Sindrome da Alienazione Parentale e i limiti relativi alla sua applicabilità

Sindrome da Alienazione Parentale e i limiti relativi alla sua applicabilità

La sindrome da Alienazione Parentale (PAS, sigla dalla locuzione inglese Parental Alienation Syndrome) identifica secondo lo psichiatra forense americano Richard Gardner – primo ad aver utilizzato tale terminologia – una dinamica psicologica disfunzionale che sorge in capo ai bambini coinvolti in procedimenti di separazione e divorzio e, in generale, in ogni procedimento avente ad oggetto decisioni inerenti i minori, connotati da un elevato grado di conflittualità.

Secondo Gardner, l’Alienazione Parentale, declinata anche in sindrome della madre malevola, madre simbiotica, madre fusionale o conflitto di lealtà, si verifica ogniqualvolta un genitore, c.d. alienante, intraprende una vera e propria campagna denigratoria a danno dell’altro genitore, c.d. alienato, attribuendo a quest’ultimo episodi di violenza fisica e psicologica, maltrattamenti ed abusi sessuali.

Si parla di PAS in quanto si assiste ad una vera e propria alleanza tra il genitore alienante e il minore, il quale, nell’aderire totalmente alla posizione espressa dal primo, vede nel genitore alienato un “nemico” da combattere.

La sindrome da Alienazione Parentale, nonostante sia priva di fondamento scientifico, trova sempre più spesso terreno fertile nelle aule dei nostri tribunali tanto da essere posta, a volte in modo acritico, alla base di importanti decisioni in materia di affido e di diritto di visita con ripercussioni alquanto pregiudizievoli per il minore.

Proprio sulle pericolose conseguenze che possono scaturire da un’adesione incondizionata alla PAS si è espressa recentemente la Corte di Cassazione, I Sez. civ., con ordinanza n. 13217 del 2021.

Il caso sottoposto all’attenzione del Giudice di legittimità trattava di una minore affidata al padre in modalità di affido super-esclusivo in quanto la madre, sulla base delle risultanze di due consulenze tecniche d’ufficio, era risultata affetta dalla “sindrome della madre malevola”. Più precisamente, le era era stata riscontrata un’inadeguatezza genitoriale e, in particolare, un’incapacità ad accettare la continuazione del rapporto genitoriale tra la figlia e il padre, rapporto che, secondo le risultanze istruttorie, parte ricorrente avrebbe provato in tutti i modi ad ostacolare.

Così, sulla base di quanto emerso dalle consulenze tecniche, la Corte d’Appello di Venezia disponeva l’affido super esclusivo della minore al padre, limitando in modo considerevole il rapporto tra la bambina e la madre, ritenuta “pericolosa” per la sua salute psico-fisica.

A fronte di tale decisione, parte ricorrente, nel veder pregiudicato il proprio rapporto genitoriale, decideva di ricorrere in Cassazione contestando la validità scientifica della sindrome che le era stata diagnosticata.

Il Giudice di legittimità, accogliendo le doglianze mosse dalla ricorrente, ha riconosciuto in capo all’organo giudicante il dovere di effettuare approfondite valutazioni circa la personalità e la vita del genitore definito alienante prima di assumere qualunque decisione limitativa della responsabilità genitoriale che potrebbe risultare pregiudizievole per il minore.

Precisamente, secondo la Corte di Cassazione, il Giudice “(..) nell’aderire alle conclusioni dell’accertamento peritale, non può, ove all’elaborato siano state mosse specifiche e precise censure, limitarsi al mero richiamo alle conclusioni del consulente, ma è tenuto – sulla base delle proprie cognizioni scientifiche, ovvero avvalendosi di idonei esperti e ricorrendo anche alla comparazione statistica per casi clinici – a verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale (..)”.

Con questa importante pronuncia, la Corte di Cassazione ha stabilito, per la prima volta, precisi limiti all’applicabilità della PAS.

Il Giudice di legittimità, oltre ad evidenziare come la diagnosi di una patologia non sia di per sé sufficiente a modificare il regime di affidamento del minore – essendo prima indispensabile dimostrare sia la sussistenza delle carenze genitoriali in capo al genitore definito alienante che il grave pregiudizio effettivamente subito dal fanciullo – si è spinto sino a definire la decisione impugnata espressione di una inammissibile valutazione di tatertyp”, ovvero ha riconosciuto come la ricorrente, nei rapporti con la figlia minore, fosse stata giudicata non tanto per quanto commesso bensì per il suo modo di agire, c.d. “colpa d’autore”, connessa alla sopra menzionata sindrome.

Ci si auspica quindi che la presente pronuncia contribuisca a porre un freno all’applicabilità della PAS, la cui adesione incondizionata può comportare seri pregiudizi in capo al minore il quale può essere privato del rapporto genitoriale senza giustificato motivo.


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Avv. Sara Mafficini

In data 11 ottobre 2019 ho conseguito il titolo di Avvocato, superando l'esame di Stato presso la Corte d'Appello di Venezia. Pratico la professione in Verona e mi occupo di Diritto civile e Diritto di Famiglia, da un punto di vista nazionale ed internazionale. Ho svolto un Tirocinio di 18 mesi presso il Tribunale di Verona, maturando esperienza nel Diritto di Famiglia. Ho svolto un tirocinio presso l'Autorità Centrale di Madrid in tema di sottrazione internazionale minorile. Ho conseguito un Master Biennale in Diritto di Famiglia e Tutela Minorile e mi sono abilitata come Coordinatore Genitoriale. Svolgo il ruolo di Tutor di Diritto civile presso la Scuola Forense di Verona.

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