Sull’obbligo di motivazione nel disporre il sequestro probatorio

Sull’obbligo di motivazione nel disporre il sequestro probatorio

Ai sensi dell’art. 253 c.p.p., l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro del corpo del reato o delle cose ad esso pertinenti al fine di accertare i fatti contestati all’imputato emettendo un decreto motivato.  

La giurisprudenza di legittimità ha precisato il contenuto dell’onere motivazionale che grava sul giudice procedente, enucleando alcuni elementi necessari.  

La Terza Sezione della Corte di Cassazione, con sentenza n. 3604 del 16.01.2019, ha statuito “che l’obbligo di motivazione del decreto di sequestro probatorio riguardi:  1) il reato di cui l’accusa assume l’esistenza del fumus; 2) le ragioni per le quali la cosa sequestrata sia configurabile come corpo di reato o cosa pertinente al reato; 3) la concreta finalità probatoria perseguita, con l’apposizione del vincolo reale non mancando di precisare il fondamento costituzionale dell’obbligo, ovvero l’art. 42 Cost. che tutela il diritto di proprietà.  

Non è sufficiente richiamare le norme violate, ma risulta altresì necessario descrivere il fatto in modo tale che emerga il rapporto esistente tra il bene sequestrato e il reato ipotizzato, in quanto circostanze essenziali per poter definire una res come corpo del reato o cosa pertinente al reato.  

Già l’anno precedente il tema era stato approfondito dalle Sezioni Unite, con la sentenza n. 36072 del 19.04.2018. In tal caso, l’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite poneva la questione giuridica della possibilità di predisporre una motivazione meno pregnante ove “il corpo del reato esprima in maniera, per così dire, autoevidente, la finalizzazione probatoria dell’atto”.  

Il rimettente, Procuratore della Repubblica, menzionava i due principali, nonchè contrastanti, indirizzi giurisprudenziali in materia: uno secondo cui l’obbligo di motivazione sulla necessità del sequestro probatorio non costituisce un requisito a pena di nullità quando oggetto di sequestro è il corpo del reato, essendo l’esigenza probatoria dello stesso in re ipsa, ed uno secondo cui, invece, a pena di nullità il decreto deve motivare sulla concreta finalità perseguita nell’ambito dell’accertamento del fatto anche ove oggetto di sequestro sia il corpo del reato.  

Inoltre il rimettente richiamava, con riferimento al requisito del fumus, quella giurisprudenza di legittimità secondo cui l’onere di motivazione è graduato in base alla “progressione processuale”, da cui deriva che nella fase delle indagini, connotate dalla “fluidità della contestazione”, il decreto di convalida del sequestro può anche risultare semplicemente in calce al verbale di p.g. ed indicare solo gli articoli di legge violati, ove il fatto risulti compiutamente descritto nel verbale stesso.  

La sentenza delle Sezioni Unite richiama l’attenzione sulla lettera delle norme coinvolte, ricordando come l’art. 125 comma 3 c.p.p. imponga che “I decreti sono motivati, a pena di nullità, nei casi in cui la motivazione è espressamente prescritta dalla legge”, come nel caso del decreto di sequestro probatorio, senza distinzione tra corpo del reato e res pertinente al reato.  

Inoltre l’art. 262 comma 1 c.p.p. dispone che “Quando non è necessario mantenere il sequestro ai fini di prova, le cose sequestrate sono restituite a chi ne abbia diritto”. In casi di finalità probatoria insita nel sequestro del corpo del reato, non vi sarebbe alcuno spazio per la restituzione della res.  

Infine, anche tale pronuncia richiama i princìpi pubblicistici interessati: “la portata precettiva dell’art. 42 Cost. e art. 1 del primo Protocollo addizionale della Convenzione Edu richiede che le ragioni probatorie del vincolo di temporanea indisponibilità della cosa, anche quando la stessa si identifichi nel corpo del reato, siano esplicitate nel provvedimento giudiziario con adeguata motivazione, allo scopo di garantire che la misura, a fronte delle contestazioni difensive, sia soggetta al permanente controllo di legalità – anche sotto il profilo procedimentale – e di concreta idoneità in ordine all’an e alla sua durata, in particolare per l’aspetto del giusto equilibrio o del ragionevole rapporto di proporzionalità tra il mezzo impiegato, ovvero lo spossessamento del bene, e il fine endoprocessuale perseguito, ovvero l’accertamento del fatto di reato … ogni misura, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco”.  

La pronuncia conclude, dunque, con il principio di diritto secondo cui “il decreto di sequestro (così come il decreto di convalida di sequestro) probatorio, anche ove abbia ad oggetto cose costituenti corpo di reato, deve contenere una specifica motivazione sulla finalità perseguita per l’accertamento dei fatti”.  

L’impostazione assunta dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, applicando i criteri interpretativi letterale e sistematico, resta fedele ai principi costituzionali di legalità e tassatività del diritto penale, nonché di proporzionalità e necessità nella limitazione di diritti fondamentali.  


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Lara Gallarati

Avvocato presso il Foro di Milano.

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