Sospensione della prescrizione per Covid-19 e principio di irretroattività: Cassazione n. 21367/2020

Sospensione della prescrizione per Covid-19 e principio di irretroattività: Cassazione n. 21367/2020

La Corte di Cassazione, in tale sentenza[1], ha cercato di mettere ordine nella normativa emergenziale scaturita dalla pandemia da covid-19 in relazione alla preveduta sospensione della prescrizione di cui all’art. 83, comma 4, del d.l. 18/2020[2]: quest’ultimo ha previsto una causa di sospensione particolare operante dal 9 marzo 2020 all’11 maggio 2020, periodo durante il quale la trattazione della maggior parte delle udienze fu inibita a causa delle disposizioni governative limitative di molte libertà, prime tra tutte quella di circolazione e movimento, le quali hanno interessato ogni ambito della vita personale e professionale dei cittadini. I commi 6 e 7 del suddetto decreto hanno demandato ai capi degli uffici giudiziari l’adozione delle misure utili al contenimento della pandemia e tra queste è stata prevista, alla lettera g del comma 7, la possibilità di disporre il rinvio delle udienze a data successiva al 30 giungo 2020 per i processi civili e penali, con conseguente sospensione della prescrizione anche nel periodo 12 maggio – 30 giugno.

Questioni costituzionali. Tale speciale normativa emergenziale collide, secondo le vedute di una parte consistente della dottrina, con il principio di irretroattività di cui all’art. 25, comma 2, Cost[3]. A tal proposito, la Suprema Corte ha provveduto al compito di interpretare le varie norme che interessano la disciplina e ha tratto delle conclusioni condivisibili sul tema della citata sospensione della prescrizione alla luce della normativa scaturita da fattori eccezionali ed imprevedibili. La disciplina emergenziale trova il proprio fondamento nella Delibera del Consiglio dei Ministri del 31.1.2020, la quale ha dichiarato lo stato di emergenza: quest’ultimo, nei paesi a regime liberale, consiste in una dichiarazione emanata dal governo tramite l’approvazione di un decreto legislativo: tale dichiarazione constata l’esistenza per il paese di un pericolo che può essere di carattere sanitario, conseguente a disastri naturali o a periodi di disordini civili o successivo a dichiarazioni di guerra[4]. Secondo la Suprema Corte, lo stato di emergenza è implicitamente ammesso dal testo costituzionale: esso non è fuori dalla Costituzione, motivo per cui non c’è bisogno di normarlo con una disciplina di dettaglio. L’emergenza è parte naturale della vita di ognuno e trova nei principi del primum vivere e della salus rei publicae il proprio fondamento costituzionale: il primo citato principio stabilisce la primarietà della vita, la quale va tutelata dall’ordinamento fin dove sia possibile; il secondo sancisce la supremazia del bene del popolo, un bene considerato assoluto, il quale è preminente rispetto all’individualità singola. In quanto fatto eccezionale, la Suprema Corte evidenzia come l’emergenza metta in luce “tutti i limiti di interpretazione delle norme con le ordinarie categorie giuridiche e con il ricorso a schemi interpretativi o procedure predeterminate”:  di talché, l’analisi della norma deve fare i conti con la capacità della legge e dei principi costituzionali di adattarsi di fronte ad una situazione di tal genere, situazione generatasi da fattore esogeno estraneo all’ordinamento giuridico e tale adattabilità non può che interessare anche il principio di irretroattività.

Ciò che interessa evidenziare in questa sede è l’accento che la Corte di Cassazione pone sulla potenziale lesività di molti altri diritti costituzionalmente garantiti, primi tra tutti il diritto alla vita e alla salute, in questo caso preminenti rispetto al principio di irretroattività. La sentenza in commento ricorda, a tal proposito, un’autorevole dottrina che pose in evidenza come nessun principio possa avanzare la pretesa di valere fino ad annullare gli altri: “deve essere ricercata una formula di composizione o, quanto meno, di convivenza, che individu(i) un metaprincipio, una grondnorm”. L’epidemia è un fatto straordinario, al di fuori dell’ordinamento: la stessa ha determinato un susseguirsi di DPCM con cui l’esecutivo ha limitato la circolazione e l’iniziativa economica, restringendo di fatto la sfera d’azione tipica del cittadino nel mondo liberale, che scaturisce proprio dalla natura del fattore che ha scatenato la pandemia, ovverosia il virus. La Suprema Corte ci informa del fatto che la sospensione della prescrizione scaturita dal d.l. 18/2020 non può essere ricondotta alla disciplina sostanziale e ordinaria, dunque non può essere letta muovendo dal disposto dell’art. 159 c.p., poiché l’azione del legislatore non fu volta all’introduzione di una nuova causa di sospensione tout court, ma risulta essere una delle tante conseguenze di un fatto imprevedibile ed eccezionale. Il comma 4 dell’art. 83 del citato decreto è stato introdotto per evidenti ragioni di salute pubblica, la quale va garantita a tutti, non essendo escludibili, nel caso di specie, l’imputato e il suo difensore.

Ciò che è certamente vero è che la disposizione, in questo caso, deve avere efficacia retroattiva, poiché deve essere applicata ai processi pendenti. Ciò che la rende totalmente e sostanzialmente legittima è il suo carattere temporaneo (essendo la pandemia destinata a terminare, seppur i tempi siano in tal senso incerti) e proporzionato (poiché adeguato allo scopo prefissato del contenimento del virus). La temporaneità e la proporzionalità rappresentano i due principi costituzionalmente legittimanti e dunque rendono lecita l’applicazione di una norma che, seppur retroattiva, si pone lo scopo di tutelare altri diritti costituzionali posti in pericolo dal particolare periodo di emergenza che la nazione (e tutto il mondo) si trova a vivere.

La Suprema Corte, in tale sentenza, non fa altro che darci conto del famoso principio di bilanciamento tra diritti: nel ponderare l’art. 25, comma 2, Cost. che qui viene in rilievo con gli altri diritti di rango costituzionale che vengono posti in pericolo ha ritenuto preminente questi ultimi: tale bilanciamento consente di sacrificare il principio di irretroattività, rendendo tale operazione costituzionalmente legittima.

Ciò posto, torna dirimente il carattere della temporaneità, il quale è il principale legittimante di tutta la normativa speciale. Tutto ciò è applicabile fintanto che il carattere emergenziale permanga, così come confermato dallo studioso e costituzionalista Azzariti, il quale in una intervista de La Repubblica ha specificato come le misure adottate dal governo siano costituzionali purché siano a tempo determinato[5]: in tal senso, l’ordinamento non può che adattarsi e flessibilizzarsi alle nuove e atipiche esigenze della popolazione; il diritto, ai tempi del covid-19, muta al mutare delle situazioni e proprio per questo agli interpreti sono rimandate molte delle questioni che ineriscono la copertura costituzionale, come è avvenuto nel caso di specie della sentenza in commento.

Copertura costituzionale dello stato di emergenza. Come già accennato, in Costituzione non esiste una vera e propria norma che disciplini lo stato di emergenza, facendo menzione del solo stato di guerra di cui all’articolo 78. Una disciplina specifica è stata introdotta con legge ordinaria n. 225 del 1992 (la legge che introdusse il Servizio Nazionale della Protezione Civile). Tale mancanza in Costituzione non implica però l’assenza di una legittimazione costituzionale dello stato di emergenza: si sottolinea come una copertura implicita possa essere ricavata dalla lettura degli articoli 16, 17 e 32: nello specifico, l’art. 16, disciplinando il diritto alla circolazione e soggiorno, fa salve “le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e sicurezza”, così come la libertà di riunione “può essere vietata soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”. Prestando particolare attenzione all’articolo 32, che in questo frangente interessa maggiormente, è implicita la copertura costituzionale dal diritto stesso che la norma tende a tutelare, la salute, e che nel bilanciamento tra diritti non può che prevalere quando la situazione emergenziale risulti essere una pandemia. La tutela della salute in Costituzione non ha solo una dimensione individuale, ma anche collettiva, e la tutela collettiva della salute, in casi di particolare emergenza, non può prescindere dal restringimento, purché temporaneo, di altri diritti connessi al cittadino[6]. La salute è un interesse della collettività e in quanto tale deve assurgere a bene primario nell’era covid-19. “Di ciascuno e di tutti infatti la Costituzione si occupa e si preoccupa, in un equilibrio vertiginoso fra individuo e comunità, fra diritti del singolo e interesse del gruppo[7]”.

Conclusioni. La sentenza in commento, dunque, dotandoci di una linea guida che tracci i confini costituzionali di una disciplina d’emergenza, mette ordine su un punto finora molto discusso in dottrina, chiarendo come la sospensione della prescrizione sia legittima e proporzionata e specificando, altresì, che questa opera solo per i processi le cui udienze furono fissate nel periodo 9 marzo – 11 maggio e 12 maggio – 30 giugno. Inoltre, per ciò che concerne il dies a quo, la sospensione della prescrizione opera dalla data in cui avrebbe dovuto tenersi l’udienza, evitando dunque di computare un periodo che, in assenza di emergenza, non sarebbe stato comunque computato e che, in presenza di essa, non ha determinato modifiche al regolare svolgimento del processo: di conseguenza, i processi non interessati da questo periodo non subiscono nessuna sospensione ma, per essi, si considera la sola disciplina ordinaria di cui agli artt. 157 e successivi del Codice penale.

 

 

 


[1] Cass. Pen, 3 sez., 21367/2020
[2] Convertito nella legge 27/2020
[3] “Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”
[4] Giovanni Messina, “Stato economico di eccezione e teoria della governance: ovvero la fine della politica” Revista Brasileira De Estudos Politicos n. 107, luglio 2013
[5] L. Milella: “Coronavirus, Azzariti: <<le misure sono costituzionali a patto che siano a tempo determinato>>, www.larepubblica.it, 8 marzo 2020
[6] F. Cerquozzi, “Stato d’emergenza e Costituzione”, www.iusinitinere.it, 26 marzo 2020
[7] L. Butti, “Salute e dignità della persona nell’articolo 32 della Costituzione. E il difficile triage ai tempi del virus”, 22 aprile 2020

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Julia Sarno

Rome, Italy
Julia Sarno nasce l'11 luglio 1995. È laureata in Giurisprudenza all'università di Bologna e attualmente svolge il tirocinio ex art. 73 d.l. 69/2013 presso gli uffici giudiziari.

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