Stabile organizzazione: principi nazionali ed internazionali

Stabile organizzazione: principi nazionali ed internazionali

Per stabile organizzazione si intende una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita, in tutto o in parte, la sua attività sul territorio dello Stato oppure l’impresa residente esercita, in tutto o in parte, la sua attività sul territorio estero.

Può esistere una stabile organizzazione materiale e una stabile organizzazione personale.

La stabile organizzazione materiale è una sede fissa di affari con due caratteristiche: – complesso di strutture materiali finalizzate all’attività economica; – deve essere controllata e nella disponibilità della casa madre.

Si ha invece stabile organizzazione personale in presenza di un soggetto, residente o non residente, che abitualmente nel territorio dello Stato negozia, definisce e conclude contratti in nome dell’impresa.

I presupposti necessari affinché si possa considerare una stabile organizzazione sono riassumibili: a) una sede di affari; b) la staticità della sede d’affari ovvero la stabilità territoriale e spaziale; c) la condizione che l’impresa non residente svolga, in tutto o in parte, la propria attività nel territorio dello stato per mezzo di tale sede fissa d’affari: è necessario identificare una connessione strumentale della sede fissa con l’attività d’impresa.

Tale requisito della sede fissa di affari deve essere interpretato nel necessario legame tra la sede di affari ed il luogo geografico, nel senso che sul territorio dello Stato contraente dev’essere localizzato un luogo rilevante per il business dell’impresa. Inoltre la sede di affari deve essere utilizzata in modo costante e permanente dall’impresa non residente: la stabile organizzazione materiale non dovrebbe ricorrere quando la presenza sul territorio si protrae per un periodo non superiore a 6 mesi (eccezione fatta per le attività stagionali/ricorrenti e per quelle che per loro intrinseca natura sono di breve durata) .

L’art. 5 paragrafo 4 del modello OCSE elenca le ipotesi in cui un’attività svolta da una sede di affari non può concretizzarsi in una fattispecie di stabile organizzazione (c.d. negative list).

Pertanto non si configura una stabile organizzazione, come riportato al comma 4 dell’art. 162 del Tuir, qualora: – i beni o le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinati ai soli fini di deposito, esposizione o consegna; – si utilizzi un’installazione ai soli fini di deposito, esposizione o consegna di beni o merci appartenenti all’impresa; – i beni o le merci appartenenti all’impresa sono immagazzinati ai soli fini della trasformazione da parte di un’altra impresa; – l’utilizzo di una sede fissa di affari ai soli fini di acquistare beni o merci o di raccogliere informazioni per l’impresa; – sia utilizzata una sede fissa di affari al solo fine di pubblicità, di ricerca scientifica o attività analoghe che abbiano solo carattere preparatorio o ausiliario; – sia utilizzata una sede fissa di affari unicamente per una qualsiasi combinazione delle attività citate ai punti precedenti.

L’art. 162 comma 2 del Tuir elenca una serie di fattispecie al verificarsi delle quali è possibile configurare una stabile organizzazione (c.d. positive list): – una sede di direzione; – una succursale; – un ufficio; – un’officina; – un laboratorio; – una miniera, un giacimento petrolifero o di gas naturale, una cava o altro luogo di estrazione di risorse naturali.

L’elenco non preclude la possibilità che altre fattispecie, non espressamente menzionate, possano dar luogo ad una stabile organizzazione: il commentario OCSE di cui all’art. 5 paragrafo 12 intende questa elencazione meramente esemplificativa poiché ricomprende una lista di esempi caratteristici che a priori possono configurare individualmente una stabile organizzazione, con la conseguenza che resta a carico del contribuente l’onere di provare il contrario.

I criteri di tassazione della casa madre ed i metodi che ogni Stato adotta per evitare una doppia imposizione si possono riassumere in due principali tipologie volte al: – riconoscimento di un credito d’imposta; la casa madre determina la propria base imponibile includendo anche quella riferibile alla stabile organizzazione all’estero e si vede riconosciuto un credito d’imposta pari al tributo assolto all’estero; – riconoscimento dell’esenzione; i redditi prodotti all’estero, ove imputabili alla stabile organizzazione, non vengano inclusi nell’imponibile della casa madre e quindi sono tassati solo nello stato in cui la stabile organizzazione si trova.

L’action 7 in tema di stabile organizzazione definisce un nuovo e più articolato concetto di stabile organizzazione, di tipo materiale e personale , che tenga conto delle dinamiche evolutive di mercato.

Nella stabile organizzazione personale gli elementi qualificanti sono: l’abituale conclusione di contratti in nome dell’impresa non residente ed il fatto che l’agente agisca in uno stato di sostanziale “dipendenza”.

Questa presenza può essere esercitata in modo diverso:

  • Stabile Organizzazione Materiale con consistenza fisica. Presenza fisica dell’impresa in Italia (ufficio, magazzino, etc)

  • Stabile Organizzazione Materiale senza consistenza fisica. Esercizio in Italia di attività online con server sito web ed utenti italiani;

  • Stabile Organizzazione Personale. Presenza in Italia di un soggetto che operi contrattualmente per conto dell’impresa estera chiudendo contratti.

Quello che conta è il concetto di Redditività. Ad esempio, un’enorme fabbrica situata in un paese a basso costo del lavoro che si limita a fornire tutta la produzione ad un altro soggetto del suo stesso gruppo (distributore o ulteriore stabilimento) non è una Stabile Organizzazione.

La definizione di Stabile Organizzazione varia nei diversi regimi tributari internazionali. Tuttavia, è fondamentale in ogni ordinamento giuridico perché la Stabile Organizzazione è soggetto di imposizione tributaria nel paese dove ha la sede e non dove risiede il soggetto che ha la proprietà o il controllo della stessa.

La Stabile Organizzazione di un’impresa nello Stato italiano rende applicabile la disciplina in materia di IVA ai sensi del DPR n 633/1972 e, conseguentemente, permette l’integrazione del reato di omessa dichiarazione ex articolo 5 del DLgs n 74/2000.

Laddove, infatti, ricorrano: – il requisito oggettivo dell’esercizio abituale di un’attività commerciale; – il requisito territoriale della stabilità in Italia di un’organizzazione del soggetto non residente.

E’ la stessa entità organizzativa situata sul territorio nazionale a costituire l’unico centro di imputazione fiscale.

La Stabile Organizzazione italiana è una entità fiscale separata dalla sua casa madre estera funzionale solo a determinare il reddito d’impresa  prodotto nello Stato italiano.

Ai sensi dell’articolo 162 Tuir la “stabile organizzazione” si realizza in presenza di una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita, in tutto o in parte, la sua attività sul territorio dello Stato.

Con la Legge di Bilancio 2018 (articolo 1, comma 1010, lett. a) L.205/2017) il legislatore ha introdotto, all’articolo 162, comma 2, Tuir, la lettera f-bis, che definisce stabile organizzazione: “una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costruita in modo tale da non fare risultare una sua consistenza fisica nel territorio stesso”.

Ai fini Iva, l’articolo 11 Regolamento UE 282/2011 prevede che la stabile organizzazione designa qualsiasi organizzazione caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e da una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici, necessari a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione.

In merito nell’articolo 7, comma 1, lett. d), D.P.R. 633/1972 è espressamente previsto che per “soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato” si intende un soggetto passivo domiciliato nel territorio dello Stato o ivi residente che non abbia stabilito il domicilio all’estero, ovvero una stabile organizzazione nel territorio dello Stato di soggetto domiciliato e residente all’estero, limitatamente alle operazioni da essa rese o ricevute.

Infatti, qualora gli obblighi o i diritti derivanti dalla applicazione delle norme in materia di imposta sul valore aggiunto siano previsti a carico ovvero a favore di soggetti non residenti e senza stabile organizzazione nel territorio dello Stato, gli stessi devono essere adempiuti od esercitati, nei modi ordinari, dagli stessi soggetti direttamente, se identificati ai sensi dell’articolo 35-ter D.P.R. 633/1972, ovvero designando un loro rappresentante fiscale residente nel territorio dello Stato (articolo 17 D.P.R. 633/1972).

La giurisprudenza di legittimità ha recentemente chiarito quali sono gli elementi che caratterizzano, ai fini Iva, una stabile organizzazione in Italia da parte del soggetto non residente.

La suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 12237 del 18.05.2018, ha accolto il ricorso del contribuente scaturito in seguito ad una verifica fiscale effettuata nei confronti di una società di capitali residente in Italia, nel corso della quale erano state individuate alcune prestazioni di servizio effettuate tra la società verificata ed un soggetto di diritto francese che, a parere dei verificatori, aveva in Italia una stabile organizzazione in Italia (una sede di direzione).

Per tale motivo, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, lett. d), D.P.R. 633/1972, nella versione in vigore prima delle modifiche intervenute ad opera dell’articolo 1 D.Lgs. 18/2010, le operazioni erano state riqualificate imponibili ai fini Iva.

I giudici di legittimità richiamando le disposizioni internazionali di riferimento hanno sancito che, in tema di Iva, la “stabile organizzazione” di una società straniera in Italia si realizza solo in presenza in una struttura dotata di risorse materiali ed umane e può essere costituita anche da un’entità dotata di personalità giuridica, alla quale la società straniera abbia affidato, anche di fatto, la cura di affari (con l’esclusione delle attività di carattere meramente preparatorio o ausiliario, quali la prestazione di consulenze o la fornitura di know how).

Quindi, lo svolgimento delle predette attività da parte di un soggetto nazionale può essere ricavata anche da elementi indiziari, quali l’identità delle persone fisiche che agiscono per l’impresa straniera e per quella nazionale, ovvero la partecipazione a trattative o alla stipulazione di contratti, indipendentemente dal conferimento di poteri di rappresentanza (Corte di Cassazione, sent. n. 3889 del 15.02.2008).

In definitiva, in materia di imposta sul valore aggiunto:

  • per la definizione di “stabile organizzazione” occorre fare riferimento al concetto di “centro di attività stabile” (ai sensi dell’articolo 9, comma 1, Direttiva 77/388/CEE, nell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea: “per poter essere considerato un centro di attività cui si riferiscono le cessioni di beni o le prestazioni di servizi di un soggetto passivo, è necessario che tale centro di attività presenti un grado sufficiente di stabilità e una struttura idonea, sul piano del corredo umano e tecnico, a rendere possibili in modo autonomo le operazioni di cui trattasi“;

  • non costituisce “un centro di attività stabile un’istallazione fissa utilizzata al solo fine di effettuare, per conto dell’impresa, attività di carattere preparatorio o ausiliario quali l’assunzione del personale o l’acquisto dei mezzi tecnici necessari allo svolgimento delle attività dell’impresa“.

  • in relazione a quanto sopra esposto, i giudici non hanno condiviso la tesi dell’Ufficio ricorrente, secondo cui l’esistenza in Italia di una sede di direzione della società contribuente varrebbe a configurare una stabile organizzazione della società.

Pertanto, avuto riguardo alla sede di direzione, nella declinazione fornita dall’articolo 162, comma 2, lett. a), D.P.R. 917/1986, il fatto che le riunioni di alcuni manager del Gruppo erano avvenute nel territorio italiano non può essere considerato una circostanza sufficiente ai fini della configurabilità di un “centro di attività stabile” ai fini Iva, non essendo emersi elementi riconducibili alla sussistenza di una struttura connotata da un idoneo apporto umano e tecnico.

La registrazione di una stabile organizzazione, diversamente da una legal entity non richiede il versamento di somme a titolo di capitale lasciando alla casa madre la possibilità di dotarla di un fondo di dotazione (costituito da beni, denaro, personale, …) per l’attività in loco.

Il semplice acquisto di un immobile da parte di una società estera non è di per sé idoneo a configurare l’esistenza di una stabile organizzazione ma occorre l’effettiva costituzione di un’autonoma e funzionale struttura nazionale rispetto alla società estera. L’autonomia, inoltre, deve manifestarsi sia sul piano gestionale che su quello contabile. In ogni caso la stabile organizzazione avrà valenza ai fini fiscali solo dal momento in cui l’impresa inizierà a svolgere la sua attività “in maniera continuativa” usando la sede fissa e non prima. Il modello OCSE, oltre a fornire una definizione generale del concetto, elenca anche particolari fattispecie specifiche che danno luogo comunque ad una stabile organizzazione. Si tratta di sedi di direzioni, di succursali, uffici, officine, laboratori, miniere, cave o altri luoghi di montaggio, quali ad esempio i cantieri. Si ha una stabile organizzazione anche quando, pur mancando l’installazione fissa, l’imprenditore straniero si serva di persone che svolgano l’attività in suo nome disponendo ed esercitando abitualmente il potere di concludere contratti in nome e per conto dell’impresa.

In base a tale principio quindi tutti i redditi “presumibilmente riconducibili” all’attività svolta da una stabile organizzazione di una società estera vengono assoggettati ad imposizione nel Paese di produzione; il pericolo, nella maggioranza dei casi, è rappresentato dalla difficoltà oggettiva di determinare la quota parte di reddito attribuibile all’attività svolta dalla stabile organizzazione. Fatto questo che non consente alla casa madre estera di determinare a priori gli oneri fiscali gravanti sull’attività imprenditoriale esercitata in Italia.

Il concetto di stabile organizzazione viene individuato, nel nostro ordinamento, dall’art. 162 del TUIR  e dall’art5 del Modello di Convenzione dell’OCSE.

Entrambe le norme definiscono la stabile organizzazione come una sede fissa di affari in cui l’impresa esercita in tutto o in parte la sua attività.

La definizione di stabile organizzazione fu introdotta, per la prima volta nel nostro diritto interno il 1° gennaio del 2004 dall’articolo 1 del Decreto legislativo del 12/12/2003 n. 344 che introdusse nel TUIR l’art.162, in seguito novellato dall’articolo 1, comma 1010, della Legge del 27/12/2017 n. 205.

In base all’art 162 del TUIR l‘espressione “stabile organizzazione” designa una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività sul territorio dello Stato.

Dal punto di vista tributario, quindi, la stabile organizzazione dovrà scontare la tassazione nello stato estero dove opera,  in quanto considerata autonomo soggetto d’imposta, ma anche nel Paese di residenza della società madre, generando un fenomeno di doppia imposizione attenuato o eliminato tramite l’applicazione delle Convenzioni contro le Doppie Imposizioni.

Laddove sia identificabile una stabile organizzazione, l’ordinamento le attribuisce un certo grado di autonomia, assoggettandola a particolari obblighi ed adempimenti come: la tenuta delle scritture contabili o la possibilità di essere sostituto d’imposta.

Anche se posti in essere dalla Stabile Organizzazione i relativi obblighi e adempimenti, il soggetto giuridicamente obbligato a tali adempimenti è la società madre non residente in quanto, come si è detto, la stabile organizzazione non è un soggetto titolare di autonoma soggettività.


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Luca Labano

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