Sul reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti: consumazione, prescrizione, competenza territoriale

Sul reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti: consumazione, prescrizione, competenza territoriale

Sommario: 1. Introduzione – 2. Le riforme succedutesi nel tempo – 3. La consumazione del reato

1. Introduzione

L’art. 8 del D.Lgs. 74/2000 punisce “chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti“; l’art. 1, comma 1, lettera a) del decreto riconduce alle fatture o agli altri documenti per operazioni inesistenti anche quelli emessi a fronte di operazioni “non realmente effettuate in tutto o in parte o che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale, ovvero che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi“.

La norma è stata oggetto di due essenziali riforme, illustrate nel paragrafo seguente, con le quali il legislatore è intervenuto sui limiti edittali di pena e sulla durata del termine prescrizionale, istituto per l’applicazione del quale è essenziale l’individuazione del momento consumativo del reato (art. 157 c.p.).

A questo ultimo riguardo, la giurisprudenza di legittimità si è spesa anche in punto di locus commissi delicti, precisando dunque i criteri di determinazione della competenza territoriale, già disciplinata in maniera peculiare, in parte derogatoria rispetto al codice di rito, dall’art. 18 del D.Lgs. 74/2000.

2. Le riforme succedutesi nel tempo

Innanzitutto, il D.L. 138/2011, con l’art. 2 commi 36 vicies semel e 36 vicies bis, oltre ad aver abrogato la fattispecie secondo cui “se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a lire trecento milioni per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni“, ha elevato i termini prescrizionali di un terzo per i reati compresi tra gli artt. 2 e 10 del D.Lgs. 74/2000, tramite l’introduzione del comma 1 bis all’art. 17 dello stesso.

Entrambe le modifiche si applicano ai fatti successivi all’entrata in vigore della legge di conversione del decreto, ovvero il 16.09.2011.

In secondo luogo, il D.L. 124/2019, con l’art. 39 comma 1 lett. l) e m), ha elevato i limiti edittali di pena previsti per il reato in esame: al minimo di un anno e sei mesi ed al massimo di sei anni, il decreto ha sostituito il minimo di quattro ed il massimo di otto anni di reclusione.

Il decreto introduce inoltre all’art. 8 il comma 2bis, secondo cui “se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, e’ inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da 1 anno e 6 mesi a 6 anni“.

Tali modifiche sono efficaci dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione, ovvero per i fatti verificatisi dopo il 24.12.2019.

Ai fini del calcolo della durata della prescrizione, dunque, dovrà tenersi in considerazione innanzitutto il momento in cui si è consumato il reato (per cui si rinvia al paragrafo successivo), per individuare i limiti edittali di pena applicabili al caso concreto: gli artt. 157 e 158 c.p., norme generali, stabiliscono che la prescrizione, decorrente dal giorno della consumazione del reato, estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge.

In secondo luogo, in base alla data suddetta, si dovrà eventualmente aumentare la durata della prescrizione di un terzo, come imposto dall’art. 17 comma 1 bis del D.Lgs. 74/2000, fermo comunque il limite massimo dell’aumento (un quarto) previsto dagli artt. 160 e 161 c.p. in caso di fenomeni sospensivi o interruttivi della stessa.

In tutto ciò si dovrà chiaramente tenere conto, altresì, della disciplina dettata dall’art. 2 c.p. in tema di successione delle leggi nel tempo.

3. La consumazione del reato

Le Sezioni Unite hanno precisato che il reato in esame è una fattispecie di pericolo, di mera condotta, volta ad anticipare la tutela penale del bene giuridico protetto al momento della commissione della condotta tipica (sent. n. 1235/2011).

Analogamente, la giurisprudenza di legittimità successiva ha confermato che il delitto si consuma al momento della perdita della disponibilità della fattura (emissione), indifferentemente dalla circostanza che essa pervenga o venga utilizzata dal destinatario a fini evasivi (Sez. III, sent. n. 47459/2018); in caso di plurimi episodi nel medesimo periodo di imposta, la consumazione coincide con l’emissione dell’ultimo documento (Sez. V, sent. n. 41419/2018).

Il locus commissi delicti, di conseguenza, è stato individuato dalla Cassazione nel luogo di emissione delle fatture false (Sez. III, sent. n. 10916/2020; Sez. I, sent. n. 45966/2019; Sez. I, sent. n. 42710/2019). Ciò si riverbera, chiaramente, sulla determinazione della competenza territoriale.

Il D.Lgs. 74/2000, all’art. 18, stabilisce dei criteri in deroga rispetto a quanto previsto dal codice di rito, come anche esaustivamente riassunto dalla recente sentenza n. 45966/2019 della Prima Sezione della Suprema Corte.

Si tratta di criteri specificamente previsti per il reato tributario, ratione materae.

Laddove non sia possibile individuare la competenza in base al criterio della consumazione del reato ex art. 8 c.p.p., infatti, è competente il giudice del luogo di accertamento del reato, con conseguente disapplicazione delle regole suppletive di cui all’art. 9 del codice di procedura penale.

Tali criteri generali risentono di due eccezioni:

a) i reati tributari c.d. in dichiarazione (capo I, titolo I del decreto), per i quali è competente il luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale, essendo ivi individuato il luogo di consumazione dell’illecito;

b) il reato di cui all’art. 8 del decreto, per il quale è necessario distinguere due ipotesi.

Laddove, infatti, nel medesimo periodo di imposta si susseguano diverse emissioni presso diversi circondari, la competenza per conoscere di tale reato unico è attribuita al giudice del luogo in cui ha sede l’ufficio del Pubblico Ministero che per primo ha provveduto ad iscrivere la notitia criminis nel registro ex art. 335 c.p.p.

Viceversa, in caso di emissione, in relazione al medesimo periodo di imposta, di fatture nel medesimo luogo o in luoghi diversi ma non determinabili, trovano applicazione i criteri generali (art. 8 c.p.p. o, in via sussidiaria, il giudice del luogo di accertamento del reato).


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Lara Gallarati

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