Sulla nozione di “reati della stessa indole” ex art. 101 c.p.

Sulla nozione di “reati della stessa indole” ex art. 101 c.p.

Sommario: 1. Un’impostazione generale – 2. Le sentenze relative ai singoli criteri sostanziali – 3. Le sentenze che introducono ulteriori criteri interpretativi

L’art. 101 c.p. dispone: “Agli effetti della legge penale, sono considerati reati della stessa indole non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge, ma anche quelli che, pure essendo preveduti da disposizioni diverse di questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni”.  

Il legislatore ha chiaramente incaricato il giudice di “calare” la formula nei singoli casi concreti e la Corte di Cassazione ha cercato di delineare delle regole generali, pur essendo la valutazione sulla sussistenza degli elementi indicati dalla norma riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se non in caso di motivazione illogica o inadeguata.  

1. Un’impostazione generale 

La sentenza della Prima Sezione del 15.04.2014 n. 27906 definisce “formale” il criterio fondato sulla violazione della medesima disposizione di legge e “sostanziale” quello che fa riferimento ai caratteri fondamentali comuni.  

Il secondo a sua volta può riconoscersi attraverso due parametri alternativi: quello “oggettivo” della natura dei fatti considerati, comprensivo della natura dei beni giuridici tutelati dalle norme violate o delle connotazioni delle diverse condotte concrete, oppure quello “soggettivo” dei motivi determinanti la condotta o della finalità della stessa. 

La sentenza stabilisce inoltre che il criterio sostanziale è sussidiario rispetto a quello formale “dilatando sensibilmente l’area dei reati della stessa indole; considerato che esso determina un trattamento più sfavorevole per il reo, il criterio sostanziale non deve essere applicato estensivamente”. 

La Corte in tale sede ritiene che il provvedimento impugnato non abbia applicato correttamente la legge laddove, ai fini dell’applicazione dell’art. 172 c.p. (“L’estinzione delle pene non ha luogo … se il condannato, durante il tempo necessario per l’estinzione della pena, riporta una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole”), non fornisce spiegazione dell’analogia di indole tra il reato di emissione o rilascio di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e quello di rapina (da cui consegue la cassazione con rinvio). 

Successivamente le Sezioni Unite, con la sentenza del 25.02.2016 n. 13681, richiamandosi alle nozioni sopra riportate forniscono anche l’importante precisazione dell’irrilevanza della distinzione tra delitti e contravvenzioni, come anche di quella tra reati dolosi e colposi.  

Tale pronuncia ritiene della stessa indole le fattispecie di guida in stato di ebbrezza e di omesso soccorso in casi di incidente stradale previste dal Codice della Strada: “il criterio oggettivo del bene giuridico accomuna i reati di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, e art. 189 C.d.S., commi 6 e 7. Infatti, come si è sopra accennato, le indicate incriminazioni vietano comportamenti posti in essere nell’ambito della circolazione stradale che rischiano di determinare o aggravare conseguenze lesive nei confronti delle persone e quindi, sia pure in modo mediato, colgono i beni giuridici della vita e dell’integrità personale”.  

2. Le sentenze relative ai singoli criteri sostanziali

La Terza Sezione nella sentenza del 4.10.1996 n. 3362 definisce la comunanza di caratteri fondamentali “quando siano simili le circostanze oggettive nelle quali si sono realizzati, quando le condizioni di ambiente e di persona nelle quali sono state compiute le azioni presentino aspetti che rendano evidente l’inclinazione verso un’identica tipologia criminosa, ovvero quando le modalità di esecuzione, gli espedienti adottati o le modalità di aggressione dell’altrui diritto rivelino una propensione verso la medesima tecnica delittuosa”.  

Tale argomentazione verrà richiamata dalla sentenza della Prima Sezione del 27.10.2009 n. 46138, che ritiene della stessa indole i reati di associazione mafiosa armata e di rapina armata a nulla rilevando che l’utilizzo delle armi sia effettivo in un caso ed anche solo potenziale nell’altro. 

Sul criterio soggettivo la Seconda Sezione, con la sentenza del 21.10.2010 n. 40105, ritiene della stessa indole i reati di ricettazione di assegno bancario e di sfruttamento della prostituzione per il movente economico sotteso ad entrambi.  

Analogamente, sulla base dei “motivi a delinquere che hanno avuto efficacia causale nella decisione criminosa” la sentenza della Prima Sezione del 17.09.2014 n. 44255 ritiene della stessa indole i reati di ricettazione di un veicolo e di detenzione di sostanza stupefacente a fine di spaccio, in quanto accomunati dall’identica finalità di profitto. 

La Sesta Sezione, con sentenza del 20.11.2014 n. 53590, definisce il criterio soggettivo come “identicità del movente psicologico che ha scandito la condotta illecita dell’agente” ritenendo di conseguenza della stessa indole i reati di furto in abitazione e di vendita di stupefacenti in quanto connotati entrambi da motivi di indebito lucro (con richiamo al risalente precedente della Seconda Sezione, sentenza del 1.10.1992 n. 10185). 

La pronuncia della Quinta Sezione del 5 13.07.2017 n. 40281 mette in guardia da un’eccessiva estensione interpretativa del parametro dei motivi a delinquere: “il requisito previsto dalla legge non può essere diluito, al punto da annullarsi pressochè completamente, ravvisando la specificità della recidiva sulla base della natura economica della spinta a delinquere, che costituisce, pur sempre, una delle principali e anzi la più frequente motivazione dei comportamenti criminali. Appare quindi irrazionale e manifestamente illogica l’assimilazione operata dalla Corte napoletana, sotto il profilo dell’indole, del reato di detenzione ai fini della messa in circolazione di banconote false ai reati direttamente rivolti contro l’altrui patrimonio, solo sulla base degli indubbi riflessi offensivi sui patrimoni del falso nummario”, considerando che il primo reato offende il bene giuridico del patrimonio mentre il secondo quello della pubblica fede.  

Lo stesso può dirsi per la sentenza della Quinta Sezione del 30.05.2018 n. 53401 (per la quale si veda anche al successivo paragrafo) che, valutando sull’identità di indole dei reati di furto e dei precedenti per furto e cessione di sostanze stupefacenti, sancisce che nonostante l’identità dello scopo di lucro “il profilo dei motivi a delinquere che hanno avuto efficacia causale nella decisione criminosa non può essere esteso sino al punto da qualificare autonomamente come della stessa indole tutti i delitti che siano connotati dalla natura economica della spinta a delinquere”. Motivo per cui cassa con rinvio il provvedimento impugnato per l’accertamento sullo scopo di lucro dei reati in materia di stupefacenti per i quali l’imputata è stata condannata. 

La recente sentenza della Terza Sezione del 15.02.2019 n. 29400 statuisce il seguente principio di diritto: “La definizione di reati “della stessa indole” … prescinde dalla identità della norma incriminatrice e fa riferimento ai criteri del bene giuridico violato o del movente delittuoso, che consentono di accertare, nei casi concreti, i caratteri fondamentali comuni fra i diversi reati, e conseguentemente deve ritenersi corretta la decisione che con accertamento in fatto ha ritenuto della stessa indole i reati di omesso versamento IVA e delle ritenute certificate con il reato di omesso versamento di ritenute previdenziali”. 

3. Le sentenze che introducono ulteriori criteri interpretativi

La sentenza del 5.07.2001 n. 36319 della Terza Sezione ritiene che reati della stessa indole e reati della stessa specie siano sinonimi, indicando entrambi “uguaglianza di natura … per il fatto di possedere caratteristiche comuni”.  

Di conseguenza, applica l‘art. 101 c.p. come criterio di valutazione della sussistenza dell’esigenza cautelare ex art. 274 lett. c) c.p.p. (il quale, per l’appunto, parla invece di pericolo di “commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede”): “La violenza alla persona è, indubbiamente, un carattere fondamentale e del reato di violenza sessuale, previsto dall’art. 609 bis c.p., e di quello di rapina previsto dall’art. 628 c.p. … È dunque, manifestamente illogica la motivazione dell’ordinanza del tribunale del riesame che ritiene insussistente il pericolo di recidivanza specifica rispetto al reato di violenza sessuale, per cui si procede, in presenza di ripetuti precedenti di rapina impropria, per la ragione che questi non costituirebbero episodi di analoga specifica indole in quanto, pur rivelando un’inclinazione alla violenza alla persona, non sono attinenti alla sfera sessuale”. 

La sentenza della Quarta Sezione del 4.05.2017 n. 27323 si focalizza invece sull’importanza dell’accertamento in concreto: “Se, alla luce dei citati criteri interpretativi, in linea di principio non possa escludersi che i reati di rapina, ricettazione, furto, truffa condividano il fine di lucro con i reati in materia di stupefacenti, la lettera dell’art. 101 c.p., impone, tuttavia, all’interprete di verificare se, nel caso concreto, i reati da valutare presentino caratteri fondamentali comuni …  Secondo quanto si legge nel provvedimento impugnato, il ricorrente ha, infatti, posto in essere la condotta agevolatrice dello spaccio “in cambio di 2 Euro (che, evidentemente, disponendo egli della sola somma di 0.9,90, gli servivano per l’acquisto della propria dose)”, ossia per ottenere una somma talmente esigua da rendere irrilevante il fine di lucro in una condotta prettamente motivata dallo stato di tossicodipendenza”. 

Infine, la Quinta Sezione, con sentenza n. 53401 del 30.05.2018 ritiene che la nozione di indole debba ricercarsi non solo nelle interpretazioni dell’art. 101 c.p., ma, stante l’incipit “Agli effetti della legge penale”, anche nelle interpretazioni delle varie norme dell’intero ordinamento penale, sia sostanziale che processuale, che “evocano il concetto di un agire criminale sostanzialmente omogeneo”.   

Vengono dunque richiamati precedenti giurisprudenziali in tema di pericolo di reiterazione di reato della stessa specie di cui al già menzionato art. 274 lett. c) c.p.p., che fanno riferimento all’offesa del medesimo bene giuridico, alla natura del bene giuridico tutelato dalle norme violate ed alle modalità esecutive delle condotte criminose; a seguire si menzionano quelli riguardanti l’effetto estintivo della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444 e seguenti c.p.p.), che si fondano in primis sul criterio formale e solo in seconda istanza sul criterio sostanziale. 


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.

Lara Gallarati

Avvocato presso il Foro di Milano.

Articoli inerenti