizione del reclamo decorra dalla notificazione, la quale, però, può mancare, essendo prevista solo per il convenuto non comparso all’udienza presidenziale; ne consegue, pertanto, che qui la notificazione sia da considerarsi strumentale alla sola decorrenza dei termini, soccorrendo le regole giurisprudenziali costruite per la decorrenza di quelli per il reclamo nei confronti dei provvedimenti camerali, nell’ipotesi in cui essa non sia stata eseguita[9].

Alla luce, quindi, della formulazione della norma e delle caratteristiche del mezzo impugnatorio di cui si discute, vi è, poi, chi ritiene che esso sia assimilabile a quello camerale di cui all’art. 739, c.p.c.[10]. Tuttavia, mentre il reclamo di cui all’art 708, c.p.c., riguarda i provvedimenti provvisori (salvo il caso di ultrattività dell’ordinanza per estinzione del giudizio), quello camerale rappresenta un segmento di un procedimento unico, chiamato ad incidere su un provvedimento che, in sua mancanza, è idoneo a definire il procedimento[11]. A mio modesto avviso, quindi, meglio sarebbe considerare, dal punto di vista sistematico, il reclamo di cui all’art. 708, c.p.c., come un mezzo di impugnazione autonomo, specifico e sui generis[12], previsto ad hoc per i provvedimenti resi nei giudizi di separazione e divorzio.

Altri aspetti particolarmente controversi, sono, poi, ancora oggi, quello relativo alla natura del giudizio introdotto dal reclamo e dell’individuazione dei motivi di impugnazione che con esso possono essere spesi. Ebbene, anche su questa vexata quaestio, si registrano diverse linee di pensiero.

In primo luogo, vi è chi, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza[13], ritiene lo strumento de quo un mezzo a critica limitata, potendosi dedurre solo vizi estrinseci del provvedimento rilevabili, ictu oculi, sulla base della lettura degli atti, senza che, in sede di impugnazione, possano introdursi nuove allegazioni e deduzioni probatorie, nonché senza possibilità alcuna di qualsivoglia approfondimento istruttorio. Con la conseguenza che un’eventuale rivisitazione del provvedimento presidenziale, si potrà avere alla luce delle sole emergenze processuali già sottoposte all’esame del Presidente del Tribunale, rimanendo sempre riservata al giudice istruttore la possibilità di revocare, modificare o integrare le originarie statuizioni al fine di meglio adeguare la regolamentazione di quanto acquisito nella successiva fase a cognizione piena. In questo modo, pertanto, lo strumento di cui all’art. 708, c.p.c., viene a configurarsi come una mera revisio prioris istantiae, che, in quanto tale, non consente di allegare fatti nuovi né tantomeno di dedurre nuovi mezzi di prova[14].

Ma non è tutto, in quanto, oggigiorno, il reclamo di cui all’art. 708, c.p.c., subisce un ulteriore svilimento a fronte di una previsione inesistente di un termine preclusivo discendente dalla celebrazione anteriore dell’udienza di merito: nella giurisprudenza, infatti, si registrano orientamenti che ritengono ammissibile il reclamo sin tanto che non si sia consumata l’udienza di fronte al giudice istruttore[15]; in questo modo, quindi, la Corte avrebbe in pugno l’ammissibilità del reclamo semplicemente fissando a distanza l’udienza, in modo da far tenere anteriormente quella di merito innanzi al Tribunale, dal momento che da quel frangente in poi è il giudice istruttore ad assumere i poteri di revoca e modifica, non più consentiti alla Corte di Appello in sede di reclamo (negando così la perfetta fungibilità degli strumenti voluta al contrario dal legislatore nella formulazione della disposizione di cui all’art. 709, u.c., c.p.c.)[16].

Di contro, altra parte della dottrina ritiene che il giudizio di reclamo esperibile avverso i provvedimenti di cui all’art. 708, c.p.c., sia da ricomprendere tra i mezzi di gravame, potendo così portare ad una rinnovazione del giudizio sul medesimo oggetto del procedimento sommario presidenziale, in ragione del c.d. effetto devolutivo e potendo, eventualmente, essere allegati nuovi fatti sopravvenuti e nuovi mezzi di prova[17].

A sostegno di una siffatta interpretazione estensiva della cognizione della Corte, è stato osservato come il procedimento di reclamo, a seguito degli interventi legislativi dei primi anni duemila, non rappresenti più un giudizio di impugnazione, bensì un novum iudicium a critica illimitata, integralmente sostitutivo, aperto a nuove allegazioni e deduzioni istruttorie (anche quanto alle sopravvenienze), e come simile configurazione riguardi anche quello della materia familiare; quest’ultimo, infatti, conduce ad un esame integrale di quanto deciso dal Presidente del Tribunale, assolvendo alla stessa funzione di regolare, in via provvisoria, ma non per questo in modo meno compiuto, i rapporti familiari. Ne deriva, quindi, l’attribuzione al giudice del reclamo dei medesimi poteri di quello che ha emesso il provvedimento reclamato, fino a permettergli, anche nel procedimento di cui all’ art. 708, ult. comma, c.p.c., di assumere informazioni (ex art. 738, c.p.c.) e, dunque, in senso più ampio, di acquisire gli elementi di prova che risultino rilevanti per la decisione, tenendo, però, sempre a mente il particolare contenuto sostanziale dei provvedimenti temporanei e urgenti in relazione, almeno, ai due settori fondamentali da essi regolati. Infatti, relativamente a quello dei rapporti personali e patrimoniali fra i coniugi, pare sia da escludere che il giudice del reclamo possa svolgere la sua indagine sul relativo ambito in assenza di una domanda proveniente da parte di uno dei coniugi; mentre, per quanto attiene ai rapporti dei genitori con i figli, la natura ufficiosa delle corrispondenti statuizioni consente anche alla Corte, laddove la materia gli sia stata devoluta con la proposizione del mezzo attinente a quelle questioni, di provvedere, fino a discostarsi dalle prospettazioni del reclamante, in modo da perseguire l’interesse morale e materiale della prole.

4. La natura dell’ordinanza della Corte di Appello pronunciata in sede di reclamo e il suo rapporto con il ricorso straordinario in cassazione

Venendo, ora, all’ordinanza della Corte di Appello, pronunciata su reclamo avverso il provvedimento emesso dal presidente del Tribunale ai sensi dell’art. 708, c.p.c., ed oggetto dell’ordinanza in commento, la Suprema Corte, confermando l’orientamento consolidatosi nel corso degli ultimi anni, ha affermato che non è ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111 Cost., difettando la stessa dei requisiti di definitività in senso sostanziale e dell’idoneità al giudicato.

È nota, infatti, la costante posizione della Cassazione sul punto, secondo cui la norma costituzionale di cui sopra, nel definire “sentenza” il provvedimento avverso il quale è sempre ammesso il ricorso in via straordinaria ex art. 111 Cost., non vada interpretata in senso formale, basandosi cioè sulla forma del provvedimento, bensì sostanziale: ragion per cui, il rimedio de quo deve ritenersi esperibile avverso ogni provvedimento giurisdizionale, anche se emesso in forma di decreto o di ordinanza, che abbia però i caratteri della decisorietà e della definitività, che cioè pronunci, o venga comunque ad incidere, irrevocabilmente e senza possibilità di impugnazioni su diritti soggettivi. E che, quindi, se fosse sottratto ad ogni impugnazione, arrecherebbe a colui il cui diritto è stato sacrificato un pregiudizio non altrimenti rimediabile[18].

Ebbene, in merito all’ordinanza della Corte di Appello, resa su reclamo avverso il provvedimento emesso dal Presidente del Tribunale ex art. 708, c.p.c., la S.C. ha affermato che essa, pur incidendo su posizioni di diritto soggettivo, non è idonea a statuire su di esse in modo definitivo, ma assume la stessa natura di provvedimento interinale, provvisorio e strumentale al giudizio di merito che caratterizza il provvedimento presidenziale, sempre revocabile e modificabile dal giudice istruttore e destinato ad essere trasfuso nella sentenza che decide il processo, impugnabile per ogni profilo di legittimità[19].

Peraltro, poco tempo prima, gli stessi Ermellini avevano sottolineato come la possibilità di proporre reclamo avverso i provvedimenti in esame, ha indotto, poi, ad accostare, pur con le dovute differenze, la relativa disciplina a quella dei provvedimenti cautelari, evidenziando che gli artt. 669-septies, comma 2, e 669-octies, comma 7, c.p.c., impongono di provvedere sulle spese del procedimento cautelare soltanto se la domanda venga proposta ante causam, sia in caso di accoglimento che in caso di rigetto o dichiarazione d’incompetenza, mentre nulla dispongono in ordine ai procedimenti promossi in corso di causa, per i quali deve, quindi, intendersi che il regolamento delle spese debba aver luogo all’esito del giudizio di merito. La natura provvisoria dei provvedimenti presidenziali di cui all’art. 708, c.p.c., destinati a rimanere assorbiti dalla decisione di merito ed il carattere necessariamente incidentale del procedimento preordinato alla loro adozione, non consentita ante causam, permettono di estendere agli stessi le considerazioni svolte in riferimento ai procedimenti cautelari emessi in corso di causa e ad escludere, quindi, la necessità di una distinta pronuncia sulle spese, anche in sede di reclamo, dovendo la regolamentazione delle stesse trovare spazio nella sentenza emessa a conclusione del giudizio, la quale dovrà tener conto, a tal fine, dell’esito complessivo della lite e delle modalità di svolgimento delle singole fasi in cui il processo si è articolato[20].

In ragione, quindi, dei principi appena ricordati, gli Ermellini hanno dichiarato l’inammissibilità del ricorso promosso e condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

5. Conclusioni

L’ordinanza in commento, pur nella sua linearità, rappresenta un’occasione per tornare a riflettere su una legislazione ancora molto approssimativa e frammentaria, nonostante siano passati oltre quindici anni dalla novella con la quale si è introdotto il reclamo avverso l’ordinanza presidenziale emessa nei giudizi di separazione e divorzio. La speranza è, quindi, per il futuro che il legislatore ponga mano, nel contesto di una più generale riforma del processo di famiglia e dei minori, alla rivisitazione anche dei mezzi di impugnazione in questo settore particolarmente delicato in ragione dei diversi diritti in gioco.

 

 

 

 


[1] La tesi classica che ricomprende i provvedimenti presidenziali tra le misure cautelari è quella di CARNELUTTI, Istituzioni del nuovo processo civile italiano, Roma, 1942; MONTESANO, I provvedimenti d’urgenza nel processo civile, Napoli, 1955; SALVANESCHI, Provvedimenti presidenziali nell’interesse dei coniugi e della prole e procedimento cautelare uniforme, in Riv. dir. proc.,1994, 1063. E dopo la riforma dovuta alla L. 80 del 2005, tra i tanti v. TOMMASEO, Garanzia del reclamo e ordinanze interinali istruttorie nei giudizi di separazione e divorzio, in Fam e dir., 2008, 373 ss., e DE ANGELIS, Affido condiviso: le norme processuali e la natura dei provvedimenti “nell’interesse dei coniugi e della prole”, in Giur. it., 2006, 650, ss. Quanto alla giurisprudenza ex multis v. Cass. civ., 5 ottobre 1999, n. 11029, in Fam. e dir., 2000, 3, 292; Trib. Taranto, 8 marzo 1999, in Fam. e dir., 1999, 3, 376 e Trib. Firenze, 22 novembre 2006, in Fam., pers., succ., 2007, 274.
[2] Cfr. SATTA, Commentario al codice di procedura civile, IV, Milano, 1959, 312; PUNZI, I soggetti e gli atti del processo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1972, 650 ss., e CIPRIANI, I provvedimenti presidenziali nell’interesse dei coniugi e della prole, Napoli 1970, 471, anche se, in verità, lo stesso Autore nello scritto, L’impugnazione dei provvedimenti nell’interesse della prole e il lento ritorno al garantismo, in Corr. giur., 1998, 221 ss., propone una natura “ mista ” di tali provvedimenti talvolta contenziosa-cautelare, quando presuppongono una valutazione dei diritti delle parti, talaltra volontaria, quando si prescinde da tale valutazione.
[3] Cfr. Trib. Napoli, 13 ottobre 2009, in www.leggiditalia.it; Trib. Catania, 21 luglio 1993, in Foro it., 1994, 1, 1216, secondo cui i provvedimenti presidenziali “hanno necessariamente un contenuto di c.d. anticipazione degli effetti della futura decisione di merito, contenuto, questo, solo eccezionalmente proprio delle misure cautelari, che tendono invece alla mera assicurazione di quegli effetti” e Trib. Foggia, 30 luglio 2001, in Foro it., 2002, 1, 263. Per la dottrina v. MENCHINI, Nuove forme di tutela e nuovi modi di risoluzione delle controversie: verso il superamento della necessità dell’accertamento con autorità di giudicato, in Riv. dir. proc., 2006, 869, ss.; MONCALVO, L’udienza presidenziale nei procedimenti contenziosi di separazione personale dei coniugi e di divorzio, in Fam., Pers., Succ., 2009, 5, 444, e GATTO, Regime di stabilità dei provvedimenti interinali nei procedimenti di separazione, divorzio e minorili ex art. 317bis c.c., in Fam., pers., succ., 2011, 12, 832.
[4] Sul punto v. DANOVI, I provvedimenti presidenziali nella separazione e nel divorzio: alla ricerca di un’identità perduta, in Fam. e dir., 2018, 7, 717.
[5] L. 14 maggio 2005 n. 80, Conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale. Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato nonché per la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali. Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 maggio 2005, n. 111.
[6] L. 8 febbraio 2006 n. 54, Disposizioni in materia di separazione dei genitori e affidamento condiviso dei figli. Pubblicata nella Gazz. Uff. 1 marzo 2006, n. 50.
[7] Art. 708, comma 4, c.p.c.: “Contro i provvedimenti di cui al terzo comma si può proporre reclamo con ricorso alla Corte d’appello che si pronuncia in camera di consiglio. Il reclamo deve essere proposto nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del provvedimento”.
[8] Cfr. Cass. civ., 21 maggio 2009, n. 11831, in www.leggiditalia.it
[9] In caso di mancata notificazione, si applica analogicamente il termine lungo di sei mesi di cui all’art. 327 c.p.c., il quale decorre dalla pronuncia dell’ordinanza, se resa in udienza, o dalla sua comunicazione, se l’ordinanza è stata emessa all’esito dello scioglimento di una riserva assunta all’udienza.
[10] In tal senso LUPOI, Aspetti processuali della normativa sull’affidamento condiviso, in Riv. trim. dir. pro .civ., 2006, 1085.
[11] Cfr. DANOVI, II rapporti tra il nuovo reclamo avverso l’ordinanza presidenziale e la revoca/modifica da parte dell’istruttore, in Fam., pers., succ., 2007, 3, 221.
[12] V. App. Genova, 10 novembre 2006, Foro it., 2007, 1, 590.
[13] Da ultimo App. Bologna, 12 marzo 2021, in www.osservatoriofamiglia.it; e meno recentemente App. Bologna, 8 maggio 2006, in Fam. e dir., 2007, 617, con nota critica di TOMMASEO, Provvedimenti presidenziali e motivi di reclamo alla Corte d’appello; App. Bologna, 13 novembre 2006, in Fam. e dir., 2007, 2, 80, con nota di ARCERI, Sulla reclamabilità dei provvedimenti interinali nella separazione e nel divorzio; App. Lecce, 12 gennaio 2007, in Fam. min., 2007, 54; App. Firenze, 10 luglio 2008, in Foro it., 2009, con nota critica di CEA, Il difficile rapporto tra reclamo e revoca dei provvedimenti nell’interesse della prole e dei coniugi, dove secondo la Corte “la decisione della corte sul reclamo si giustifica solo in quanto, precedendo l’udienza di comparizione e trattazione delle parti innanzi al giudice istruttore, abbia un apprezzabile margine temporale di applicazione, al fine di esplicare al pieno la sua efficacia cautelare”; App. Firenze, 9 aprile 2010, in Foro it., 2010, I, 2199, con nota di CEA, Il controllo dei provvedimenti nell’interesse dei coniugi e della prole tra corti di appello e giudici istruttori e di PROTOPISANI, In tema di reclamabilità e revocabilità dei provvedimenti presidenziali.
[14] Cfr. ex multis App. Cagliari, 26 marzo 2011, in Fam., pers., succ., 2011, 471; App. Firenze, 9 aprile 2010, cit. e App. Bologna, 17 maggio 2006, in www.affidamentocondiviso.it. Per una più ampia disamina v. CECCHELLA, Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, Bologna, 2018, 181 ss.
[15] Cfr. sul punto, App. Torino, 10 dicembre 2013, in Fam. e dir., 2014, 257 e App. Napoli, 26 giugno 2007, in Corr. merito, 2007, 1251.
[16] Cit., CECCHELLA, Il giudice di legittimità apre all’impugnazione dei provvedimenti provvisori nelle controversie di famiglia e minorili, in Giusto proc. civ., 2020, 3, 929 e per la giurisprudenza si veda quanto stabilito recentemente da App. Firenze, 22 gennaio 2021, in www.osservatoriofamiglia.it secondo cui: “I motivi di reclamabilità avanti alla Corte di Appello delle ordinanze emesse ai sensi dell’art. 708 c.p.c. devono ritenersi circoscritti alla sola sussistenza di errores in procedendo, all’abnormità o all’ingiustizia manifesta ed ictu oculi del provvedimento impugnato”; in senso conf. v. App. Bologna, 16 settembre 2020 e App. Genova, 6 marzo 2020, entrambe in www.osservatoriofamiglia.it
[17] Cfr. sul punto DANOVI, Legittimazione e contradditorio nei procedimenti per separazione e divorzio, in Fam., pers., succ., 2008, 4, 333; TOMMASEO, Riflessioni sulle impugnazioni e sui reclami nel diritto di famiglia e delle persone, in Fam. e dir., 2008, 1, 97; LUISO, I provvedimenti sommari nei processi di separazione e divorzio, in Giusto proc. civ., 2011, 28-29, e, più recentemente, CECCHELLA, Il giudice di legittimità apre all’impugnazione dei provvedimenti provvisori nelle controversie di famiglia e minorili, cit.
[18] Cfr. Cass. civ., 12 novembre 2014, n. 24155; in senso conforme ex multis v. Cass. civ., 11 marzo 2006, n. 5377 e Cass. civ., sez. un., 03 marzo 2003, n. 3073, tutte in www.leggiditalia.it
[19] In senso conforme v. Cass. civ., 30 aprile 2020, n. 8432, in www.osservatoriofamiglia.it e Cass. civ., 15 maggio 2018, n. 11788, in CED Cassazione, 2018.
[20] Cfr. Cass. civ., 30 aprile 2020, n. 8432, cit.

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Francesca Ferrandi

Laureata in Giurisprudenza e in Scienze Politiche presso l'Università di Pisa (con votazione 110/110 e lode) e abilitata alla professione forense nel 2015. Nel 2018 ha conseguito il Dottorato di ricerca presso l'Università di Roma "Tor Vergata" in Diritto e Tutela: esperienza contemporanea, comparazione, sistema giuridico-romanistico. Dal 2019 è membro del Comitato editoriale della Rivista scientifica L'Osservatorio sul diritto di famiglia. Diritto e processo (ISSN 2611-9145). E' autrice di diverse pubblicazioni scientifiche in materia di diritto processuale civile, diritto di famiglia e diritto della crisi d'impresa.

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