Si può ammettere alla procedura di liquidazione del patrimonio il debitore privo di beni, ma che percepisce uno stipendio?

Si può ammettere alla procedura di liquidazione del patrimonio il debitore privo di beni, ma che percepisce uno stipendio?

In premessa va specificato che la norma sulla liquidazione del patrimonio (art.14-ter L.n.3/2012) prevede che il debitore in stato di sovraindebitamento possa chiedere la liquidazione di tutti i suoi beni, con l’esclusione di alcune categorie di crediti, di beni e dei frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli.

Ad una prima lettura della norma sembrerebbe, quindi, che il debitore sovraindebitato non possa accedere alla liquidazione nel caso in cui non possa offrire beni mobili o immobili alla procedura.

Orbene, la stessa norma prevede che non sono compresi nella liquidazione…gli stipendi, le pensioni, i salari e ciò che il debitore guadagna con la sua attività, nei limiti di quanto occorra al mantenimento suo e della sua famiglia indicati dal giudice.

La conseguenza di quanto stabilito dal legislatore è che la somma eccedente a quanto necessario al sostentamento (quanto meno dignitoso) del debitore e della sua famiglia può costituire la sola base su cui soddisfare i creditori per la durata della procedura.

A sostegno di questa tesi depone anche il fatto che l’art.14 quater prevede la possibilità di conversione della procedura di composizione della crisi in quella di liquidazione ed è fuor di dubbio che il piano del consumatore e l’accordo di ristrutturazione possano prevedere la messa a disposizione unicamente di parte dello stipendio o delle entrate di natura professionale del debitore.

Pertanto, se la procedura di composizione della crisi può  essere convertita in liquidazione del patrimonio in caso di annullamento dell’accordo o di cessazione degli effetti dell’omologazione del piano, evidentemente deve ritenersi ammissibile che il debitore possa accedere direttamente alla liquidazione del patrimonio offrendo ai creditori parte dei propri crediti futuri.

La giurisprudenza di merito è orientata in questo senso (tra le altre v. Trib. Verona 21.12.2018).

Ulteriori argomenti a favore sono costituiti dal fatto che nel patrimonio da liquidare rientreranno, ex art.14 undecies, anche i crediti eventualmente sopravvenuti nel quadriennio successivo al deposito della domanda di ammissione alla procedura, così da far rientrare all’interno del patrimonio del debitore ogni somma idonea a soddisfare i creditori; che in difetto di beni da alienare permane comunque l’utilità del liquidatore, posto che allo stesso è demandato il compito di accertamento dei crediti, riconoscimento dei diritti di prelazione e predisposizione dei piani di riparto al fine di soddisfare i creditori (v. Trib. Pordenone 14.03.2019).

Questa interpretazione sembra essere anche funzionale a consentire al soggetto sovraindebitato, laddove ricorrano le ulteriori condizioni previste, di conseguire l’esdebitazione (ex art. 14 terdecies) per effetto ed in conseguenza della devoluzione, al ceto creditorio, delle utilità comunque conseguibili da cespiti attivi del proprio patrimonio nel lasso temporale – avente durata minima quadriennale ex art. 14 quinquies, comma 4 – di espletamento della procedura di liquidazione.

In conclusione, tale lettura della disciplina della liquidazione del patrimonio è in sintonia sia con la lettera che con la ratio delle norme sul sovraindebitamento e, quindi, preferibile rispetto alla diversa interpretazione, che prende a riferimento, come detto, il solo dato letterale normativo.


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