Strasburgo condanna l’Italia per mancanza di imparzialità di uno degli arbitri

Strasburgo condanna l’Italia per mancanza di imparzialità di uno degli arbitri

Commento a Corte Europea dei diritti dell’uomo I° sezione – Strasburgo 20 maggio 2021 – Sentenza Causa BEG S.p.A. c. ITALIA (Domanda n. 5312/11)

Abstract (ITA): La sentenza della Corte EDU del 20 maggio 2021, domanda n. 5312/11, caso BEG S.p.A. contro Italia, destinata a definitività al ricorrere delle circostanze esposte nell’art. 44 § 2 della Convenzione (CEDU), dichiara leso il diritto del soggetto ad un collegio arbitrale imparziale, allorché uno dei componenti abbia avuto rapporti lavorativi e funzionali con una delle parti in contesa. Il fondamento normativo è costituito dall’articolo 6 § 1 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali.
Sommario: 1. La pronuncia Corte EDU del 20.05.2021, n. 5312/11: nota introduttiva – 1.1 I fatti di causa – 1.2 Le ragioni della decisione della Corte EDU – 2. La decisione della Corte in merito alla richiesta di riapertura del procedimento di convalida del lodo, sulla liquidazione del danno patrimoniale e morale ed in merito all’applicazione dell’art. 6 §1 della Convenzione – 3. La pronuncia Halliburton Company v Chubb Bermuda Insurance Ltd in tema di imparzialità degli arbitri – 4. profili di attualità della pronuncia della Corte EDU alla luce delle riforme del disegno di legge A S1662 sul processo civile e A.D.R. in Italia – 5. Osservazioni conclusive

 

1. La pronuncia Corte EDU del 20.05.2021, n. 5312/11: nota introduttiva 

La Corte EDU, il 20 maggio 2021, accoglie il ricorso, rubricato al n. 5312/11 del 21 gennaio 2011, promosso da società italiana BEG S.p.A. contro Italia. In sentenza, la Corte dichiara che, ai sensi dell’art.  6 § 1 CEDU, sussiste lesione del diritto del soggetto ad un collegio arbitrale imparziale, nell’ipotesi in cui uno dei componenti abbia avuto rapporti lavorativi con una delle parti in contesa.

1.1 I fatti di causa

La questione alla base della vertenza riguarda rapporti commerciali intercorrenti tra l’ENEL e la ricorrente società italiana BEG S.p.A., operante nel settore della costruzione e gestione di centrali idroelettriche e di energia rinnovabile.

Nel 1996, la società BEG S.p.A. informò l’ENEL dell’inizio della costruzione di una centrale idroelettrica in Albania, al fine di valutare l’interesse dell’ENEL stessa di raccogliere l’energia elettrica, che sarebbe stata prodotta nell’impianto. La storica società italiana ENEL, sorta nel 1962 con la qualifica di ente pubblico, nazionalizzò diverse centinaia di aziende elettriche private. Nel 1999, con la creazione di alcune società controllate e la vendita in borsa del 32% del suo capitale, diede inizio ad una progressiva di privatizzazione dell’ente. All’epoca dell’informativa inoltrata dal ricorrente (anno 1996), l’ENEL gestiva ancora il monopolio del settore energetico italiano.

Seguì all’informativa della BEG S.p.A. il riscontro positivo da parte dell’ENEL, fermo il fatto che, la BEG S.p.A dovesse, comunque, completare le attività necessarie a garantire la fattibilità tecnica del progetto proposto.

Nel giugno del 1996, il richiedente BEG S.p.A. ottiene concessione dal governo albanese per la costruzione della centrale idroelettrica, formalizzata nel successivo mese di maggio 1997. Nel marzo 1999, intervenne tra la BEG S.p.A. e l’ENEL la firma di un accordo preliminare, contenente l’impegno delle parti di realizzare il progetto.

Nello stesso anno, a seguito di una divisione interna alla società ENEL, si diede vita ad una società collegata denominata ENELPOWER S.p.A., successivamente costituita come società separata, sia pur controllata per intero da ENEL e collegata alla Divisione Ingegneria e Costruzioni di quest’ultima. In data 2 febbraio 2000, dopo anni di trattative con ENEL, la ricorrente firmò un accordo di collaborazione con ENELPOWER, sulla base della realizzazione della centrale idroelettrica installata in Albania.

Una delle principali disposizioni dell’accordo era l’obbligo della ricorrente di vendere, all’ENEL (società madre), l’energia elettrica che sarebbe stata prodotta nella centrale, in vista della sua distribuzione ai clienti dell’ENEL in Italia. All’art. 11 del contratto di collaborazione, le parti si obbligarono a deferire alla Camera Arbitrale della Camera di Commercio di Roma (la “A.C.R.”) eventuali controversie future.

Nel marzo 2000, le parti convennero di affidare, ad una società di revisione dell’ENELPOWER, il compito di valutare il valore della concessione della ricorrente, allo scopo di conferire un importo di capitale ad una società albanese di nuova costituzione, per implementare il progetto.

La società ENELPOWER non condivise le modalità e gli esiti dell’audit, esprimendo dubbi sulla fattibilità del progetto e, sulla base di ciò, decise di non dare seguito all’accordo di cooperazione. Ne conseguiva nel novembre 2000, l’avvio di un procedimento arbitrale, a cura del ricorrente BEG S.p.A., presso l’A.C.R. contro ENELPOWER, con istanza di accertare la violazione del contratto di collaborazione da parte di quest’ultima e la richiesta di risoluzione contrattuale, in uno al risarcimento dei danni, valutati in lire italiane (ITL) in 237.500.000.000 (controvalore in euro, pari a 130.000.000 circa (EUR)).

Contestualmente, il ricorrente nominò il proprio arbitro. La società ENELPOWER depositò la sua replica il 28 dicembre 2000. Nominò, a sua volta, quale suo arbitro un soggetto che, alla data dei fatti in contesa, aveva assunto la rappresentanza giudiziale dell’ENEL in qualità di suo legale in una controversia civile parallela conclusa con sentenza n. 15029 del 27 novembre 2001 (R.G. n. 4386/1999) della Corte di Cassazione.

L’A.C.R. comunicò, in data 12 febbraio 2011, agli arbitri designati, la loro nomina, invitandoli a comunicare per iscritto ogni potenziale conflitto di interessi. La dichiarazione di accettazione fornita dall’arbitro indicato dalla ENELPOWER non riferiva esplicitamente l’assenza di conflitto di interessi.

Il 17 giugno 2002, l’A.C.R. informò gli avvocati delle parti che il termine per il deposito del lodo sarebbe spirato il 15 dicembre 2002. Il 6 dicembre 2002, il ricorrente, comunicava all’A.C.R. e ai tre arbitri, di aver presentato richiesta di ricusazione dell’arbitro indicato da ENELPOWER, in virtù del fatto che la BEG S.p.A. in data 5 dicembre, era venuta a conoscenza che l’arbitro designato da ENELPOWER, era stato un membro del Consiglio di Amministrazione, Vicepresidente e, quindi, legale rappresentante di ENEL, capogruppo di ENELPOWER, tra il 1995 e il 1996. Inoltre, la ricorrente era anche venuta a conoscenza del fatto che aveva agito e agiva tuttora in qualità di avvocato dell’ENEL. In pari data, l’A.C.R. comunicò agli arbitri designati il testo del lodo arbitrale, informandoli che presso la Cancelleria erano a disposizione tre originali controparti per la loro sottoscrizione.

In data 20 febbraio 2003, il Presidente del Tribunale distrettuale di Roma respinse la richiesta di ricusazione proposta dal ricorrente in quanto inammissibile, poiché presentata fuori termine, in ragione del fatto che, a suo avviso, il procedimento arbitrale aveva avuto conclusione nella diversa data del 25 novembre 2002 (data della conferenza degli arbitri) o, al più tardi, al momento della firma del lodo arbitrale da parte di due arbitri, avvenuta il 6 dicembre 2002. Qualsiasi motivo di ricusazione dell’arbitro, se scoperto dopo la conclusione del procedimento arbitrale, poteva essere sollevato soltanto attraverso procedimenti di revoca straordinaria.

La ricorrente BEG S.p.A. interpose impugnativa del lodo arbitrale, ai sensi dell’articolo 828 c.p.c., dinanzi alla Corte d’Appello di Roma in data 2 dicembre 2003, incentrando la propria posizione difensiva sull’ accertamento dell’inesistenza o della nullità del lodo arbitrale del 25 novembre, sostenendo che, inter alia, la nomina di uno dei componenti del collegio era priva di legittimità, in ragione della mancanza di imparzialità dovuta ai suoi legami con il gruppo ENEL.

La Corte d’appello di Roma, investita della questione, respinse il ricorso del ricorrente, il quale impugno la pronuncia dinanzi alla Corte di Cassazione, che, a sua volta, il 15 novembre 2010, respinse il ricorso proposto. La Corte di legittimità, a rigore dell’art.  829 c.p.c., ritenne ammissibile il reclamo del ricorrente relativo alla nullità del lodo derivante dalla mancanza di imparzialità di uno dei componenti del collegio, in quanto depositato prima che fosse firmato, quindi, nel corso del procedimento arbitrale. Pur tuttavia, ad avviso della Suprema Corte, non è risultava dimostrata l’esistenza di un legame tra l’arbitro ed ENELPOWER e il conseguente “allineamento di interessi“, ostativo all’imparzialità del lodo[1].

In estrema sintesi, l’istanza di ricusazione promossa dalla parte riceveva diniego da parte della Corte di legittimità, che aveva ritenuto il legame non “attuale” e, di conseguenza, assente la coincidenza degli interessi nella soluzione della controversia. I giudici di Strasburgo forniscono un diverso angolo di analisi della quaestio iuris, forti di una lettura ragionata dell’articolo 6 §1 della Convenzione.

1.2 Le ragioni della decisione della Corte EDU

La controversia approdata presso la Corte EDU culmina in sentenza del 20.05.2021, la quale dichiara ricevibile il ricorso della società BEG S.p.A. contro Italia, in quanto non manifestamente infondato, né inammissibile per assenza per dei motivi tra quelli elencati nell’articolo 35 della Convenzione.

La declaratoria di ricevibilità è seguita dalla censura sulla non correttezza del pronunciato dei giudici italiani. Ritiene che, la presenza di un arbitro che abbia avuto rapporti lavorativi, sia pur parzialmente anteriori alla data dell’investitura nel collegio arbitrale, costituisca un elemento lesivo del requisito di imparzialità del collegio arbitrale[2], alla luce dell’articolo 6 §1 della Convenzione. Il singolare evolversi della vicenda alla base dei fatti di causa, mista alle considerazioni svolte dalla Corte pronunciante, danno modo alla Autorità decidente sovranazionale di esprimersi sulla violazione dell’articolo 6 §1, ribadendo che, la mancanza di oggettiva di imparzialità opererebbe non soltanto per gli organi decisionali giurisdizionali ma, anche, nell’ ipotesi di collegio arbitrale, con la discendente illegittimità della decisione assunta in carenza di tale requisito.

Alla medesima conclusione sarebbe possibile giungere nel frangente in cui uno dei componenti ometta di indicare il legame lavorativo con una delle parti della procedura, precedente alla sua investitura nel collegio arbitrale. Nell’ iter arbitrale, per effetto dell’art. 6 §1, grava sui componenti del collegio l’obbligo di palesare ogni eventuale conflitto con le parti in contesa. La terzietà, indipendenza e imparzialità dell’arbitro è individuabile, ad avviso della Corte EDU, nel “diritto a un tribunale equo“, il cui accesso, ovvero il diritto di adire i tribunali in materia civile, è garantito a chiunque[3]. Allo stesso modo, è garantito il diritto di adire un diverso organo istituito per derimere un numero limitato di questioni specifiche, a condizione che offra sempre le garanzie appropriate di imparzialità ed indipendenza[4].

La Corte distingue tra arbitrato volontario e arbitrato coatto.

Nel caso di arbitrato volontario, si è in presenza di un libero consenso all’adesione, espresso firmando una clausola compromissoria, in cui le parti rinunciano volontariamente ad alcuni diritti garantiti dalla Convenzione. Tale rinuncia non è incompatibile con la Convenzione stessa, a condizione che, però, la rinuncia sia stabilita in modo libero, legittimo e inequivocabile. Inoltre, nel caso di alcuni diritti della Convenzione, una rinuncia, per essere efficace ai fini della Convenzione stessa, richiede garanzie minime proporzionate alla sua importanza, tra cui l’imparzialità e l’indipendenza dell’organo o del collegio giudicante[5].

Alla luce di quanto sopra, la Corte ritiene che la società richiedente non possa essere considerata rinunciataria, in maniera inequivocabile, sia della garanzia di imparzialità degli arbitri, (come stabilito dalle Regole dell’ACR, organismo arbitrale prescelto), sia dell’aspettativa che i tribunali nazionali assicurino che il lodo arbitrale rispetti le regole pertinenti del codice di procedura civile italiano, ivi comprese quelle relative all’imparzialità degli arbitri.

Ne consegue che la procedura di arbitrato avrebbe dovuto offrire le garanzie di cui al l’articolo 6, paragrafo 1 della convenzione, che in realtà non offre. Sotto il profilo dell’imparzialità, l’articolo 6 § 1, tiene conto, inter alia, dell’assenza di pregiudizi, valutabile in base a parametri di carattere “soggettivo” e “oggettivo”.

  • Il primo criterio (soggettivo), per la verifica della loro sussistenza, si basa sulle convinzioni personali e sul comportamento di un determinato decidente, accertando se ha mostrato qualsiasi pregiudizio o parzialità personale in un determinato caso.

  • Il secondo (oggettivo) riguarda il criterio di verifica, in base al quale si possa stabilire se il tribunale o il collegio abbia offerto, in particolare attraverso la sua composizione, garanzie sufficienti per escludere ogni legittimo dubbio sulla sua imparzialità[6].

Per la Corte EDU, è soltanto il criterio oggettivo a dover essere preso in considerazione, nel caso di specie, essendo di natura funzionale e, come tale, attinente ai legami professionali, finanziari o personali tra un giudice o il collegio e una parte in una causa.

Il ruolo di vicepresidente e membro del Consiglio di Amministrazione di ENEL, rivestito dall’arbitro, tra il 1995 e il 1996, e il suo ruolo di avvocato per ENEL in almeno una controversia, che si è sovrapposta al procedimento arbitrale, inficia l’imparzialità del componente del collegio, in quanto crea dubbio e timori nel ricorrente, ritenuti dalla Corte ragionevoli e oggettivamente giustificati, con la conseguenza della violazione dell’articolo 6 §1 della Convenzione.

La verifica eseguita in base al parametro oggettivo si basa su fattori esterni, in condizione di generare “dubbi oggettivamente giustificati circa l’imparzialità” tali da non essere sufficienti a soddisfare i parametri riferibili alla Convenzione. In ragione di ciò, la decisione va presa caso per caso e deve consentire di stabilire se, l’ingerenza esterna sia di natura e grado tali da indicare una mancanza di imparzialità da parte dell’organo giudiziario o collegio decidente[7]. Di qui, ne deriva lo stretto legame tra i concetti di indipendenza e imparzialità oggettiva che, in relazione alle circostanze concrete, possono richiedere un esame congiunto[8].

2. La decisione della Corte in merito alla richiesta di riapertura del procedimento di convalida del lodo, sulla liquidazione del danno patrimoniale e morale ed in merito all’applicazione dell’art. 6 §1 della Convenzione

La BEG SPA, in primo luogo richiese alla Corte di ordinare allo Stato italiano di riaprire il procedimento che aveva convalidato il lodo arbitrale in violazione dell’articolo 6 § 1 e di procedere con una nuova determinazione delle sue richieste, da parte di un tribunale indipendente e imparziale. In particolare, il ricorrente ha sostenuto che, poiché il rimedio straordinario di revoca (articoli 395 e 396 del Codice di procedura civile) non poteva essere utilizzato per chiedere la riapertura di un caso a seguito di una sentenza della Corte, che ha constatato una violazione dell’articolo 6 del Convenzione, un’ordinanza della Corte che preveda la riapertura dei procedimenti sarebbe il mezzo più efficace, se non l’unico, per ottenere la “restitutio in integrum”.

In merito al danno patrimoniale, poi, il ricorrente BEG SPA afferma di aver subito un danno patrimoniale diretto e immediato come risultato della mancanza di indipendenza e imparzialità del tribunale arbitrale.

In particolare, ha affermato che il voto dell’arbitro era stato essenziale per l’approvazione del lodo. Il presunto danno materiale (sotto forma di “damnum emergens”) veniva stimato in EUR 395.089.527,77, ossia un importo pari alle richieste di risarcimento che erano state respinte dal tribunale arbitrale, mentre la perdita di profitto (lucrum cessans) poteva essere quantificata in EUR 816.000.000,00, se calcolato dalla data del lodo arbitrale, ovvero nella cifra tonda di EUR 343.200.000,00, se calcolata dalla data della sentenza definitiva della Corte di Cassazione che conferma la validità del lodo. Per entrambi i punti, il ricorrente ha affermato che la questione dell’equa soddisfazione, in relazione al danno patrimoniale, non era pronta per una decisione e ha chiesto, così, che la Corte si riservasse la questione dell’applicazione dell’articolo 41 a questo riguardo.

La BEG S.p.A. chiese, anche, € 646,746.37, più qualsiasi tassa che poteva essere a suo carico, a riguardo del danno patrimoniale relativo ai costi e alle spese del procedimento arbitrale, in ragione del vizio del procedimento arbitrale causato dalla mancanza di indipendenza e imparzialità dell’arbitro nominato dall’ENEL.

Il governo italiano, a sua difesa, per quanto riguarda la riapertura del procedimento, ha obiettato che essa avrebbe leso gli interessi legittimi di terzi. Fa riferimento, a sostegno del suo argomento, ai precedenti della Corte costituzionale che aveva dichiarato infondata la questione della costituzionalità degli articoli 395 e 396 del codice di procedura civile, nella parte non includeva, tra i casi di revoca di una sentenza, il riesame di una causa civile a seguito di una sentenza che ha accertato una violazione di una disposizione della convenzione, principalmente per motivi di protezione dei terzi.

In ogni caso, il Governo ha sostenuto che gli unici procedimenti di cui la Corte poteva ordinare la riapertura sarebbero stati i procedimenti di nullità e non gli stessi procedimenti arbitrali [9]. Il Governo chiese, inoltre, che nessun danno patrimoniale fosse riconosciuto come subito dal ricorrente poiché, se i tribunali nazionali nel procedimento per nullità avessero annullato il lodo arbitrale, non avrebbero potuto decidere sul merito. Inoltre, sostenne nella propria difesa che, non è possibile rilevare alcun nesso di causalità tra la violazione accertata e il presunto danno patrimoniale. Riguardo al danno morale, obiettò che la richiesta del ricorrente era eccessiva e non giustificata. In ogni caso, si sé opposto alla richiesta della società BEG S.p.A. di riservare la decisione sull’equa soddisfazione.

La Corte respinse la richiesta del ricorrente BEG S.p.A. per la riapertura dei procedimenti. La Corte precisa che spetta agli Stati contraenti decidere il modo migliore per eseguire le sentenze della Corte, senza sconvolgere indebitamente i principi dell’autorità di cosa giudicata o della certezza del diritto nel contenzioso civile, in particolare laddove tale il contenzioso riguarda terzi con i propri legittimi interessi da proteggere[10].

Per ciò che concerne la domanda di equa soddisfazione, la Corte ritiene di non rilevare alcun nesso causale tra la violazione accertata e il danno patrimoniale addotto, pertanto, respinge la domanda della ricorrente BEG S.P.A relativa al risarcimento economico in relazione al danno materiale e / o al mancato guadagno presumibilmente derivante dall’esito del procedimento nazionale[11]. La Corte, sulla base della fondatezza della violazione dell’articolo 6 § 1 della Convenzione, ritiene giustificato il risarcimento per il solo danno morale e le spese, con riguardo all’intervenuta violazione dell’articolo 6 §1 della Convenzione.

In applicazione i principi contenti l’art. 6 §1 della Convenzione, la Corte Europea dei diritti dell’uomo prima sezione – Strasburgo 20 maggio 2021, sentenza causa BEG S.p.A. c. ITALIA (Domanda n. 5312/11), definitivamente pronunciando, ha condannato lo Stato Italiano, convenuto, al pagamento degli importi di € 15.000 (quindicimila euro), oltre qualsiasi tassa che può essere addebitabile, in relazione al danno morale; € 35.000 (trentacinquemila euro), più qualsiasi tassa che può essere addebitabile al richiedente, in relazione a costi e spese, oltre interessi semplici sugli importi, di cui sopra, ad un tasso di prestito marginale della Banca Centrale Europea, come da termini di pronuncia, da versarsi in favore della BEG S.p.A., entro tre mesi dalla data in cui la sentenza diventa definitiva ai sensi dell’articolo 44 §2 della Convenzione.

3. La pronuncia Halliburton Company v Chubb Bermuda Insurance Ltd in tema di imparzialità degli arbitri

L’esigenza di imparzialità è oggetto di recenti orientamenti giurisprudenziali di oltralpe. Esempio ne sia la decisione resa il 27 novembre 2020 dalla Corte Suprema del Regno Unito, pronunciata nel caso Halliburton Company v Chubb Bermuda Insurance Ltd, in tema di imparzialità degli arbitri e di obbligo di rivelare circostanze[12] che possano dare origine a giustificabili dubbi sulla loro imparzialità[13]. Pertinente è il diritto ad avere un collegio scevro da interessi concomitanti con le parti in contesa, con la conseguenza della lecita proposizione della domanda di rimozione dell’arbitro avanzata dinanzi all’Alta Corte per vari motivi, incluso il fatto che la sua mancata divulgazione di alcune nomine possa dare adito a giustificati dubbi sulla sua imparzialità.

La Corte inglese, pur riconoscendo l’importanza del principio dell’autonomia delle parti, contempla il dovere discendente da disposizione obbligatoria dell’Atto di arbitrato inglese del 1996 (la “Legge del 1996“) che, quindi per definizione, dovrebbe essere irrinunciabile. La sezione 33 della legge del 1996 prevede che, i tribunali arbitrali agiscano in modo equo e imparziale tra le parti, con il conseguente “obbligo legale” di rivelare questioni che potrebbero dar luogo a dubbi giustificati sull’imparzialità di un arbitro, ivi compreso l’obbligo legale di equità, quale corollario dell’obbligo di imparzialità.

4. I profili di attualità della pronuncia della Corte EDU alla luce delle riforme del disegno di legge A S1662 sul processo civile e A.D.R. in Italia 

Il problema dell’iniquità dei procedimenti arbitrali, legata alla mancanza di imparzialità di uno degli arbitri, si arricchisce di tratti di stringente attualità. Nella pronuncia in commento, la Corte rileva un rafforzamento dei principi di indipendenza e imparzialità nell’arbitrato, operato dal decreto legislativo n. 40 del 2 febbraio 2006, che ha introdotto modifiche radicali all’articolo 815 c.p.c.[14] circa i motivi di interdizione degli arbitri, prevedendo garanzie più chiare e ampie contro la mancanza di imparzialità nel contesto dei procedimenti arbitrali[15].

In Italia, l’opera riformatrice del legislatore pare non volersi fermare. L’art. 1 del disegno di legge (d.d.l.)  AS1662, presentato al Senato il 09.01.2020, contempla una serie di misure normative da attuare in esecuzione della delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie.

Il d.d.l., AS1662 assegnato alla 2ª Commissione permanente (Giustizia), prevede all’art. 11, in tema di arbitrato, princìpi e criteri direttivi, finalizzati a

1) rafforzare le garanzie di imparzialità e indipendenza dell’arbitro, anche prevedendone la decadenza nel caso in cui, al momento di accettazione della nomina, abbia omesso di dichiarare le circostanze che, ai sensi dell’articolo 815 c.p.c., possono essere fatte valere come motivi di ricusazione;

2) dettare in modo espresso la disciplina dell’efficacia esecutiva del decreto con il quale il presidente della Corte d’appello dichiara l’efficacia del lodo straniero con contenuto di condanna, al fine di risolvere i contrasti interpretativi esistenti in materia.

La rotta prescelta valorizza la stretta connessione tra la competitività del Paese, come percepita dagli investitori internazionali, e l’opportunità di un intervento riformista, atto ad armonizzare i meccanismi del rito procedurale con le strutture normative delle alternative dispute resolution.

Nella relazione stilata il 24 maggio 2021 dalla Commissione per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumento alternativi[16], presieduta dal Prof. Francesco Paolo Luiso, si rafforza ancor più l’aspetto delle maggiori garanzie di imparzialità e indipendenza dell’arbitro. Si è previsto l’obbligo di rilasciare, al momento dell’accettazione della nomina, una dichiarazione che contenga tutte le circostanze di fatto rilevanti ai fini delle sopra richiamate garanzie, prevedendo l’invalidità dell’accettazione nel caso di omessa dichiarazione, nonché la decadenza nel caso in cui, al momento di accettazione della nomina, l’arbitro abbia omesso di dichiarare le circostanze che, ai sensi dell’articolo 815 c.p.c., possono essere fatte valere come motivi di ricusazione.

5. Osservazioni conclusive 

Con la decisione nella causa BEG S.p.A. c. Italia, domanda n. 5312/11, la Corte EDU ha ritenuto all’unanimità, violato il diritto, garantito dall’art. 6 §1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per non essere stato assicurato ad una delle parti il diritto ad un giudice indipendente ed imparziale, con ciò assicurando la terzietà del giudicante anche nell’ambito della giustizia cognitiva privata.

Il principio sovranazionale contenuto all’articolo 6 §1 della Convenzione si accosta alla tradizionale nozione di neutralità espressa dal diritto nazionale italiano, declinata nei concetti di terzietà, imparzialità e indipendenza. Il consolidato orientamento giurisprudenziale, anche richiamato dalla Corte, identifica il concetto di terzietà in relazione alla funzione svolta dall’arbitro, identificandola come analoga a quella propria del giudice dello Stato, essendo ambedue tenuti ad esercitare il loro ufficio garantendo l’imparzialità del loro agire.

Sia pure Il giudice si presenti istituzionalmente dotato del “potere di giudicare”, non di meno l’arbitro, quale soggetto privato, deriva il proprio potere di juris dicere dal volere delle parti che deferiscano tale compito ad un soggetto neutrale[17]. La garanzia di neutralità dell’organo giurisdizionale, nell’esercizio del proprio potere di juris dicere, comunemente ritenuta rientrante tra quelle appartenenti al c.d. ordine pubblico processuale, si radica su norme a presidio di valori fondanti il processo, tutelati dall’art. 111 della Costituzione italiana[18].

Il principio costituzionale riverbera la propria efficacia applicativa, in forza dell’citato art. 6 §1 della Convenzione, anche in sede di arbitrato, a garanzia del giusto processo[19] e, prima ancora, dell’indipendenza e l’imparzialità dell’arbitro e, dunque, dell’imparzialità della decisione assunta in una posizione di “indifferenza anche ideologica dagli interessi in conflitto[20].

La decisione assunta, in sede arbitrale, non deve risultare violata, in alcun modo, da ingerenze esterne, dovute a caratteristiche personali e funzionali dei componenti del collegio arbitrale. Il tutto è a tutela di un giudizio indipendente ed imparziale che, anche i profili di riforme legislative italiane, in itinere, sembrano voler rafforzare.

 

 

 

 

 


Note bibliografiche
[1] La Corte di Cassazione italiana ha ritenuto, impugnabile per nullità, il lodo arbitrale, ai sensi del n. 2 dell’art. 829 c.p.c., violazione delle norme sulla costituzione dell’organo arbitrale, quando sia stata proposta la ricusazione e sia stata respinta per tardività o infondatezza. In tal senso; Cass., 27 marzo 2014, n. 7261; Cass., 3 settembre 2013, n. 20134; Cass., 15 novembre 2010, n. 23056. In dottrina, CARPI, L’indipendenza e la imparzialità dell’arbitro. La sua responsabilità, in Riv. Arbitr., fasc.2, 2018, pag. 187.
[2] The impartiality and indipendence of arbitrators recondidered, in Int. Arb. Law Rev., 2007, 999
[3] In tal senso, Ali Rıza e altri c. Turchia, nn. 30226 / 10 e 4 altri, § 171, 28 gennaio 2020.
[4] In tal senso, Lithgow and others c. United Kingdom, 8 July 1986, § 201, A series No. 102.
[5] In tal senso si veda, Mutu e Pechstein c. Svizzera, nn. 40575/10 e 67474/10, § 96, 2 ottobre 2018.
[6] Si veda, ex plurimis, Nicholas c. Cipro, no. 63246/10, 9 gennaio 2018.
[7] In tal senso, ancora, C. EDU, Kyprianou c. Cipro [GC], n. 73797/01, § 121, CEDU 2005 ‑ XIII; id., Ramos Nunes de Carvalho e Sá c. Portugal [GC], nn. 55391/13 e altri 2, 6 novembre 2018; id., Morice c. Francia [GC], n. 29369/10, CEDU 2015, e Oleksandr Volkov c. Ucraina, n. 21722/11, CEDU 2013).
[8] Così, Anželika Šimaitienė c. Lituania, n. 36093/13, 21 aprile 2020.
[9] Corte Cost., sentenza 7 marzo – 26 maggio 2017, n. 123, in G.U. 1a Serie Speciale – Corte Costituzionale n.22 del 31-5-2017; Corte Cost., sentenza del 21 marzo 2018 n. 93, in cortecostituzionale.it
[10]  La Corte nella pronuncia richiama il caso Bochan c. Ucraina (n. 2) [GC], n. 22251/08, § 57, CEDU 2015; Tence c. Slovenia, n. 37242/14, § 43, 31 maggio 2016
[11] In tal senso, (si veda Ramos Nunes de Carvalho e Sá v.Portogallo, nn. 55391/13 e altri 2, § 104, 21 giugno 2016.
[12] Si veda, pronuncia 2020 UKSC 48.
[13]ZUFFI, L’arbitrato nel diritto inglese. Studio comparatistico sulla natura dell’arbitrato e sull’imparzialità dell’arbitro in Inghilterra, Torino, 2008, 224; TRAKMAN, The impartiality and indipendence of arbitrators recondidered, in Int. Arb. Law Rev., 2007, 999;
[14] BERGAMINI, in AA.VV. Commentario alle riforme del processo civile, a cura di Briguglio – Capponi, III, II, Padova 2009,659.
[15] RICCI, Le rapport entre règles prévues par la loi et règlements des institutions arbitrales en matière de récusation des arbitres en droit italien: conflit ou conciliation?, in L’impartialité du juge et de l’arbitre, Etude de droit comparé sotto la direzione di Van Compernolle e Tarzia, Bruxelles, 2006, 263.
[16] Proposte normative e note illustrative della Commissione per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumento alternativi (Pres. Prof. Francesco Paolo LUISO), in judicium.it.
[17] Per tutti SPACCAPELO, L’imparzialità dell’arbitro, Milano, 2009, p. 71 e 76.
[18] Per un quadro storico in dottrina, CARPI, Profili del contraddittorio nell’arbitrato, in Riv.Arbitr., 2002, 5 ss.; CONSOLO, L’equo processo arbitrale nel quadro dell’art. 6, comma 1°, della convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Studi in onore di Mandrioli, II, Milano, 1995, 893 ss., Più di recente, CARPI , L’indipendenza e la imparzialità dell’arbitro. La sua responsabilità, op.cit., 187.
[19] CANALE, Estraneità e neutralità nell’arbitrato, in Riv.Arbitr., fasc.1, 1 marzo 2020, p. 31.
[20] LUISO, Appunti sull’arbitrato societario, in Riv. dir. proc., 2003, 705 e spec. 716; SPACCAPELO, L’imparzialità dell’arbitro, cit., p. 159.

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Avvocato, iscritta presso Ordine Avvocati di Salerno, con patrocinio in Corte di Cassazione e altre Magistrature Superiori. Laureata in Giurisprudenza nel 1994 presso UNISA-Università degli Studi di Salerno. Tra i vari, titoli conseguiti si annoverano: Specializzazione universitaria in professioni legali; Master universitario in E-Government e Management della Pubblica Amministrazione; Master universitario in diritto amministrativo. Dal 2019 è membro confermato del Consiglio Direttivo Provinciale di Salerno dell’associazione Nazionale-Europea A.N.AMM.I.. Ha, inoltre, conseguito idoneità in concorso pubblico per titoli ed esami per attività giuridico-amministrativo e medico-legale del laboratorio di igiene e medicina del lavoro presso UNISA (Dipartimento di medicina e chirurgia), Scuola Medica Salernitana dell´Università degli studi di Salerno. Dal 2020 ha conseguito titoli di aggiornamento professionale per funzioni di mediatore civile e commerciale; idoneità REI CINECA (collaboratori Area Economica) per docenza, esercitazioni/laboratori, didattica presso UNIMIB Università degli Studi di Milano-Bicocca; idoneità Collaboratori Alta Formazione triennio 2019 - 2022 - Area Giuridica/ Higher Education Collaborators – presso UNIMIB Università degli studi Milano Bicocca.

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